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Arcelli Enrico Vigano Luigi foto Roberto Mandelli

Questa mattina ho “dovuto” presenziare alle esequie del prof. Arcelli. “Dovuto” in quanto il Prof è da me ritenuto (in campo sportivo) una delle persone (poche) per le quali il massimo rispetto è un assoluto dovere. In ciò sono stato aiutato dalla opportuna scelta del Comitato Regionale che ha rimandato a data da destinarsi una riunione tra società lombarde interessate al calendario di cross.


Sono arrivato puntuale eppure la chiesa di S. Ambrogio a Varese era già stipata all’inverosimile, con gente fuori sul sagrato protetta dall’ombra di alcuni alberi.

In qualche modo mi sono intrufolato e ho trovato un posto in piedi tra una colonna ed una balaustra di un altarino secondario.

L’Officiante chiede lo scambio di un gesto di pace. Braccia che si incrociano, mani che si stringono e, poco avanti il mio posto in piedi, due “ragazzi” un poco grigi si scambiano il 5. Sorridono. Sono certamente amici. Amici che non sanno “uscire” dal contesto nel quale la dipartita del Prof li ha costretti: quello dello sport. E questo gesto assume contorni di rara bellezza e profondità umana. Per essere più vicini al Prof ed al mondo che la sua vita ha attraversato, si sono allontanati dall’etichetta e dal bacchettonismo che, ancora, permea certe comunità, compresa quella sportiva.

Mi parte un embolo di pensiero laico e vaneggio: vedo, nella penombra della chiesa, una umanità bella anche se per la più parte grigia di chioma. Mi chiedo se, in un contesto dove lo spirito da sempre la fa da padrone, formulare pensieri che verificano la fisicità di una porzione di popolo non sia un altro atto blasfemo.

Ma subito mi vien da pensare al Prof e alla vita che ha speso nello studio di questa fisicità e qui, proprio qui, ho la prova che il Prof non ha lavorato invano poiché i suoi risultati sono già visibili nella vita comune di una popolazione attiva, dopo che lampi geniali hanno illuminato il suo sapere sportivo.

In un precedente scritto Lorenzini ha lucidato le medaglie del Prof. Forse perchè senza attestati ufficiali, ne ha lasciate fuori due: quella dell’umiltà e quella della modestia. Ai suoi pari, a chi (forse) ne sapeva più di lui, Arcelli presentava (anzi raccontava )i suoi studi come cose normali epperò li rendeva comprensibili anche agli asini. Dirò di più: anche agli asini che credono di essere puledri.

Aldilà del vuoto fisico che il tempo provvederà a riempire (c’est la vie….) il Prof ci lascia un’eredità molto difficile da portare avanti. Ci lascia molti saperi che dovranno essere rielaborati alla luce dei continui progressi della scienza ma, soprattutto, divulgati con umiltà e modestia, come faceva lui. Qui sta il problema.

Comunque, caro Prof, la terra si tenga pure il suo giusto peso. A te sia lieve il passo. Questo sì, per camminare ancora insieme.