
Le condizioni climatiche tutto sommato sono state accettabili, se consideriamo che nei giorni precedenti ha piovuto spesso, invece stamattina non abbiamo avuto sole, ma nemmeno pioggia. Certamente il vento non ha aiutato, in particolare nella prima parte di gara, quando alla fatica dei continui cambi di ritmo, spesso dovuti a strappi impegnativi, si aggiungeva un forte vento, un vento amico fino al giro di boa del 5° chilometro , ma che è diventato un consistente ostacolo, soprattutto nei tratti più difficili quando si è invertito il senso di marcia.
Qualche criticità in zona partenza sia pure ben gestita, il numero dei partecipanti, cresciuto in modo consistente rispetto all’edizione del 2012, impone qualche riflessione per una gara che promette di crescere ancora. Poi certamente la (mal)educazione podistica di qualcuno genera inutilmente ulteriori problemi, mi riferisco in modo particolare al signore del pettorale 561, che ha fatto di tutto e di più per superare la barriera e affiancare i top runners, pur non avendone alcun diritto.
Ha ricevuto l’applauso (?!?) dei suoi compagni di squadra per l’impresa compiuta, invece la protesta di molti altri che, giustamente, se la sono presa. Purtroppo succede anche questo alle gare nostrane.
Dei vincitori ne parla il comunicato stampa del comitato organizzatore, mentre tra le varie curiosità cito il consistente premio ( 1000 euro) messo a disposizione per il gruppo più numeroso, sia sardo che proveniente dal continente; si portano a casa l’ambito premio il Cagliari Marathon Club e il Betti’s Grup Run di Parabiago. (ndr, si scrive proprio grup, non è un errore).
Della mia gara come al solito non riferisco dei tempi, poco importa agli altri, mentre me la sono goduta ( attenzione, è sempre tutto relativo) cercando di non tirarmi troppo il collo e vivere la gara per tutto ciò che offre intorno all’agonismo vero e proprio. In questo mio intendimento nei primi chilometri sono facilitato dal fatto di accompagnare un amico ad uscire dalle sabbie mobili delle retrovie, il ritmo non è eccessivo, ma poco dopo decidiamo che ognuno andrà per la sua strada. Prima del 5° chilometro si incrociano i primi che provengono dalla direzione opposta, faccio in tempo a vedere Meucci, Ruggiero, Busienei, Tiberti,Pertile, in pratica il gruppo è ancora compatto, vuoi perché siamo all’inizio, vuoi perché i primi chilometri ondulatosi e molto ventosi suggeriscono prudenza. Incrocio anche l’americano Tyler Mccandless, che nonostante un forte attacco febbrile ha deciso di onorare ugualmente la gara, correndo per alcuni chilometri. Bel gesto. A ruota le donne, quindi Straneo, Toniolo, Nedlo, Kibiego.
Al passaggio del km 10,5 il percorso si divide, finiscono la fatica quelli della distanza più “corta”, proseguono girando intorno al villaggio quelli che hanno scelto la mezza. Qui si trova l’ultima vera salita della gara, dal km 12 all’arrivo sarà quasi tutto in piano, salvo qualche ondulazione durante l’attraversamento dell’abitato di Chia, e generalmente al riparo dal vento.
Un altro giro di boa al km 16 ci consente di incrociare i primi, Valeria Straneo corre veramente bene ed ha scavato una voragine tra se e le inseguitrici, nell’ordine Sylvia Kibiego e Megan Nedlo che , sorridente nella fatica, mi batte il cinque.
L’arrivo è sempre un momento molto bello, ovviamente perché hai finito di faticare, ma in questo caso l’ambientazione e la notevole verve ed effervescenza dello speaker Paolo Mutton hanno reso ancora più entusiasmante il passaggio sotto lo striscione.
Non posso esimersi da un lungo aeroplanino, troppo bello il clima di festa.
Come spesso succede , mi piace fermarmi ad aspettare gli ultimi, sono quelli che faticano di più ed allora accompagno Marina Nissim da Milano, nei suoi ultimi 100 metri, arriva esausta ma felice. Il tifo da stadio dei suoi amici contribuisce a rendere ancora più importante la sua corsa, 21 chilometri di fatica, ma anche una gioia altrettanto grande di averli percorsi.