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lalli incerti deejay 2014E pensare che per il sito della FIDAL nazionale la giornata è stata una festa, quanto meno per i vincitori della Dee Jay Ten svoltasi il 5 ottobre scorso, i quali per la federazione sono Incerti e Lalli, almeno nel comunicato apparso il giorno successivo alla gara. Per l’atletica, e soprattutto per i valori etici di cui uno sport dovrebbe farsi portavoce, si potrebbe nutrire qualche legittimo dubbio che festa sia stata ed anzi in forma dimessa si potrebbe invece parlare di campane a morto. Il pasticciaccio che s’è confezionato nella città meneghina è infatti dei peggiori a livello d’immagine, non tanto per l’accaduto in sé quanto piuttosto per chi vi è coinvolto.
Li ricordiamo in maniera sommaria: 11 atleti di ottimo livello — due dei quali vincitori di titoli continentali — 3 società tra le più qualificate in Italia, i relativi presidenti — uno dei quali anche vice presidente FIDAL —un organizzatore impegnato e famoso. Come dire tutti possibili testimonial delle migliori magnificenze che una sana pratica sportiva comporta, destinati al contrario in questo caso a reclamizzarne, magari loro malgrado, gli aspetti deleteri, quelli che in teoria tutti combattono e che nella pratica purtroppo emergono per l’insano desiderio di primeggiare: slealtà, mancanza di rispetto delle regole e degli avversari.
Ma, senza voler assegnare già colpe o stabilire pene, vediamo di circoscrivere la questione a livello puramente regolamentare riferendola ad un ipotetico caso teorico. Ipotizziamo pertanto che degli atleti élite abbiano partecipato ad una gara regionale con l’avallo dei propri agenti e società d’appartenenza e vediamo cosa le norme federali prevedono in merito.
La partecipazioni degli atleti alle varie manifestazioni è regolamentata dall’art 9 delle “Norme per l’organizzazione delle manifestazioni 2014” che al comma 2 stabilisce l’impossibilità per gli atleti inclusi negli elenchi “elite” mezzofondo, fondo e marcia di partecipare a gare di livello provinciale o regionale, salvo che non si svolgano rispettivamente nella provincia o nella regione di tesseramento dell’atleta.
Le sanzioni per le eventuali inadempienze sono invece regolamentate dall’art 21 il cui comma 1 prevede che “l’inosservanza delle norme contenute nel presente regolamento comporta il deferimento agli organi di giustizia federale e l’applicazione di sanzioni pecuniarie da parte della Segreteria Federale” e che l’applicazione d’una tale sanzione “non estingue il corso della “Giustizia Sportiva”.
Il deferimento riguarda i tesserati in genere tra i quali, a norma dell’art. 6 dello “Statuto Federale”, sono da comprendere gli atleti e i loro agenti, i dirigenti federali, i componenti e i dirigenti delle società, i giudici di gara, i tecnici, i medici e i collaboratori parasanitari. Mentre per gli organizzatori il precitato art. 21, c.1, stabilisce anche “il declassamento della manifestazione al livello inferiore” ed il successivo comma 2 regola le possibili sanzioni pecuniarie a carico delle società organizzatrici — che, come già riportato, sono comminate dalla Segreteria Federale — stabilendo una pena di € 5.000,00, qualora l’inosservanza concerne la “partecipazione alle gare di atleti privi di visto o non autorizzati”.
Sembrerebbe pertanto che il deferimento degli atleti e degli altri tesserati FIDAL agli organi di giustizia federale debba essere avviato, non appena rilevata l’infrazione, dalla Segreteria Federale. Tale interpretazione è per altro avvalorata dall’art 39, c. 1.4, dello “Statuto Federale” dove è espressamente indicato che il “Procuratore Federale, su denuncia degli interessati tramite la Segreteria Federale o d’ufficio, qualora sia venuto a conoscenza di violazioni, compie indagini preliminari a conclusione delle quali o formula i capo d’imputazione con il conseguente esercizio dell’azione disciplinate dinnanzi agli Organi di Giustizia competenti, oppure provvede all’archiviazione...”.
In merito soccorre anche l’art 21, c. 2, del “Regolamento Organico FIDAL” il quale prescrive che “Chiunque abbia notizia di violazioni regolamentari poste in essere da parte di atleti, ivi compresa la partecipazione alle gare con tesseramento irregolare o a gare non approvate dalla Federazione dovrà darne notizia alla Procura Federale".
In definitiva, nei casi in cui degli atleti abbiano partecipato ad una gara senza averne titolo, la Segreteria Federale deve dare avvio al deferimento, su denuncia degli interessati o qualora abbia avuto essa stessa notizia del fatto. Analoga procedura deve essere adottata nei confronti di chi ha eventualmente avallato tale violazione.
Inoltre la società organizzatrice che ha consentito la partecipazione di atleti non autorizzati dovrebbe subire, come visto, una sanzione pecuniaria di € 5.000,00 e vedersi declassata di livello la gara nelle future edizioni, fermo restando che l’applicazione della pena pecuniaria “non estingue il corso della Giustizia Sportiva”.
Appare quindi chiaro che un atleta compreso nella lista élite non può partecipare o essere iscritto ad una gara di livello regionale e che, in violazione d’un tale adempimento, la Segreteria Federale debba dare avvio al deferimento dei tesserati coinvolti agli organi di giustizia federale. La regolamentazione non pare consentire al Segretario Generale, che coordina la Segretaria Federale, un potere discrezionale nel deferimento, imponendogli l’obbligo, una volta a conoscenza dell’inflazione, di dare inizio alla procedura disciplinare.
