
Oltre un migliaio di pettorali “2157” (stampati per l'occasione sulle magliette Asics del pacco gara) si accalcano intorno al “dio della maratona” per un autografo o un selfie, curiosano tra le bancarelle tra cui spicca il libro “Con le ali ai piedi” e gli storici “completo e scarpette” del maratoneta, lasciano una dedica o la loro firma su un grande pannello bianco commemorativo, scaldano i motori e i muscoli per un allenamento davvero speciale: sono i podisti arrivati da mezz'Italia per celebrare i dieci anni della vittoria del loro campione, quello che il 29 agosto 2004 li ha tenuti con gli occhi e il cuore incollati alla televisione per due ore, che li ha fatti fremere, sperare, che ha regalato brividi e lacrime, e che si è conquistato passo dopo passo l'oro della Maratona alle Olimpiadi di Atene.
A Rubiera ciascuno è arrivato con un ricordo personale di quel momento racchiuso nel cuore per sempre, assieme alla voglia di correre con Baldini quei 10 km di circuito cittadino dove non ci sono vinti, ma sempre un solo vincitore: il “Biondo” che, oggi come dieci anni fa, arriva per primo con il sorriso sulle labbra e gli occhi azzurrissimi sfavillanti.

Protagonista il running ma soprattutto il festeggiato. Stefano Baldini, dopo i 10 km di allenamento in compagnia dei milleduecento, è stato raccontato da un film documentario che ha ripercorso in pochi intensi minuti la storia del campione e ha regalato, quasi come fosse la prima volta, l'emozione di quegli attimi al cardiopalma di quando diec'anni fa tagliava l'ingresso del Panathinaikos, ne compiva un giro e mezzo e poi saliva su quella pista nera che l'avrebbe condotto fino alla vittoria con le braccia tese verso il cielo e il blu della fascia d'arrivo sul petto che sanciva il vincitore della gara più importante di Atene incoronandolo d'oro olimpico. Ed entrava così nella storia dello sport italiano e mondiale.
Campione sull'asfalto ma anche nella vita, Baldini si è poi intrattenuto a lungo sul palco con diversi ospiti illustri, raccontando la sua storia: quella di un ragazzino che ha iniziato a correre... rincorrendo agli allenamenti i fratelli più grandi, divenuto poi un atleta con la valigia sotto il letto per cambiare percorsi e trovar sempre nuovi stimoli e motivazioni; e non ultimo di un campione che a correre si è sempre divertito. “Dopo l'oro olimpico non mi sono affatto fermato” ed oggi il suo impegno come allenatore delle giovanili, e non indifferente alle cause solidali, la dice lunga sulla volontà di condividere coi campioni del futuro una storia di tecnica, di esperienza e di soddisfazioni. “Giovani con gli occhi di tigre ce ne sono. Devono imparare solo a non avere fretta, a volte vogliono tutto ma subito. Invece i risultati arrivano nel tempo anche per chi ha grande potenziale”.
L'importante è che, come nella vita, “qualsiasi cosa succeda devi continuare a correre”.