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Pedrazzan Emilia

L’impresa recente della Pomì Casalmaggiore, riporta alla mente il primo grande successo sportivo di una squadra della nostra provincia cremonese, un successo che risale a quasi un secolo fa, quando lo sport femminile era proprio agli albori e nell’atletica parlava quasi esclusivamente il dialetto soresinese grazie a quel trascinatore e forgiatore di talenti che fu Giuseppe Mazzolari.

Erano tempi da pionieri, in cui non era facile convincere una ragazza ad indossare scarpette, maglietta e calzoncini corti per mettersi a correre in pista o a frequentare una pedana in un campo di atletica. Lo sport in senso moderno, nato da qualche decennio soltanto, era cosa da uomini: vedere una ragazza sgambettare in uno stadio non era certo edificante e così, a parte qualche emancipata avventurosa, soprattutto inglese, era difficile che una ragazza s’avvicinasse alla pratica sportiva. Dopo la prima guerra mondiale qualcosa cominciò a cambiare. In casa nostra fu soprattutto Soresina a registrare una vera e proprie esplosione dello sport. Emilia Pedrazzani, una ragazzina minuta, bassa di statura, ma dalle gambe forti e muscolose, s’era presentata un giorno alla corte di Mazzolari che non esitò un attimo a metterla in pista.
Era nata a Castelleone nel 1907. A Soresina andava ogni giorno: lavorava in una filanda e quel lungo tratto di strada tra i campi era quasi sempre costretta a farselo a piedi, andata e ritorno. Una quindicina di chilometri che spesso, per vincere la solitudine e, magari, un po’ di paura quando, d’inverno, tornava a casa al buio, prendeva d’infilata, tutti di corsa. Un buon allenamento, per quei tempi, che le diede una resistenza ineguagliabile e le consentì immediatamente di tener testa a tutti i maschietti della sua età. Aveva 17 anni quando Mazzolari decise di tastarne le possibilità sulla distanza dei 400 metri e il debutto fu all’Arena di Milano. Si trovò subito, nella corsia a fianco, un personaggio da far tremare i polsi: Amelia Schenone, la primatista italiana del giro di pista. Emilia guardò con un pizzico d’invidia la più famosa atleta italiana del tempo che la sovrastava d’una ventina di centimetri al meno. La vide schizzare come una freccia allo sparo dello starter, ma il suo enorme coraggio la sostenne: ebbe l’ardire di inseguirla passo dopo passo. Fino a metà dell’ultima curva, non mollò un solo metro: le diede, anzi, qualche preoccupazione, poi cedette quando le gambe divennero di piombo, ma la tenne in corsa una forza di volontà straripante sicché, sul traguardo, solo un paio d’altre avversarie riuscirono a sorpassarla; un buon risultato, comunque, perché i 400 metri sono forse la gara più difficile da amministrare soprattutto per un’esordiente. 

L’anno seguente, dopo un pesante tirocinio, soprattutto tecnico e tattico (Mazzolari l’aveva avviata anche agli ostacoli) ebbe la soddisfazione di salire due volte sul podio ai campionati italiani. Nei 400 metri con Schenone ormai in leggero disarmo e presente solo nella staffetta con le compagne della Forza e Coraggio, fu terza, alle spalle di Bruna Pizzini e Rosa Biaggi in un tempo intorno ad 1’11’’. Negli 80 ad ostacoli, addirittura seconda, sempre dietro a Pizzini, ma davanti ad una sorprendente tredicenne, che vestiva una maglia che le arrivava alle ginocchia e dei suoi stessi colori: Leandrina Bulzacchi, ultima scoperta di Mazzolari che l’aveva scovata all’Oratorio di Soresina. Pedrazzani, in quei campionati, si cimentò anche nel getto del peso che a quei tempi, per le donne, si disputava ancora a due braccia: tre lanci con la destra e altrettanti con la sinistra e la classifica si faceva sommando la migliore prestazione ottenuta con ciascun braccio. Si classificò quinta. Mazzolari rivide però le sue convinzioni sull’eclettismo in atletica quando si accorse che il futuro di Emilia, come del resto quello della giovane Leandrina, stava proprio nel mezzofondo, così le due ragazze si dedicarono ben presto, ed esclusivamente, alla corsa prolungata. Cresceva, con loro, anche l’esperienza del Maestro che divenne, in breve, uno dei “santoni” e fu tra i primi a riconoscere l’importanza della preparazione invernale e dei cross in vista degli impegni estivi in pista.

Il 6 marzo 1926 le soresinesi erano al via a Milano: 800 metri inframmezzati da due siepi nello scenario dell’Ippodromo di San Siro. Emilia e Leandrina fecero valere il loro pur breve passato da ostacoliste e non si lasciarono chiudere nella morsa di una quindicina di atlete della Forza e Coraggio, La straordinaria forza fisica di Pedrazzani permise alla ragazza di Castelleone di mettere in fila il meglio del mezzofondo italiano: Pizzini e Schenone finirono alle sue spalle e, appena dietro, spuntava Bulzacchi.

