Con colpevole ritardo, riprendo alcuni passi dell’intervista di Pierangelo Molinaro a Stefano Baldini, pubblicata giusto una settimana fa sulle pagine de la Gazzetta dello Sport. Utili e saggi i pareri del grande Stefano, il “Dio di Maratona”.
Cominciamo dalla cultura sportiva che manca in Italia, a Berlino per la maratona si chiude il centro per due giorni a Milano: “…bisogna poter aprire le strade appena passa l'ultimo concorrente”.
Ma Baldini sottolinea la mancanza di cultura anche nella corsa: “Vedo troppa gente fra gli amatori inseguire il cronometro. Sbagliato. La corsa va goduta, serve a migliorare la salute. La gente si consuma per affrontare la maratona. Ma ci può essere agonismo anche senza sfidare il tempo. In altri paesi è diverso, ci sono ad esempio molte più 10 km”.
E la mancanza del ruolo della scuola nella diffusione nella società dello sport e della cultura sportiva: “…la scuola, dove vedo però che lo sport tende più a uscire che ad entrare. In atletica il futuro è nel privato, le società. E pure la scuola deve sfruttare il privato, i suoi tecnici. Penso che lo sport a scuola debba essere obbligatorio. Mancano i soldi? Leviamolo dall'ultimo triennio delle superiori, dove un ragazzo è già indirizzato, e pratichiamolo alle elementari. La nostra sta diventando una malattia sociale, i ragazzi soffrono di incapacità motorie e poi si tende all'obesità. Una giusta dose di movimento, quindi una popolazione più sana, limita in prospettiva anche le spese sanitarie. E scusate se è poco... “
E sfata il mito della mancanza di voglia di faticare dei giovani: “Non è vero, a tanti ragazzi piace faticare. E, come responsabile dell'atletica giovanile, vi dico che esprimiamo talenti, anche come numeri, ma poi non sappiamo valorizzarli”.
Ed ecco il confronto con le altre realtà europee, ormai in secondo piano rispetto allo strapotere africano: “La federazione francese ha più di 100 allenatori distaccati e pagati dal ministero della Pubblica Istruzione, i britannici hanno sfruttato al meglio la spinta ed i fondi stanziati per l'Olimpiade di Londra, gli Stati Uniti hanno ancora il loro punto di forza nel sistema scolastico. Noi dobbiamo fare un passo indietro, ripensare il lavoro di programmazione a lungo termine, mettere insieme i migliori perché si stimolino a vicenda in un luogo adatto”.
Ma noi italiani non dobbiamo neanche lamentarci troppo: “Abbiamo il campione europeo Meucci e Lalli, che penso possa fare buone cose sulla maratona. E poi le donne, anziane forse, ma veloci. Certo, ci vorrebbe qualche giovane in più”.
E a questo proposito ecco i “nuovi italiani”: “Stanno arrivando, siamo solo alla seconda generazione, la Francia è già alla terza. Ma c'è pure un fenomeno nuovo, quello degli italiani che vanno a studiare negli Stati Uniti, dove è decisamente più facile conciliare scuola e sport. Sono già una dozzina. Luca Cacopardo ad esempio è al Mit di Boston, Jacopo Spanò, il velocista, a Washington. Questa estate almeno 5 nostri atleti che parteciperanno agli Europei juniores andranno a studiare oltre oceano”.
L’età per la maratona: “La maratona ce l'hai già dentro. Quando vidi alla televisione Bordin vincere all'Olimpiade di Seul avevo 17 anni, ma capii che quella sarebbe stata anche la mia strada. Corsi per anni in pista, ma sapevo che sarei finito su quella distanza”.
L’ultima considerazione, amara, per l’ingiusto coinvolgimento nel caso Schwazer: “Sono stato convocato due volte, la prima a Firenze e poi a Bolzano. Ero stato chiamato come testimone e la stampa mi ha trattato come fossi imputato. No, non è stato affatto piacevole e ho letto falsità e sospetti lanciati a caso. Potrei anche adire alle vie legali, ma per il lavoro che sto facendo preferisco stare zitto per il bene dell'atletica leggera e del ruolo che ho nei confronti dei giovani”.
