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Vaccina Tommaso campione del mondo Zermatt Marathon 2015

Cari Amici Podisti, se dicessi che vincendo il Mondiale di corsa in montagna ho realizzato un sogno mentirei: non l’ho mai immaginato, non ho mai aspirato a tanto. Ho iniziato a correre quotidianamente quando a 19 anni tanti miei coetanei smettevano, e quanti atleti di talento ho conosciuto che, rispetto alle mie caratteristiche, avevano qualcosa in più. Su di loro magari avrei scommesso, non su di me.


Ad una maratona alpina come quella di Zermatt bisogna arrivare preparati fisicamente, ma una certa tranquillità ci vuole per non pensare a quanta strada e dislivello bisogna percorrere, così in partenza non guardo il ritmo dei primi e mi concentro sulle mie sensazioni. I chilometri passano velocemente e al 10° km sono circa quindicesimo, nei tratti tecnici sono prudente, non salto alcun ristoro e all’ingresso di Zermatt che segna la metà gara mi avvicino al 10° posto. Arriva la prima salita vera, ma corribile, che porta a Sunegga, circa 8 km di ascesa continua e provo a forzare il ritmo, superando diversi atleti che inizialmente erano nel gruppo di testa.

Il dubbio è di spendere troppe energie, ma la salita si addice alle mie caratteristiche e decido di insistere. Sento la sete mentre supero lo sloveno Matja Kosovelj, campione del mondo 2013, e quando raggiungo l’amico Massimo Mei, che sta facendo una ottima gara, siamo quasi in cima. Al km 28 sono così suonato che, senza accorgermi, mi rovescio in testa un bicchiere di coca cola, qualcuno al ristoro se la ride e come dargli torto! Quando si inizia a scollinare sono quarto e l’amico di sempre Tito Tiberti, emozionato, mi dice che mi precede un keniano a 1 minuto circa.

Penso che arrivare quarto sarebbe già qualcosa di notevole e so che i due atleti africani nella lunga discesa che porta a Riffelalp metteranno le ali ai piedi. C’è davanti anche lo statunitense Andy Wacker, che arrivò terzo in Colorado con una gara coraggiosa di testa… come posso puntare al podio? Sono ancora prudente in discesa, ma dove posso mi lascio andare, sono passate le 2 ore di gara e siamo costantemente sopra ai 2000 metri di quota. Poi in fondo alla discesa con stupore intravedo il keniano, evidentemente in difficoltà e penso al finale che mi aspetta: 3 km circa di rampa finale fino ai 2700 metri di quota, del tutto paragonabile alla mia gara preferita, la corsa al monte Faudo. Ultimo ristoro e inizio a credere nel podio quando passo l’atleta africano, ma non è finita; osservo i tornanti finali senza alberi e arriva la sorpresa più grande: il fuoriclasse keniano Paul Maticha, detentore del record in questa maratona, non ha più energie e a malapena riesce a correre! Quando gradualmente mi avvicino scorgo anche l’americano più avanti, ma sofferente. Mi dico che bisogna crederci e soffrire, ma allo stesso tempo restare calmo e concentrato: affianco lo statunitense al km 41 e non mi volto più, incontrando il tifo dei miei compagni Gigio Siguard e Stefano Pitto, venuti da Genova.

Arrivo pieno di gioia, una soddisfazione impagabile.

Incontro mio padre, Anna e i suoi genitori, Giorgio e Fabrizio Anselmo commosso.

Penso a mio padre, quando tanti anni fa venne a vedere sotto la pioggia la mia prima Stramilano, giunsi circa duecentesimo e pensai seriamente di cambiare sport perché non mi sentivo adatto a sopportare tutta questa fatica.

Poco dopo arriva l’atleta americano e al terzo posto il giovane e promettente Francesco Puppi che alla prima maglia azzurra è già sul podio! Siamo una grande squadra, lo conferma Massimo Mei al 5° posto e Gerd con Rambaldini poco distanti, facile capire che abbiamo conquistato l’oro a squadre.

Mentre svolgo le pratiche dei controlli antidoping, inizio a sentire entusiasta amici e parenti, informo Gigi Tettamanzi che non può già sapere il risultato, ma la voce sta girando più veloce del previsto e molti mi anticipano con messaggi e chiamate incredule.

Mi informano dello splendido terzo posto di Catherine Bertone, nonostante un’infiammazione al ginocchio, e quando salgo sul podio delle premiazioni e suona l’inno di Mameli cerco negli occhi delle persone care, amici e parenti, compagni di squadra e di fatica, la soddisfazione di essere italiani e di festeggiare insieme.

Sono passati due giorni dalla vittoria di Zermatt e prendo coscienza che a 35 anni vincere un titolo mondiale ha un sapore speciale, ora che non sono così giovane da montarmi la testa e la mia vita da “non professionista” sa regalarmi ancora grandi soddisfazioni.

Un pensiero va al Professor Enrico Arcelli, che ho conosciuto di persona l’anno scorso, perché ha saputo insegnare con i suoi scritti la fisiologia dell’allenamento e dell’alimentazione: in questo successo tutto italiano Lui è presente!