Anche se di dubbia attribuzione (forse Sallustio), la locuzione sintetizza in modo chiaro cosa si pensasse di coloro, nella fattispecie Cicerone, che si barcamenavano in politica assumendo un comportamento ondivago.
Allora, un paio di millenni fa, simili atteggiamenti erano magari fuori norma e neppure generalizzabili in altri campi della gestione pubblica, come invece potrebbe avvenire ai tempi nostri, dove è più usuale la repentina piroetta rispetto al perseguire quanto inizialmente dichiarato, tant’è che le virate di quasi 180 gradi sono divenute così comuni che neppure ci facciamo più caso. Fan parte ormai della quotidianità.
Che si dica una cosa in sede di programmazione e che si faccia diversamente in sede d’attuazione, è una moda che parrebbe travagliare pure settori sportivi che, almeno stando ai naturali presupposti, dovrebbero al contrario essere esempio di coerenza, lealtà, rispetto e via dicendo. Un tale vento innovatore, che fa divergere il dire dal realizzare, non sembra per altro risparmiare neppure la FIDAL: sarebbe sufficiente andarsi a leggere il programma elettorale del presidente Giomi, per accorgersi che i pilastri iniziali, la trasparenza ed il rispetto delle regole, sono rimasti confinati nel campo delle pie intenzioni, per far emergere qualche dubbio.
Probabilmente sarà colpa mia che assegno ai termini significati impropri ma, con tutta la buona volontà, non riesco a trovare un atto, oscurato dal precedente presidente federale, che sia stato reso trasparente dall’attuale, mentre sarebbe da ritenere che il contrario sia avvenuto. Senza dilungarsi troppo mi limito a proporre un esempio — sul quale non c’è possibilità d’ambiguità — su una questione per certi versi banale, ed un altro, su aspetti di rilievo, sul quale però non c’è certezza.
Esempio sulla questione “banale”.
Nella passata gestione era disponibile un elenco di tutte società affiliate con l’indicazione per ciascuna dell’indirizzo postale, del telefono e di altre informazioni utili per i contatti. Adesso sul sito ufficiale non esiste più un elenco generale ma tanti elenchi frammentati per provincia, impossibili da riunire in un unico documento e, in aggiunta, di ogni società viene indicato il solo indirizzo di posta elettronica mentre ogni altra informazione è omessa. Il perché si tralasci il numero telefonico, in un’era in cui il telefonino è il mezzo più utilizzato di comunicazione, rientra tra le tante cose apparentemente incomprensibili. Comunque sia, a parte l’impossibilità di contattare telefonicamente la società voluta, la cosa che crea maggiore intralcio è che gli indirizzi di posta elettronica non paiono essere tutti perfettamente funzionanti, se nella realtà è raro ottenere risposta e, il più delle volte, le mail trasmesse tornano indietro a distanza di giorni.
Esempio su aspetti di rilievo, su cui non è possibile esprimersi con certezza. Provvedimenti di giustizia.
Nel periodo di presidenza del signor Arese, le sanzioni emesse dagli organi di giustizia federale erano di dominio pubblico, tanto è vero che risultano tutte elencate e presenti ancora sul sito federale, sulla pagina “Giustizia federale”.
Il provvedimento più recente di cui mentre scrivo1 trovo lì traccia è datato 17 aprile 2013 e riguarda le decisioni assunte dalla Commissione di appello federale su casi che però appaiono tutti avviati nella passata gestione, sicché non c’è n’è nessuno in apparenza attribuibile all’attuale conduzione. Nel periodo di presidenza del signor Giomi, pertanto, o non è stato fatto nessun deferimento agli organi di giustizia federale, e quindi non è stata inflitta alcuna sanzione (il che significherebbe che nessuno ha combinato la sia più piccola marachella dal gennaio 2013) oppure i provvedimenti di giustizia non sono più resi pubblici sulla pagina apposita del sito. In quest’ultima ipotesi, a parte la non visibilità di atti in passato accessibili a tutti, si avrebbe come diretta conseguenza che, rispetto a prima, la FIDAL non è più tenuta ad adempiere gli stessi obblighi, esonerata a farlo non si sa bene da quali nuove disposizioni.
