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Montevecchia 2017 R.Matteucci

A volte un runner matura l'errato convincimento di poter affrontare una gara mai provata prima, solo sulla base delle informazioni ricevute da chi l'ha già corsa e dalla lettura delle classifiche delle edizioni precedenti. Certamente non è un approccio particolarmente sensato, ma, a prezzo di qualche cocente delusione patita ogni tanto, dà modo di ampliare i propri orizzonti podistici anche a chi non ha il tempo, la voglia e le capacità di preparare una nuova sfida in maniera corretta, ossia tramite un allenamento mirato.

Quando ho trovato nel calendario sociale del mio gruppo sportivo questo trail notturno da corrersi in autosufficienza, con un percorso di 36km e un dislivello positivo di soli 800 metri, mi è subito sembrata una buona occasione per cimentarmi in una prova dura, ma non impossibile, provando una nuova specialità. Fra l'altro, aver corso a fine maggio negli stessi luoghi per una distanza simile, sebbene di giorno e in coppia, quindi con la possibilità di fruire della preziosa esperienza del mio compagno, rappresentava un ulteriore conforto relativamente alla possibilità di portare a termine la gara.

La presenza di altri compagni di squadra mi ha fatto superare le ultime remore, legate in particolare al fatto di correre con la lampada frontale, oltre che con lo zaino in spalla e la borraccia alla cintura.

Quindi eccomi al via, con la logistica di partenza e arrivo curiosamente sistemata presso il ristorante che figura fra gli sponsor e offre un sostanzioso ristoro a base di pasta e birra artigianale per il dopo gara.

La partenza, piuttosto affollata, visto che in contemporanea parte anche la gara "light" da 12km, avviene alle 22 in punto e dopo pochi metri il gruppo imbocca un viottolo di campagna fra i campi di mais, che saranno la vera costante del tracciato, insieme alle "balise", ossia dei pezzi di nastro catarifrangente, appesi ad alberi, pali, segnali stradali e altri sostegni, che riflettono la luce lunare indicando il percorso ai

trailer: per me una novità curiosa e un po' inquietante che mi ricorda il fenomeno dei fuochi fatui, dato che la luce livida e biancastra della luna appare un po' funerea, ma sicuramente sono un ottimo metodo per orientare la corsa degli atleti.

Prima del bivio che separa i partecipanti delle due competizioni, posizionato dopo circa 5km, i primi ostacoli da superare sono un paio di passaggi "single track", dove la fila si blocca più di una volta e gli uomini di testa riescono ad avvantaggiarsi, una modesta salita al rientro in paese e soprattutto un lungo sentiero sotto gli alberi, ampio, ma costellato di radici, sassi, buche fangose e generosi residui di letame vaccino sui quali qualcuno appoggia il piede e non manca di ... ringraziare ad alta voce il cielo per la fortuna che gli è toccata.

Avendo perso subito contatto con i miei compagni, mi accodo ad un "trenino" che tiene un buon passo, ma al bivio tutti svoltano per la "light" e trovo opportuno rallentare per risparmiare energie, sicché in poche centinaia di metri vengo raggiunto da almeno una decina di runner partiti con maggior prudenza, ma di sicuro più preparati alle salite.

La gara lunga affronta infatti un tratto ondulato, dapprima su strade comode, qua e là anche asfaltate, per poi infilare una mulattiera in salita, nel folto del bosco. Si tratta della famigerata ascesa al Santuario di Montevecchia, un'arrampicata veramente dura e che costringe a camminare tutti coloro che sono nel mio raggio visivo: dopo una gran fatica per arrivare in cima, si ha modo di riprendersi in una lunga e comoda discesa, nella quale vengo superato da alcuni concorrenti, uno dei quali mi informa che siamo appena al decimo chilometro, ma "la parte dura ormai è passata". Questione di punti di vista...

In effetti, il resto del tracciato non propone più strappi impegnativi, ma le ondulazioni sono continue, il fondo del terreno cambia spesso e le discese mettono a dura prova i muscoli poco abituati a lavorare in gare di montagna.

