Gli albergatori e operatori turistici, una volta tanto, non piangono miseria: tutti gli italiani sono in ferie, non si è mai visto tanta gente sui luoghi di vacanza, tanto che sono pieni persino a Savigno (che è tutto dire). Eppure, gli organizzatori di podismo non chiudono per ferie. Si tratta di gare volutamente modeste, per appassionati inguaribili o cuori solitari; non competitive dove conta soprattutto l’aspetto paesaggistico e il socializzare. Eppure attirano, pure di questa stagione e malgrado collocazioni geografiche anche scomode, qualche centinaio di podisti.
La fine-settimana preferragostana ha offerto la 46° edizione di una gara che (a parte la “Sgambada” mirandolese, che però sembra soffrire se non agonizzare) è la più antica della provincia: la “Quattro passi”, che col nome di “Quattro passi dopo cena” si disputa ufficialmente dal 1973 a Cortile, frazione di Carpi sulla riva sinistra del Secchia. Nell’età classica, era una gara notturna, su un circuito illuminato dai fari dei trattori; ora è stata anticipata alle 18,45 e dunque si corre alla luce del sole. Per fortuna attenuata, almeno in parte, dall’ombra dell’argine (al cui interno si corre per un tratto, fino a San Martino Secchia, che riprende il tracciato campestre dell’ultima tappa del Giro delle Frazioni carpigiane di fine giugno). E alcuni protagonisti del giro delle Frazioni tornano, ad esempio il vigile Ermanno Pavesi (che qui aveva gestito i ristori, ma adesso si sfoga correndo e dando appuntamento per una competitiva il pomeriggio di Ferragosto, al confine col mantovano), o lo storico Maurizio “Rambo” Benassi, che qualcuno ricorderà correre con criniera da apache nelle maratone italiche, e di cui salta fuori nei discorsi un ripescaggio di annegato, fatto in zona qualche anno fa, dopo che la Protezione civile, i sommozzatori ecc. avevano rinunciato al recupero.
I podisti che corrono in questa stagione sono anche di questa razza; e quanto alla Protezione Civile, Gabrielli, safety e security, stavolta i permessi erano tutti regolari e la corsa, annessa alla sagra parrocchiale (di una chiesa però inagibile per terremoto), si è svolta addirittura sotto la tutela di due giovani vigili, allievi di Pavesi.
Di lusso il ristoro, che accanto ai generi immancabili presentava abbonante macedonia di frutta sciroppata; al solito euro e mezzo di iscrizione corrispondeva una bevanda idrosalina come premio individuale, e soprattutto premi di società (gastronomici) sovrabbondanti, per qualunque gruppo che si fosse presentato con almeno 8 partecipanti.
A occhio e croce, i partenti nell’ora giusta, agli ordini di Lupo (un altro che ha fatto la storia del podismo locale) saranno stati trecento, più qualche decina di bambini che hanno preso il via per una competitiva tutta loro. Gradevole il percorso, 9 km per oltre metà campestri; sopportabile la temperatura.
In molti ci ritroviamo, poco più di 12 ore dopo, al lembo estremo dell’Appennino modenese, S. Anna Pelago, 80 km da Modena poco sotto il passo delle Radici (dunque al confine col reggiano e la Garfagnana ‘pascoliana’). La “Corrida di S. Anna” denuncia 14 edizioni, ma in realtà è più stagionata nascendo da un’idea di Giuliano Macchitelli (che di questi posti ha fatto la sua seconda patria): pensate che vi partecipò persino Roberto Mandelli! Dopo un’interruzione di qualche anno, la corsa è stata ripresa da un comitato locale, che ha ripreso il tracciato antico aggiungendovi una salita un po’ carogna verso l’arrivo di una seggiovia, per un totale di 8,4 km, quasi tutti sterrati e fra i magnifici boschi del Parco, con un dislivello da salire e scendere di 240 metri, e il non lontano Cimone a fare la guardia, con l’ausilio della Madonna del Monticello, santuario limitrofo immerso in un’oasi di pace spirituale, dove si intona ancora “Mira il tuo popolo”.
Disponibili anche percorsi ridotti di circa 3 e 5 km, ma quasi nessuno ha voluto privarsi del magnifico giro lungo. Nessuna competitività e record di partecipazione, oltre i 450 (compresi alcuni reggiani, oggi senza corse dato lo strano anticipo al sabato della gara, pure appenninica, di Leguigno; e compresa dunque la coppia fotografica regina di quei luoghi, Nerino/Tetyana); buona l’organizzazione, che si è accontentata del solito eurino e mezzo e, oltre a due ristori lungo il percorso, ne ha dato uno galattico, fra torte e angurie, alla fine (più l’offerta di pranzi convenzionati a 10 euro). Medaglia finale solo per i bambini (giusto così) e bottiglietta di aceto balsamico industriale per tutti. L’unica cosa che a mio parere stona è la doccia a pagamento (2 euro), presso un camping adiacente: da vecchio campeggiatore, distinguevo i gestori buoni da quelli spilorci a seconda se le docce erano gratis o a pagamento.
Ma alcuni più previdenti, come Massimo Muratori, si erano costruiti una doccia personale sulla base di tanichette di acqua scaldata al sole; così verso mezzogiorno siamo sciamati via senza troppo protestare, i più fortunati verso un lussuoso pranzo-picnic all’aperto sotto casa Macchitelli, cui si riferiscono le ultime foto di Nerino.