Che così sia deriva anche dalla considerazione che egli è un organo amministrativo e, quindi, non competente a stabilire se l’inosservanza debba essere sanzionata oppure quale tipo di sanzione applicare, questioni queste che competono invece all’organo di giustizia sportiva. Il Segretario Federale deve solo accertarsi che infrazione ci sia stata (e, nel caso d’un atleta élite che abbia gareggiato in una competizione di livello regionale in una regione diversa da quella in cui è tesserato, l’inosservanza è del tutto evidente e conseguente) e, se c’è stata, deve dar luogo al deferimento, qualunque siano le cause attenuanti (cattiva interpretazione, non conoscenza del livello della gara, etc. ) o aggravanti la violazione.
Tornando al caso concreto, se così stanno le cose, sembra alquanto strano che il Segretario Generale, pur riconoscendo espressamente nella sua nota del 10 ottobre, avente per oggetto “gare su strada – partecipazione atleti élite“, che nei primi mesi del suo mandato ha potuto constatare che alcune specifiche norme riguardanti la partecipazione degli atleti élite “non sono state interpretate e, quindi correttamente applicate”, non fa intuire d’aver assunto i provvedimenti di competenza. Anzi lascia quasi intendere il contrario.
Se infatti i deferimenti fossero stati in avvio, oppure già avviati, non sarebbe stato necessario dichiarare che “d’ora in poi agiremo rigidamente per il rispetto delle regole ogni qualvolta si dovessero verificare situazioni in violazione a norme statutarie e/o regolamentari”. Né, a maggior ragione, un tale monito si sarebbe reso necessario, qualora i deferimenti fossero già stati acquisiti dalla Procura Federale, né ci sarebbe stato bisogno di dichiarare una tolleranza zero per il futuro, se nei primi mesi del suo mandato i tesserati avessero agito nel pieno rispetto delle regole.
E d’altra parte, come già visto, le norme non concedono il potere al Segretario Generale di non avviare il procedimento, non rientrando nella sua sfera di competenza la valutazione se l’inadempienza sia avvenuta per una cattiva interpretazione, per negligenza o volontariamente, in quanto tali apprezzamenti sono di spettanza della Procura. In linea di principio, il Segretario Generale non potrebbe pertanto “tollerare” violazioni alle norme e, in presenza d’una trasgressione, non può che darne avviso agli organi di giustizia federale.
Per altro, nel caso in esame l’accertamento del rispetto o no delle regole è del tutto scontato, e non è necessario agire più o meno rigidamente: se è stato consentito ad un atleta di gareggiare in una competizione senza averne titolo, non sono state rispettate le regole; in caso contrario lo sono state. Dove risiedono i motivi che potrebbero condurre ad una minore o maggiore rigidità?
Si potrebbe poi aggiungere che è la stessa FIDAL a certificare che alcuni atleti élite hanno partecipato ad una gara regionale, quando il 6 ottobre fa apparire sul proprio sito un breve resoconto della gara fornendo la classifica dei primi arrivati, appunto tutti atleti élite. Poiché la circolare del Segretario Generale è del 10 ottobre, la Dee Jay Ten s’è svolta il 5 ottobre ed il comunicato dei risultati pubblicizzato sul sito FIDAL nazionale il giorno successivo, si potrebbe presumere che, al momento della redazione della lettera, non sia stata avviata alcuna azione di deferimento per i fatti avvenuti nella gara milanese, anche se le eventuali violazioni da parte dei tesserati parrebbero già a conoscenza della Segreteria Federale. In caso contrario non si capirebbe quel “d’ora in poi”.
In aggiunta, se il Segretario Generale avesse a quel momento già trasmesso il deferimento alla Procura, dovrebbe essere operante anche il provvedimento amministrativo riguardante la pena pecuniaria di € 5.000,00 a carico della società organizzatrice. Perché anche in questo caso, non pare che egli abbia potere discrezionale e che possa esimersi dall’applicare una tale sanzione: il fatto che siano stati ammessi a gareggiare atleti non autorizzati è del tutto evidente, essendo stato attestato dalla stessa FIDAL con il comunicato più volte citato.
Comunque sia, e qualsivoglia sia stato l’atteggiamento assunto dai tesserati in passato, non si può che concordare con il Segretario Generale sulla necessità d’un comportamento maggiormente rispettoso delle regole. Ciò coinvolge i tesserati in genere ma, oserei dire, in particolare la FIDAL cui spetta l’obbligo di creare le condizioni migliori per vivere lo sport secondo i suoi principi fondamentali: lealtà, probità, correttezza sportiva e disciplinare.
Certo è, che come inizio, visto tutto il polverone che s’è alzato, sarebbe poco comprensibile che il caso Dee Jay Ten fosse gestito come se nulla fosse avvenuto, dando così il classico colpo di spugna, magari accampando vizi procedurali di comodo, o senza la dovuta trasparenza. Non mi aspetto pene severe, né le auspico, ritenendo che il giustizialismo non risolva alcun male del mondo, mi piacerebbe però intravedere le prime avvisaglie d’un effettivo cambiamento e, magari, che si iniziasse ad adottare il principio della noblesse oblige, vale a dire che la nobiltà comportasse degli obblighi. Non dei privilegi.
Se si vuole che i risultati siano l’esatta espressione dei valori in campo, la figura del privilegiato è affatto inconciliabile.