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Non esattamente una passeggiata

Ora che siamo “fora della Valsugana” e siamo tornati “a ritrovar la mama” possiamo affermare che la “30 Trentina” non è quella lunga, piacevole passeggiata in un contesto ambientale ameno che ci eravamo illusi che fosse. Personalmente, pensavo di poter affrontare la distanza dei 30 km con sufficiente sicurezza (la mia speranza era di chiudere in 2h e 15’, 10 minuti in più rispetto alla realtà), ma il percorso si è rivelato più impegnativo del previsto, forse per la temperatura ancora estiva o forse per i frequenti saliscendi che –specie nella seconda parte - rendevano poco agevole mantenere un ritmo uniforme.

A parte queste considerazioni “tecniche”, la corsa di Levico mi è parsa molto simile, come caratteristiche, ad altre analoghe che si disputano nel Trentino-Alto Adige, come la Moena-Cavalese, la Cortina-Dobbiaco o la “mezza” della Val di Non. Corse “ibride”, a metà tra il trail e la strada, giustamente celebri per la loro eccellente organizzazione e che vantano, non a caso, un numero considerevole di partecipanti. Anche a Levico i partenti (tra quanti hanno affrontato l’intera distanza e coloro che hanno partecipato alla gara a staffetta) superavano certamente il migliaio, in gran parte – credo – provenienti dal Triveneto, ma con folte rappresentanze dalla Lombardia (discreta la pattuglia mantovana, orfana della “mezza” di casa) e dall’Emilia-Romagna.

Decisamente buoni i servizi logistici e la segnaletica. I parcheggi erano situati in mezzo al verde, sul lungolago di Levico, a poca distanza dal palazzetto dello sport dove avveniva il ritiro di pettorali e pacchi-gara. Un po’ più lontana, invece, la zona di partenza situata in fondo a una salitella di circa quattrocento metri. Puntuale la partenza, avvenuta alle dieci di un mattino soleggiato e piuttosto caldo, al termine del solito rituale (braccia levate verso il cielo, grida di esultanza, conto alla rovescia e pigia-pigia impenetrabile).

Campane a stormo e note allegre di una banda musicale ci hanno accompagnato nel primo tratto di ricognizione all’interno del paese. Per i primi tre-quattro km era difficile procedere con fluidità, causa la ressa dei concorrenti, ma scesi sulla riva del lago siamo stati accolti e incoraggiati da un gruppo di tamburini-sbandieratori. Il resto del percorso, fino a metà gara, mi è sembrato piuttosto tranquillo e anche lo scenario era gradevole, sebbene non eccezionale. Dolce e quasi riposante il tratto sulla riva del lago di Caldonazzo, dove resistere alla tentazione di tuffarsi nelle placide acque era davvero difficile.

L’attraversamento di Pergine, attorno al 21° km, era forse la parte meno “suggestiva” di tutto il percorso, tant’è che a un certo punto abbiamo dovuto passare attraverso un cunicolo che ci ha costretti a chinare il capo per evitare spiacevoli capocciate. Il tratto migliore del percorso mi è parso, invece, quello finale, dal 24° km in poi. Peccato non abbia potuto apprezzarla più di tanto a causa della spossatezza e della sete. Forse ai ristori, ben forniti di liquidi (oltre all’acqua venivano offerti anche i sali), sarebbe stato opportuno predisporre qualcosa di mangereccio (forse c’era, ma io non l’ho visto), come le classiche fette biscottate spalmate di marmellata, migliori di qualsiasi integratore vitaminico. L’ottima medaglia offerta all’arrivo ha supplito, in ogni caso, a questa piccola carenza (se tale è). Medaglia, tra l’altro, consegnata di persona a ogni concorrente da Yeman Crippa, il giovane talento-speranza del nostro sport il cui fratello Neka ha vinto meritatamente questa edizione della 30 Trentina.

A dire il vero, un po’ di delusione l’ho provata subito dopo l’arrivo, allo scoprire che la birra offerta da un chiosco nei pressi non era affatto gratuita per noi concorrenti. Non vorrei fare paragoni spiacevoli, ma tre settimane fa, in quel di Roncoferraro (provincia di Mantova), al termine di una corsetta di 8 km, oltre a un bicchiere di birra artigianale ci avevano offerto (“a gratis”) anche un piatto di risotto. Per correttezza aggiungo comunque che al pacco-gara di Levico era “allegato” un tagliando (che purtroppo non ho potuto utilizzare) per il pasta-party post-gara. E a proposito di pacco-gara, esso conteneva, oltre alla simpatica maglietta, una singolare sorpresa. Confuso tra vari volantini vi ho rinvenuto, infatti, un articolo sanitario che dovrebbe servire a “preservare”, con tanto di istruzioni dettagliate per l’uso. Un nuovo genere di gadget sportivo?

Nella sostanza, e a parte qualche leggera smagliatura (nulla è perfetto su questa terra), la corsa della Valsugana mi è parsa una manifestazione di ottimo livello, all’altezza della tradizione trentina in questo genere di eventi.