
Vecchio adagio popolare delle mie terre che lega la maturazione dei frutti al fluire delle stagioni, cosa questa che una volta puntualmente si avverava: proprio quando i fichi raggiungevano il loro massimo rigoglio, i meloni incominciavano a sparire dai botteghini delle piazze sino poi a dileguarsi del tutto. Per noi ragazzi significava soprattutto che l’estate iniziava la sua parabola discendente e che la pacchia era prossima a finire. Lo sciabordio stesso del mare sugli scogli sapeva già della nostalgia che ci avrebbe assalito, mogi e afflitti sui banchi di scuola, nel ripensare alle interminabili nuotate e alla libertà senza limiti delle perdute vacanze.
Poi la civiltà, almeno quella asservita al consumo ed al tornaconto, è riuscita nell’impresa di modificare i ritmi biologici, tanto che ormai chi si trova a vivere nel cemento delle città forse non sa neppure più se il frutto che sta mangiando sia di stagione o no.
Qualcosa di simile è accaduto anche per il nostro amato mondo del podismo.
Non ne ho ricordo, troppo indaffarato com’ero a consumare sigarette, ma chi correva già qualche decennio fa tramanda che, dopo il Passatore, non c’erano più tante occasioni per gareggiare e si cadeva in una sorta di letargo estivo. Ora tutto è cambiato: il Passatore e la Cortina Dobbiaco, con la coda della mezza di Città di Castello, indicano solo la chiusura stagionale delle gare tradizionali e annunciano, con i loro scenari serali e paesaggistici, i trail e le notturne di cui sarà poi zeppo il calendario estivo.
In effetti le notturne (in genere denominate night run, o abbellite con barbarismi linguistici simili, alla Ninì Tirabusciò) sarebbero, almeno sulla carta, per lo più delle camminate fatte in tranquillità. Delle non competitive, tanto per intenderci. Molto spesso però esse somigliano in tutto e per tutto alle competitive: si adopera il chip, c’è una classifica, ci sono premi. Non c’è nulla che le differenzi, se non il cappello che le ripara dal pagamento di qualche tassa federale. Il bello (o il brutto, se si vuole) è che tale vezzo di far passare per non competitive delle gare vere e proprie sta facendo sempre più proseliti, principalmente perché l’occhio vigile degli enti di propaganda sportiva non pare ne abbia sentore, pure nei casi in cui concede la propria egida. Un qualcosa di simile al gioco delle tre carte — o delle tre scimmiette, se si preferisce — meritevole d’un approfondimento a parte che ne quantifichi con più precisione entità e contenuti, perché in questa sede serve solo a mo’ di citazione per dimostrare che in piena estate ormai di tutto si può parlare fuorché di letargo.
A settembre le gare fuoristrada e le notturne incominciano però a diradarsi e, da qualche anno, la prima domenica del mese accoglie lo svolgersi di una manifestazione che, pur non avendo il lignaggio del Passatore o la caratura e i numeri della Cortina Dobbiaco, sta tuttavia ritagliandosi un proprio ruolo simbolico di inusuale rondine che preannuncia il ritorno delle tradizionali competizioni d’autunno.
Mi riferisco alla mezza del Brenta, immancabilmente presente ormai da otto anni, che sta divenendo una classica del calendario veneto, grazie al discreto numero di podisti che riesce a raccogliere ai nastri di partenza.
Per la precisione, quest’anno gli iscritti sono risultati 678, ripartiti in 115 rappresentanti del gentil sesso e 563 del cosiddetto sesso forte. Sul famoso Ponte Vecchio di Bassano del Grappa, punto di ritrovo prossimo alla sede della partenza ufficiale, si sono invece presentati in 643, vale a dire il 94,84% degli iscritti, e tutti i partiti sono poi riusciti a giungere al traguardo. Con la cifra di 643 classificati s’è così conseguito il nuovo record della manifestazione.
Sebbene i numeri siano quelli che caratterizzano una maratonina nazionale di medio livello, il respiro con cui essa è organizzata è ben più ampio. Quel che maggiormente mi pare lodevole è che non si tenda a fossilizzarsi nei soliti schemi organizzativi, ma che si cerchino nuove soluzioni magari anche occhieggiando a quanto veniva fatto in un ormai lontano passato. Tanto per dirne una, il pacco gara non si compone della solita maglietta tecnica e dell’usuale materiale raccogliticcio. Quest’anno gli iscritti hanno infatti ricevuto una gradevole sacca, certamente più utilizzabile d’una maglietta, soprattutto quando di taglia inadeguata. Alle premiazioni s’è data poi giusta dignità accordando anche ai master un appropriato spazio e, cosa che a mio avviso non guasta, omaggiando i primi tre di ogni classifica con la medaglia della manifestazione, come s’usava molti decenni addietro.
Anche l’organizzazione nel suo complesso è stata più che positiva, pur con qualche doveroso distinguo per la segnaletica e per i servizi igienici che andrebbero adeguati al crescente numero di adesioni. Ottima la disponibilità dei volontari e molto cortese l’approccio di qualsiasi addetto. Al tirar delle somme ritengo che chi vi ha partecipato sia tornato a casa più che soddisfatto.
Per quanto riguarda l’aspetto tecnico, il percorso pieno di saliscendi non consente forse di conseguire prestazioni di grande rilievo e lo stesso vincitore, Ahmed Nasef (Atletica Ponzano), ha prevalso per il terzo anno consecutivo con un crono (1:13:15) decisamente inferiore ai suoi standard. Anche il connazionale Slimani Benazzouz (Cus Parma), battuto in volata, s’è tenuto con 1:13:17 ben lontano dai suoi limiti. Con un minuto di distacco (1:14:15), il rodigino Alessandro Splendore (Salcus Rovigo) ha infine completato il podio.
Nella competizione femminile, dominio di Isadora Castellani (Maratonina udinese) che con un consistente 1:19:42 è riuscita a tenere a debita distanza Deborah Toniolo (G.S. Forestale), espressasi in 1:20:14, e Paola Dal Mas (GS Quentin) che ha chiuso in 1.23.39.
Tra i master non si sono avuti risultati di pregio; gli unici che hanno sfornato prestazioni di buona fattura sono stati: Virginio Trentin (Idealdor libertas San Biagio), vincitore della categoria MM55 in 1:20:56; Giuseppe Zonta (Atletica Bassano running store), che ha prevalso nella categoria MM70 in 1:44:00; Arianna Zichele (Runner team Zanè), che ha regolato le pari categoria della MF50 con il tempo di 1:40:57.
Per concludere un’ultima annotazione di carattere statistico. Alla mezza del Brenta il 24,11% dei classificati risulta aver sottoscritto il “cartellino di partecipazione gara”. Serve riferire che Il dato dei cosiddetti individuali è per lo più impossibile da calcolare, in quanto le classifiche sono compilate in maniera ampiamente lacunosa anche, e soprattutto, su questo aspetto. Le rare volte però che i compilatori di classifiche hanno la bontà di fornire le informazioni come trasparenza imporrebbe, emergono entità non certo banali per chi preferisce far da sé, piuttosto che associarsi. In percentuale, una grandezza che fluttua il più delle volte tra il 15% e il 20%; il che non è certo poco.
In pratica all’incirca un quinto di chi gareggia ritiene che le società esistenti non siano in grado di soddisfare i bisogni e le aspettative dei propri iscritti.
Uno scenario che forse meriterebbe d’essere attentamente valutato. E non certo colpevolmente oscurato.