Piccolino è bellino?
Questa settimana, il calendario trail Uisp dell’Emilia Romagna registrava ben tre corse: due nel reggiano (una al sabato e una, alla prima edizione, la domenica) , e questa di Pellegrino Parmense, località a una ventina di km da Fornovo, 415 metri di altitudine. Logico che specialmente le due gare domenicali, a poche decine di km l’una dall’altra, simili per lunghezza e dislivello, abbiano sofferto la reciproca concorrenza: ma nel podismo - specie in quello, diciamo, dei piccoli centri - le spinte locali sono più forti di qualunque velleità di coordinamento, e ai trailer tocca di fare le proprie scelte, in genere per ragioni di comodità geografica e di abitudini.
Col risultato di 129 partecipanti alla gara reggiana della domenica (nella quasi totalità, reggiani e modenesi), e di 107 a questa parmense (32 in meno che l'anno scorso), suddivisi in 81 - presso che tutti parmensi - per la più assestata 21 km (con 1000 metri di dislivello dichiarato: 1100 secondo il mio Gps, che però ha contato solo 19,500 km) , e appena 26 per la maratona, vinta dal reggiano Matteo Fontanesi davanti a un nugolo di locali tra cui l’unica donna, Morena Coruzzi.
Vabbè, qualcuno dice che piccolo è bello, e d’altronde vedo che in questo fine settimana c’è stata una maratona con 13 partecipanti, un’altra con 84 e la più popolata (già alla settima edizione) addirittura con 132. Si potrebbe fare un paragone con le università, che fino a un trentennio fa erano poche decine, ma quasi tutte serie, e adesso affollano ogni capoluogo di provincia e persino qualche frazione. Contenti tutti, laureati tanti, molti dei quali a spasso. Maratoneti italiani in aumento, livello tecnico in picchiata, i più bravi sono ultraquarantenni.
Personalmente, una volta optato per il trail ‘corto’ ho preferito andare a Pellegrino (115 km da casa mia) anziché in provincia di Reggio (65 km) , sia perché avevo già collaudato tre anni fa il Pan e Formai restandone soddisfatto, sia perché nel pomeriggio della stessa domenica avevo combinato un impegno museale-gastronomico a Parma (città tutta da vedere e da gustare), sia infine per il confronto dei prezzi. All’incirca identici, salvo che nei 20-25 euro di Pellegrino (ma anche nei 5 euro della camminata non competitiva!) era incluso un pranzo finale che è ingeneroso definire pasta-party: primo ampiamente arricchito da vistosi pezzi di ragù di carne, secondo che spaziava dalle due salsicce grigliate a tòcchi di parmigiano a patatine fritte, dessert consistente in tre pezzi di torta, più acqua e vino; senza considerare che nell’attiguo ristoro finale della corsa si trovavano frutta, tè, bevande idrosaline e chissà quant’altro (e prima di partire ci avevano offerto la colazione, più ulteriori omaggi alimentari nel pacco gara).
Ho dunque puntato sulla 21 e non sulla distanza doppia, seppur non insormontabile (il dislivello finale si attestava sui 1900 metri, e chi l’ha completata mi ha assicurato che la seconda metà era quasi tutta corribile), e oltre tutto non dotata di tempo massimo (gli ultimissimi se la sono cavata in 7 ore). Nonostante questo, nonostante la mia scarsezza tecnica specialmente nelle gare brevi, nonostante l’essere di gran lunga il più vecchio in gara (il vincitore, Alessio Vorti, potrebbe essere non mio figlio ma mio nipote), alla fine mi sono trovato il premio di terzo di categoria: non solo un pezzo di parmigiano prodotto a Pellegrino e una birra artigianale “Pita” della ditta “Articioc” di Langhirano (simpatici anche questi nomi dialettali), ma soprattutto un diploma firmato dal sindaco e dall’assessore allo sport Claudio Barilli (uno che ha partecipato direttamente all’organizzazione, tenendo i contatti con gli iscritti e poi gestendo la partenza, gli arrivi e le premiazioni).
Va detto che, al contrario dell’avarizia nell’erogare premi tipica dei trail emiliani (di solito, categoria femminile unica, e maschi divisi in under e over 50), a Pellegrino si sono premiati in natura i primi tre di tutte le categorie Uisp, addirittura dieci (5 M e 5 F).
Il percorso è gradevole, praticamente tutto sterrato (l’asfalto sarà sì e no un km), con pochi tratti di salita veramente dura, una risalita dello Stirone (fiume che nel suo tratto finale caratterizza le vicende di Don Camillo e Peppone), molto bosco (tant’è vero che la mezzoretta di pioggia non ha dato nessuna noia), un poetico attraversamento di un campo di grano che meritava il pennello di un Fattori o un Segantini, e il passaggio dall’ultima frazioncina (Careno) esattamente quando l’aguzzo campanile del Santuario suonava mezzogiorno. Mi ha fatto ricordare un passaggio della vecchia Abbots Way, quando dal passo del Brattello si puntava su Borgotaro, e le chiesette che punteggiano l’appennino parmense facevano sentire ciascuna la sua voce, riportando alla mente un inizio memorabile di Pascoli “Che hanno le campane - che squillano vicine - che ronzano lontane? - È un inno senza fine, - or d’oro, ora d’argento…”.
Tre ristori lungo il percorso ‘corto’, ottimamente forniti (e vorrei elogiare in particolare la qualità del formaggio parmigiano); segnatura che a me è parsa eccellente anche se qualcuno risulta essersi perso nel finale; e perfino la temperatura delle docce era accettabile. Disperdiamo pure i nostri voti, così vinciamo un po’ tutti.