A cavallo del 15° km si incontrano i due unici punti nei quali ci si può rifornire d'acqua, approfittando per unire una breve sosta e una bella bevuta, oltre che per riempire la prima borraccia ormai vuota; l'altra contiene i sali minerali che saranno preziosi nel finale. Infatti la nottata è calda, sebbene si respiri abbastanza bene, quindi si suda molto e reintegrare i liquidi è fondamentale.

Al guado, nel quale si deve correre nell'acqua per una ventina di metri, riconosco il passaggio già inserito nella MoMot di maggio scorso: in effetti poco dopo si costeggia il campo sportivo di Montevecchia che allora rappresentava il traguardo...stanotte invece c'è ancora tanto da faticare!

Superando prati e sentieri nei boschi, arrivo ad un viottolo che conduce a poche case: mi affianca un auto con a bordo quattro ragazzi, uno dei quali mi grida: "Anche di notte venite qui a correre? Ma non avete proprio un c... da fare?". Vorrei rispondere per le rime, ma un po' mi manca la forza, un po' penso che in fondo non hanno tutti i torti e ... lascio stare.

Quando sono passate oltre tre ore dal via, comincio ad avvertire molta stanchezza e anche un po' il fastidio di correre con lo zaino, che mi impedisce di tenere una posizione del tutto naturale. Ormai non incontro più nessuno da un bel po': chi mi ha superato aveva un passo molto superiore ed è svanito ben presto nel buio; di contro non raggiungo più nessuno davanti a me, perché vado decisamente piano.

Ad un punto di controllo mi avvisano che mancano ancora dieci chilometri, mi sembrano proprio tanti e quando ad un successivo incrocio, dopo almeno venti minuti, mi dicono che ce ne saranno ancora otto e mezzo, mi demoralizzo un po' e comincio ad alternare tratti di corsetta ed altri al passo, perché mi sento veramente stanco. Quando chiedo altre indicazioni ai volontari, sembra che i chilometri non passino mai ... prima la risposta è "meno cinque", dopo un altro bel tratto "ancora quattro e mezzo" ... comincio a pensare che si stiano prendendo gioco di me!

Consumo l'ultimo gel e bevo gli ultimi sali, mi sembra di trarne un certo beneficio e raggiungo un altro concorrente anche lui abbastanza in difficoltà: la sua dotazione tecnologica gli dice che siamo al km 32 e a quel punto provo a riprendere lena, sperando di essere veramente vicino al traguardo. In effetti, dopo l'ennesimo campo di mais da attraversare, ci ritroviamo nell'abitato su un fondo asfaltato: ancora un paio di curve e sbuchiamo su una provinciale in leggera salita. Ricordo che è la stessa strada da cui siamo partiti, ma non ho idea di che distanza ci sia da percorrere prima della fine. Finalmente riconosco un parcheggio che era fra quelli consigliati dagli organizzatori e capisco che ormai è fatta. Un altro trailer procede camminando a passo lento e mi rendo conto che questo tipo di gara in effetti si può interpretare in tanti modi diversi e riserva sorprese fino all'ultimo istante, poi ecco l'agognato gonfiabile!

I primi hanno concluso la prova da molto tempo: Antonio Armuzzi ha riconfermato la superiorità del 2016 in 3h14', precedendo il mio compagno di squadra UniCredit Michele Rabuano di circa un minuto. Ottimo terzo, Marco Drech del Carvico Sky Running in 3h20'.

Anche al femminile, si è avuta la conferma di Giulia Saggin, portacolori del Friesian Team e quinta assoluta in 3h22'. A ben 25 minuti dalla vincitrice, si è piazzata seconda Teresa Mustica (Delta Spedizioni Genova), mentre la finnica Noora Nurmola in 3h57' si è assicurata il terzo gradino del podio.

Nonostante il tempo molto alto, poco meno di quattro ore e mezza, mi sento comunque soddisfatto di aver concluso la prova e perfino la posizione in classifica, mi dicono complici anche alcuni errori di percorso, non è da buttare: 35° su 81. Alla fine mi ci vuole quasi un'ora per riprendermi dallo sforzo, rivestirmi, ristorarmi a dovere e finalmente concludere la mia prima (e forse ultima) nottata da vero trailer!