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Roma.

Tutte le strade conducono a lei, anche quelle immaginarie.

Nessuno sa spiegare perché.

Esiste un posto in cui è obbligatorio innamorarsi: il giardino degli aranci.

Bisogna recarvisi al tramonto, in quel tempo magico quando il sole trasforma in stelle le speranze per il giorno seguente.

Vedere il cupolone da quella prospettiva con le ultime righe di arancio che scendono verso terra seguendo la sua curvatura è la chiave per amare questa città non esente da forti contrasti: la sua storia millenaria è disturbata dai clacson delle auto, mentre il Colosseo finge di non accorgersi del tempo passato raddrizzando le sue pietre per le foto dei turisti.

Nelle strade si alternano profumi e colori.

La pizza bianca chiazzata di gialli fiori di zucchina, meglio se separati da sottili linee scure di acciughe, appaga lo stomaco mentre gli occhi sono già pieni di ricordi.

La fontana di Trevi sembra più grande nel film che ha fatto venire voglia a tutte le donne di metterci i piedi.

L’architettura di piazza San Pietro disorienta e raduna in un simbolico abbraccio i fedeli accorsi da ogni luogo per rinnovare la loro fede.

“Il Tevere scorre lento, lento”, canta qualcuno, ma lo si può ascoltare come il respiro di una città che non si è mai addormentata.

I Fori Imperiali rammentano che qualsiasi storia può finire,ma le sue fondamenta resistono al tempo.

Comprarsi un foulard colorato per giocare a fare la modella, pur non avendone l’altezza, lungo una scalinata famosa può essere una soluzione per mischiarsi tra persone di idiomi differenti ma che saranno accomunati dalle stesse calzature domenica prossima.

Scarpe da corsa o da running, se si vuole sentirsi più internazionali ricordandosi di convertire foneticamente le vocali.

Perché Roma è anche una città da correre.

In un fiato.

Un sospiro lungo 42,195km.