SERVIZIO FOTOGRAFICO (Happy Photo) - Quasi 1400 classificati per una maratonina competitiva soltanto alla seconda edizione, in una cittadina di quarantaduemila abitanti senza particolari attrazioni paesaggistiche (la storica "Laus Pompeia" di epoca romana, da dove viene il nome della gara, dista qualche km) è una cifra che incute rispetto a noi emiliani, abituati alle “mezze” (ultime che ho corso, Correggio e Soliera, già sull’orlo della 40a edizione) dove è molto se ci sono 300 arrivati, e per fantasticare dei tremila partecipanti, i comitati organizzatori devono conteggiare in modo spannometrico tutti quelli che in mattinata si sono trovati nei pressi della partenza, acquistando il pettorale e riconsegnandolo dopo mezz’ora (magari, ancor prima del via ufficiale) per avere la bottiglia di vino in cambio di un euro e mezzo.
Insomma, cambiare aria fa bene per rinfrescarsi le idee, sebbene l’aria in senso meteorologico della Lombardia padana sia un po’ peggiore della nostra, e questa domenica ci abbia inflitto una persistente nebbiolina tale da precludere, a tratti, anche la vista delle cime dei campanili. Dalla traccia Garmin (che conferma l’esattezza della misurazione finale, con qualche dubbio sui km intermedi) vedo che abbiamo persino costeggiato un lago verso il km 14 tra Belgiardino e Montanaso: non me ne sono accorto, mentre la sponda destra dell’Adda ci ha accompagnato per un tratto molto breve.
Comunque, la nebbia piaceva persino a due bolognesi acquisiti come Carducci e Pascoli, per non dire della poetessa lodigiana Ada Negri: “Lontan lontano - Le nebbie sonnolente - Salgono dal tacente – Piano”. Dunque, teniamocela stretta e pensiamo solo a correre, dopo un viaggio un po’ lento ma sicuro sui treni regionali cosiddetti veloci (ma se sono veloci quelli, i lenti a quanto andranno?), che ci sbarcano in stazione a cento metri dal ritiro pettorali in un quartiere avveniristico, a cinquanta dagli spogliatoi e docce ricavate in due scuole (come usava nei tempi di De Amicis, scuole separate per maschi e femmine; però invertite rispetto a quanto diceva il depliant, il che causa una certa promiscuità non spiacevole), a duecento dalla partenza e a quattrocento dall’arrivo.
Efficiente il ritiro pettorali (con chip incorporato) e pacco gara, sufficiente lo spazio per spogliarsi, benemerito il servizio di custodia delle borse, spaziosa l’area di partenza, in prossimità di un parco pubblico dove si può sgambare con agio. In aggiunta, la fanfara dei bersaglieri, che rallegra la giornata colle musiche care ai ragazzi di un tempo (riconosco perfino “La Bella ricciolina – che fa l’amore coi bersaglier”), e prelude al via con l’Inno di Mameli, accompagnato in voce da uno degli speaker, con qualche variazione (“dov’è la vittoria che porta la chioma”…).
Un po’ lenti i primi tre km, per l’affollamento, le molte curve anche ad angolo retto, i sottopassi della ferrovia; poi ci si allarga in spaziose praterie e impianti sportivi, quasi sempre su piste dedicate; e quando si va su strada, il traffico è rigorosamente assente (leggo i cartelli di chiusura assoluta dalle 8 alle 13, e quasi quasi ho pietà degli automobilisti, poverini! Fino alle 9,15 e dalle 12 in poi gli si poteva concedere qualcosa). Un po’ di incavolatura la percepisco solo a un attraversamento di una provinciale (credo, la Paullese, poco prima di rientrare verso il cimitero di Lodi), dove gli addetti sono troppo generosi con noi delle retrovie che transitiamo ognuno a 20 metri dall’altro.
Abbondanti e precisi i ristori (acqua, tè tiepido, idrosalini, mele, banane e arance), sorprendente l’abbondanza di spugnaggi (ragiono sempre col metro di cui sopra). Abbondanti anche i pacemaker: durante la gara ho a che fare con quelli dell’1.45 (troppo veloci, anche perché mi sembravano in ritardo sulla tabella), trovandomi poi tra l’incudine degli 1.56 e il martello degli 1.59: questi ultimi costanti nell’incoraggiare a gran voce i loro adepti, in particolare una certa Simona (una delle tre Simona arrivate nello spazio di 23” intorno al sottoscritto) e un Andrea Abbiati dell’ASD No Limits che merita davvero i complimenti di tutti.
Ho persino beneficiato, intorno al km 20, delle esortazioni e quasi sgridate di Maurizio Lorenzini, che mi invita a usare il fiato per accelerare e non per chiacchierare coi vicini… Che ci volete fare, se mi imbatto in uno dei pochi volti familiari, un Pietro Schiaffonati conosciuto negli ultratrail, il “Gelo“ Giaroli reggiano che non si perde una di queste corse lombarde d’eccellenza, volete che li lasci andare senza un commento o una rievocazione? Poi, si fanno sempre conoscenze nuove: ad esempio il Beppe del Corno Giovine, in cerca di consigli perché sta entrando nel mondo delle 42 km (mi pare che abbia corso solo a Malaga, a me purtroppo ignota), col quale è piacevole e istruttivo correre quasi una decina di km ai 5:30, finché non mi chiede il permesso di fare un allungo e al termine mi darà quasi due minuti.
L’ultimo km è finalmente ricco di bellezze architettoniche, a cominciare dalle strade del centro (rigorosamente transennate, purtroppo anche molto … lastricate) per finire con l’arrivo nella bellissima piazza del Duomo e del Broletto, a pochi passi dallo splendore della Incoronata (vale la pena di aspettare le 15 per visitarla).
Buono il ristoro; magari, dato il clima, sarebbero stati ben accetti dei teli di carta argentata, o simile, per avvolgerci, e allora si va un po’ in fretta a riprendere la borsa e a docciarsi: almeno per gli ardimentosi che sfidano le docce “diversamente calde”, come le definisce chi mi precede sotto lo zampillo.
Torno in piazza che le classifiche sono già esposte da un pezzo ed è in corso la lunghissima premiazione, mentre una processione con canti peruviani onora l’Assunta davanti al Duomo; Lorenzini, rivestito di abiti borghesi (se avesse spinto un po’ sarebbe andato sul podio, e invece è solo sesto di categoria) è ancora in servizio, e nel frattempo dispensa consigli pure alle bionde signore cremasche che annunciano la propria maratonina fra tre settimane. Se sarà come questa, vale la pena di darle fiducia.