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Stralivigno 2017

E con questa sono 18 edizioni, come si dice, la Stralivigno diventa maggiorenne e festeggia con un sostanziale incremento dei numeri, sono infatti 821 i classificati del 2017, contro i 687 del 2016. Il dato è ancora più significativo se si considera che, a differenza del 2016, la gara era solo competitiva, non ha pertanto goduto del contributo numerico dei non tesserati. La staffetta supera la soglia dei 200 runner (184 nella precedente edizione).

Il tempo ha graziato gli oltre 1000 partecipanti, a voler sottilizzare (ma non si dovrebbe, ricordando edizioni da tregenda), c’era un po’ di vento contrario fino al km 6. C’era il timore che la pioggia della notte precedente potesse rendere scivolosi, e forse pericolosi, i sentieri boschivi, che invece erano sostanzialmente asciutti.

Come già raccontato nel comunicato di Stefano Morselli, in campo maschile ha vinto Francesco Agostini, classe 1997. A parte la giovane età, è bello rilevare che questo ragazzo è figlio e …nipote d’arte. Papà Marco ha corso a buoni livelli, ma la particolarità viene dallo zio Andrea, che nel lontano anno 2000 vinse la prima edizione della Stralivigno. Francesco, che avrà vent’anni alla fine di Agosto, corre già i 10.000 metri vicino ai 31’.    

Il percorso: non mi pare un trail vero e proprio, anche se viene classificato come tale, di certo nemmeno una corsa su strada, anche se per circa il 50% si corre su asfalto e facili sterrati. Personalmente lo trovo molto bello, una corsa per gran parte nella natura in un contesto davvero suggestivo, può essere un’ottima opportunità per avvicinarsi alla corsa in montagna, una prova difficile, faticosa, ma…fattibile. Poi è chiaro che dipende sempre da come si affrontano le gare. Primi chilometri su asfalto, in leggera ma percettibile salita; poi, come si dice che al km 30 comincia la maratona, qui allo stesso modo la gara comincia poco dopo il sesto chilometro, un paio di rampe impegnative ti portano all’interno del bosco e per 4 chilometri sei su un bel sentiero, sostanzialmente sempre in quota, per poi scendere rapidamente verso metà percorso (momento anche del cambio staffetta). A seguire un chilometro facile e poi inizia la parte più impegnativa, con alcuni tratti impossibili da correre, almeno per gli umani. Verso il km 16 si arriva al punto più alto del percorso, 2041 metri (almeno così ha sentenziato un podista dotato di GPS e addirittura di altimetro separato, evidentemente il dato per lui rivestiva un’importanza fondamentale). Ancora un paio di piccoli strappi, ma che a quel punto sono faticosi, e poi dal km 18 è una picchiata verso l’arrivo.

Ho condiviso la mia fatica con l’amica Marcella Gianna; a prescindere dagli intendimenti, nel corso della gara non si capiva chi dei due facesse da pacer all’altro, forse si faceva un po’ per uno? Di certo ci siamo aiutati molto e sono stato felice di correre con lei.

Organizzazione: come pre e post gara è difficile fare meglio. Pacco gara che dovrebbe soddisfare i più esigenti, parcheggi, docce, deposito borse…..A seguire un pasta party decisamente “allargato”, mentre si svolgevano le premiazioni (dove peraltro c’è stata la sorpresa di vedere Antonio Rossi, ieri campione olimpionico e oggi assessore allo sport).

Qualcosa da migliorare sui ristori, a meno che non fosse una mancanza temporanea, ai primi due c’era di tutto….tranne l’acqua. Nessun problema sul percorso.

Infine, un suggerimento, anche se un po’ scontato: per chi può, è meglio stare qualche giorno a queste altitudini prima di gareggiare, in particolare se si vuole farlo col massimo impegno. La minore pressione dell’ossigeno costringe ad un maggiore lavoro in termini di respirazione, uno stress che alla fine può dare dei risultati positivi, ma solo se la permanenza in quota (diciamo oltre i 1500 metri) è di almeno una settimana.