Grazie Stefano, campione anche quando non corre!
Cominciamo dalla cultura sportiva che manca in Italia, a Berlino per la maratona si chiude il centro per due giorni a Milano: “…bisogna poter aprire le strade appena passa l'ultimo concorrente”.
Ma Baldini sottolinea la mancanza di cultura anche nella corsa: “Vedo troppa gente fra gli amatori inseguire il cronometro. Sbagliato. La corsa va goduta, serve a migliorare la salute. La gente si consuma per affrontare la maratona. Ma ci può essere agonismo anche senza sfidare il tempo. In altri paesi è diverso, ci sono ad esempio molte più 10 km”.
E la mancanza del ruolo della scuola nella diffusione nella società dello sport e della cultura sportiva: “…la scuola, dove vedo però che lo sport tende più a uscire che ad entrare. In atletica il futuro è nel privato, le società. E pure la scuola deve sfruttare il privato, i suoi tecnici. Penso che lo sport a scuola debba essere obbligatorio. Mancano i soldi? Leviamolo dall'ultimo triennio delle superiori, dove un ragazzo è già indirizzato, e pratichiamolo alle elementari. La nostra sta diventando una malattia sociale, i ragazzi soffrono di incapacità motorie e poi si tende all'obesità. Una giusta dose di movimento, quindi una popolazione più sana, limita in prospettiva anche le spese sanitarie. E scusate se è poco... “
E sfata il mito della mancanza di voglia di faticare dei giovani: “Non è vero, a tanti ragazzi piace faticare. E, come responsabile dell'atletica giovanile, vi dico che esprimiamo talenti, anche come numeri, ma poi non sappiamo valorizzarli”.
Ed ecco il confronto con le altre realtà europee, ormai in secondo piano rispetto allo strapotere africano: “La federazione francese ha più di 100 allenatori distaccati e pagati dal ministero della Pubblica Istruzione, i britannici hanno sfruttato al meglio la spinta ed i fondi stanziati per l'Olimpiade di Londra, gli Stati Uniti hanno ancora il loro punto di forza nel sistema scolastico. Noi dobbiamo fare un passo indietro, ripensare il lavoro di programmazione a lungo termine, mettere insieme i migliori perché si stimolino a vicenda in un luogo adatto”.
Ma noi italiani non dobbiamo neanche lamentarci troppo: “Abbiamo il campione europeo Meucci e Lalli, che penso possa fare buone cose sulla maratona. E poi le donne, anziane forse, ma veloci. Certo, ci vorrebbe qualche giovane in più”.
E a questo proposito ecco i “nuovi italiani”: “Stanno arrivando, siamo solo alla seconda generazione, la Francia è già alla terza. Ma c'è pure un fenomeno nuovo, quello degli italiani che vanno a studiare negli Stati Uniti, dove è decisamente più facile conciliare scuola e sport. Sono già una dozzina. Luca Cacopardo ad esempio è al Mit di Boston, Jacopo Spanò, il velocista, a Washington. Questa estate almeno 5 nostri atleti che parteciperanno agli Europei juniores andranno a studiare oltre oceano”.
L’età per la maratona: “La maratona ce l'hai già dentro. Quando vidi alla televisione Bordin vincere all'Olimpiade di Seul avevo 17 anni, ma capii che quella sarebbe stata anche la mia strada. Corsi per anni in pista, ma sapevo che sarei finito su quella distanza”.
L’ultima considerazione, amara, per l’ingiusto coinvolgimento nel caso Schwazer: “Sono stato convocato due volte, la prima a Firenze e poi a Bolzano. Ero stato chiamato come testimone e la stampa mi ha trattato come fossi imputato. No, non è stato affatto piacevole e ho letto falsità e sospetti lanciati a caso. Potrei anche adire alle vie legali, ma per il lavoro che sto facendo preferisco stare zitto per il bene dell'atletica leggera e del ruolo che ho nei confronti dei giovani”.
Grazie Stefano, campione anche quando non corre!