Sempre nell’ipotesi che le cose stiano così, vale a dire che la FIDAL non renda più pubbliche le sanzioni irrogate, si potrebbe disquisire, a mio avviso, su una verosimile violazione del principio della certezza del diritto, il quale implica che il diritto deve ricevere un’applicazione prevedibile. Se infatti non si può venire a conoscenza di quale pronuncia c’è stata per una specifica fattispecie, non si è neppure in grado di sapere qual è l’applicazione prevedibile. E forse non è neppure l’unica possibile violazione su cui discutere, in quanto il tema potrebbe pure implicare problemi collegati alla comunicazione sull’avvio del procedimento, sulla democraticità delle decisioni e sull’accessibilità ai documenti amministrativi. D’altra parte è del tutto evidente che le società e gli atleti debbono essere posti nelle condizioni di sapere in maniera univoca quali associati siano incorsi in provvedimenti di squalifica o di sospensione, in modo da poter tutelare, qualora necessario, propri interessi. Tanto per fare un esempio molto comune, s’immagini un atleta squalificato che vinca una gara, dopo esservi stato ammesso per errore. In tale ipotesi, come farebbero gli altri atleti a contestare la sua posizione, se la FIDAL non ha comunicato la squalifica o non ha reso accessibile la notizia sulla pagina appropriata?
Detto che sarebbe bello che la FIDAL ci rassicurasse in merito, allo stato attuale parrebbe che i deferimenti e gli eventuali provvedimenti adottati non siano resi pubblici nella pagina del sito riguardante la Giustizia Federale, così come avveniva in passato. Pertanto, se così è, non riusciremo a sapere quali provvedimenti adotterà la FIDAL in merito ai fatti avvenuti, per esempio, alla DeeJay Ten, né potremo capire se le regole vengono fatte rispettate o no. Una forma forse insolita di trasparenza.
Passando alle regole, occorre osservare che l’impegno al rispetto non pare molto diffuso. Se non bastassero le varie piccole o grandi magagne rilevate da Podisti.Net, si potrebbero aggiungere i deferimenti per doping che assumono periodicità sempre più ravvicinata e che toccano ormai anche atleti di non elevato spessore.
Ma si sa i guai sono come le ciliegie, uno precede l’altro e, tanto per non farci mancare niente, ecco pure il piccolo terremoto creatosi a seguito delle dichiarazioni di Giorgio Calcaterra, apparse su Podisti.Net e riguardanti la convocazione di Alberico Di Cecco per la 100 km mondiale. Qui sul fatto in sé stesso il lettore è informatissimo, per cui ci soffermeremo solo su alcuni aspetti che sono passati un po’ sotto silenzio, oscurati com’erano dal polverone alzato dalle due diverse correnti di pensiero che continuano tuttora a battagliare scambiandosi colpi d’ogni sorta.
Partiamo per questo dal punto in cui, in pieno tsunami, appare su “La Gazzetta dello sport” dell’11 novembre un articolo, firmato da Fausto Narducci, in cui si evidenzia già nell’occhiello che Di Cecco, coinvolto in due casi di doping, torna in azzurro ma, come si precisa subito nel titolo, “stavolta la FIDAL si dissocia”.
Il pezzo non è molto ampio tuttavia presenta molte curiosità. La prima riguarda, come già riportato, che “la FIDAL si dissocia”. Infatti si scopre che è stata la IUTA a fare le convocazioni le quali sono poi “passate solo burocraticamente attraverso la FIDAL che le ha diramate”. Eppure l’articolo 27, c. 6.2, delle “Norme per l’organizzazione delle manifestazioni 2014” sembrerebbe contenere una versione del tutto diversa. Lo riportiamo per esteso per maggiore chiarezza.
6.2 COORDINATORE TECNICO FIDAL settore ULTRAMARATONA
Si occupa delle selezioni delle rappresentative nazionali italiane per i principali eventi internazionali di Ultramaratona promossi dalla IAAF e dalla IAU (attualmente i Campionati Mondiali ed Europei di 100 km, di 24 ore e di UltraTrail). Si avvale della collaborazione dell’Area Tecnica della IUTA e del supporto dell’Ufficio Tecnico e dell’Ufficio Internazionale della Federazione.
