Il Palio del Drappo Verde logora chi non lo corre. Va bene: magari anche un po' chi lo corre. La mia tosse infernale si trascina da parecchi giorni, tanti più dei km lungo i quali mi sono trascinato io ieri addentrandomi, in buona compagnia, in una Verona troppo bella per doverci solamente correre, in una manifestazione tanto bella da non potersela perdere: pertanto, nonostante la giornata poco invitante, lasciare sul campo un'altra fetta di buona salute ma, in cambio, condividere le emozioni di un gruppo di amici e del rimanente mezzo migliaio di appassionati podisti, mi è sembrato uno scambio dannatamente equo. Il Palio numero 596 non ha sicuramente deluso le aspettative di chi si aspettava, non tanto qualcosa in più rispetto alle edizioni con base logistica via Guido d'Arezzo, visto che il podista è un essere mediamente poco esigente, ma almeno le identiche, trascinanti sensazioni positive, quell'ottimo “retrogusto” del dopo gara. Il collaudatissimo team Mombocar, quindi, avvalendosi della preziosa collaborazione di istituzioni ed associazioni varie, l'apporto delle quali è stato come sempre molto importante, rappresentando quella marcia in più alla quale molte altre province non possono ambire, ha ancora una volta colto nel segno, riuscendo in un'impresa tanto rischiosa quanto, sicuramente, appagante: sconvolgere completamente l'ordine dei fattori ottenendo il medesimo, ottimo risultato.
Piccola nota sul Ponte Scaligero: alla partenza, complice la febbrile attesa, non fa un effetto particolare. Nel finale di gara, viceversa, pelle da... oco a parte, non puoi fare a meno di ammirarne, rapito, l'immensità (ovviamente se sei ancora in grado di pensare): immenso nella sua bellezza, immenso nella sua salita che, a gambe stracolme di acido lattico, oltre a qualche gemito di ammirazione, ha sicuramente strappato anche un discreta quantità di parolacce!