Le due ragazze furono subito in pista durante le settimane seguenti. Vinsero parecchio, ma il loro obiettivo era il campionato italiano e soprattutto la ventilata possibilità di partecipare ai Giochi mondiali femminili in programma a Goteborg, la prima occasione in cui lo sport femminile avrebbe goduto di una rassegna tutta sua. L’8 agosto, sulla pista di Dalmine, Pedrazzani ed altre quattro riuscirono a varcare i limiti che la federazione aveva posto, ma fu impresa inutile perché, al momento di partire, la neonata Federazione dello sport femminile s’accorse di non avere una lira in cassa e le cinque ragazze rimasero a casa. Un mese più tardi, sempre a Dalmine la Pedrazzani, dopo la maglia tricolore conquistata nella campestre, si prese anche quella degli 800 metri in pista (in 2’39”1/5) battendo per la seconda volta il mito della Schenone che, nel frattempo, aveva battuto in modo rocambolesco il record mondiale dei 1500, In chiusura di manifestazione, Emilia riuscì anche a trascinare le sue compagne alla vittoria nella staffetta 4x250 battendo la Forza e Coraggio.

Alla fine del 1926 Pedrazzani figurava prima tra le juniores nei 400, prima in assoluto sugli 800, seconda negli 80 ostacoli ove a precederla era un altro talento soresinese, Ornella Galli, una meteora durata solo un paio di stagioni. 
Il 1927 iniziò con il solito campionato di campestre: distanza ridotta a 700 metri e siepi abbassate di 20 centimetri per limitare la straripante potenza della ragazza castelleonese a favore delle milanesi che furono comunque sconfitte, ma solo in volata. Emilia si muoveva in un mondo, quello dell’atletica, diverso dal suo: operaia in filanda, trovava a fatica il tempo per allenarsi. Attorno, invece, una generazione intera di ragazze benestanti e istruite, quasi tutte universitarie, che facevano dello sport un hobby estemporaneo, che giocavano a basket e praticavano scherma ed equitazione e quando visse l’esperienza di un raduno collegiale in vista dell’incontro Italia‐Francia, fu il suo entusiasmo a tenere alto il morale di tutte, abbattute da una settimana di allenamenti ed orari prefissati, di sacrifici cui non erano abituate. In pista, trovò un’avversaria formidabile, la Jolly, ma un improvviso malore rischiò di costringerla a dichiarare forfait, ma per nulla al mondo avrebbe rinunciato alla maglia azzurra, sicché dovette accontentarsi di contrastare la francese, ma senza riuscire a batterla. Nella campestre tricolore dovette cedere lo scettro, complice un infortunio al ginocchio, ma lo fece con gioia perché davanti e dietro a lei c’erano soltanto maglie della sua società: Vinse Bulzacchi davanti a Pedrazzani, Pedrini, poi Eralda e Leonilda Bacchetti: un trionfo per il maestro Mazzolari che quel giorno accarezzò l’idea di tentare la carta del record mondiale della staffetta 3x800, gara che, allora, andava di moda. Il record apparteneva alla Cecoslovacchia dal 9 ottobre del ’27 col tempo di 8’46”3 e, secondo Mazzolari era superabile dalle sue ragazze. Dopo aver provato sull’anello un po’ sconnesso della pista di Soresina, ove tra l’altro avevano appena ottenuto il record italiano nella staffetta olimpica (100+100+200+800) portò le sue atlete all’Arena di Milano il 18 giugno in una giornata calda, ma priva di vento. Sistemò in prima frazione la giovanissima Caterina Pedrini che con un buon 2’52”3/5 già dava un leggero vantaggio sulla tabella del record, poi Bulzacchi diede uno scossone violento a quel primato segnando 2’45” e Pedrazzani completò l’opera portando il tempo totale a 8’20”3/5. Il primato rimase a Soresina per tre mesi soltanto: fu superato dallo SC Charlottenburg, ma rimase il punto più alto mai raggiunto dallo sport femminile cremonese. 

Il ritratto
Emilia Pedrazzani 
Emilia Pedrazzani, nata a Castelleone nel 1907, è stata uno dei punti di forza della squadra femminile dell’Unione Sportiva Soresinese che nella seconda metà degli anni Venti fu protagonista del panorama atletico nazionale e internazionale. Pedrazzani vinse diverse prestigiose gare - fra le quali la campestre corsa all’ippodromo di San Siro nel 1926 - e fece parte della staffetta che stabilì il primato mondiale della 3x800 metri nel ‘28. Non si qualificò per le Olimpiadi di Amsterdam a causa di un infortunio. 

Da Mondo Padano
http://www.mondopadano.it/stories/sport/11112_la_lunga_corsa_di_emilia/#.VXlXraY3iIE