Come dire che è il coordinatore tecnico FIDAL settore ultramaratona che si occupa delle selezioni delle rappresentative nazionali, e non la IUTA, che invece funge solo da supporto, probabilmente formulando una proposta. Ciò stante, appare non del tutto condivisibile quanto dichiarato dal presidente Alfio Giomi al giornalista: “Nel Consiglio Federale di venerdì chiederò di sciogliere il rapporto con un’associazione che convoca un nostro atleta con quei precedenti”.
In definitiva parrebbe che la FIDAL si dissocia da una propria decisione; scarica la colpa sulla IUTA e, in un certo qual modo, minaccia pure di sciogliere il rapporto con un’associazione, rea d’una colpa in apparenza mai commessa. Nessuno fa poi menzione del coordinatore tecnico FIDAL che, almeno a termini di regolamento, si presume abbia fatto le selezioni. Neppure il d. t. Massimo Magnani il quale a sua volta dichiara: “Io Di Cecco non l’avrei convocato ma non è stata una scelta mia”.
Possibile che il presidente federale ed il direttore tecnico non sapessero dell’esistenza del coordinatore tecnico FIDAL del settore ultramaratona e non conoscessero chi è incaricato a svolgere una tale funzione?
Neppure il giornalista s’era però documentato molto. Né sulle regole, né dove l’intervento di Calcaterra era apparso, visto che Podisti.Net viene addirittura confuso con facebook, ed è infatti al famoso social network che viene assegnata la primogenitura d’aver raccolto e diffuso la notizia. Per la cronaca, quest’ultima inesattezza sarà poi sanata con un trafiletto de “La Gazzetta dello sport” di ieri, 2 dicembre; le altre invece permarranno.
Intanto, come preannunciato dal presidente Giomi, il Consiglio federale del 14 novembre valuta la convocazione per la gara mondiale della 100 km di Alberico Di Cecco e assume la seguente decisione: “Alla luce delle recenti polemiche che hanno riguardato la composizione di una formazione italiana che prenderà parte ai Campionati del Mondo della 100km (Doha, 21 novembre), il Consiglio federale, svoltosi questa mattina a Roma, ha deliberato di dare mandato al Segretario generale, Fabio Pagliara, di verificare il rispetto, da parte della IUTA (l’ente che sovrintende alla pratica dell’ultramaratona in Italia) delle intese di collaborazione in essere con la FIDAL e dei principi etici che ispirano le attività dell’atletica italiana. Al Segretario Generale, in conseguenza della fase di accertamento, il Consiglio ha contestualmente richiesto di adottare gli opportuni provvedimenti sulla base delle risultanze”.
La delibera rende evidente che il consiglio federale è d’accordo con il presidente Giomi, vale a dire che l’eventuale colpa della selezione di Di Cecco è della IUTA e, nel contempo, con il mandato assegnato al segretario generale, fa intendere di voler esperire tutte le vie possibili per uscire da una situazione non in linea con i principi etici che dovrebbero ispirare le attività dell’atletica italiana.
Tuttavia, poiché Di Cecco alla fin fine ha potuto gareggiare, è del tutto evidente che il segretario generale non ha rilevato alcuna inadempienza da parte della IUTA e, pertanto, che le presumibili colpe risiedono altrove. E, se non è stata la IUTA a combinare il pasticcio, ci si chiede, chi ne è stato il responsabile?
Forse il coordinatore tecnico federale del settore ultramaratone — di cui per altro nessuno ha mai citato il nome — sarebbe l’unico a poter chiarire questo ed altri interrogativi, sempre che vorrà manifestare il suo pensiero.
Raccontava Gipo Farassino, poco noto ma grande cantastorie della musica italiana, che anche “il marmo può arrossire di vergogna”. Chissà se ne sia stato mai capace pure Cicerone che, a detta dello Pseudo Sallustio, era solito affermare tutto e il contrario di tutto, secondo proprio comodo e necessità.
Appunto: aliud stans, aliud sedens.