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Bonesini Daniele 2014 foto Roberto Mandelli

Era il dicembre 2012. Tutta Italia era incollata alla tv per godersi l’arrivo trionfale di Andrea Lalli ai Campionati Europei di Cross di Bupadest ed uno scoppiettante Alfio Giomi, appena eletto presidente della Fidal, interveniva in diretta ai microfoni Rai per sottolineare “... che questo risultato è frutto dell’aria nuova che il movimento sta già respirando dopo il nostro insediamento...”. Insomma, forse esagerava volutamente, ma voleva dare fiducia ad un movimento in crisi da diversi anni e portare un tocco di positività, che in questi casi non guasta mai ma anzi potrebbe divenire il valore aggiunto all’iniziativa imprenditoriale. Evvai, Lalli Campione d’Europa! Un ottimo punto di partenza per questo nuovo mandato.

 

Quattro anni di lavoro, per riorganizzare una federazione, la Fidal, che stava poco alla volta morendo. Son passati meno di tre anni, ma, purtroppo, a quel momento di positività non è seguita la “svolta” che tutti noi attendavamo. Alle parole proferite in campagna elettorale non sono seguiti i fatti. O meglio sono seguiti tanti fatti ma confusi, cambi di rotta, vere e proprie inversioni ad U su come risollevare il movimento. A sottolineare questa pochezza di idee è stato lo stesso Giomi ieri, in conferenza stampa a Pechino quando, assumendosi tutte le responsabilità, anticipava quelle che potrebbero essere le prossime azioni da intraprendere: “... tornare ai raduni collegiali, investire nella ricerca su aspetti medici e biomeccanici, confrontarsi con altre nazioni, quali il Canada, che a Pechino han fatto bene, e confrontarsi con altre federazioni quali il nuoto azzurro che riesce a fare tutto bene...”.

 

Ma come? Dopo tre anni ci dice che tutto quello che è stato fatto sino ad ora era sbagliato? Ennesima inversione ad U che ci fa capire che non si avevano idee chiare in testa ma che soprattutto non le si hanno nemmeno ora?

 

Ecco, il mio “urlo di dolore” quest’oggi non è per l’assenza di medaglie vinte, o per il peggior risultato degli azzurri da quando esiste la rassegna mondiale. Il mio sdegno è per la non professionalità di quest’uomo, Alfio Giomi, e quest’oggi vorrei puntare il dito non tanto sui risultati non ottenuti o sulla programmazione confusionaria della Fidal, ma piuttosto sulla non professionalità dimostrata quest’oggi in conferenza stampa. Sarà che da sempre lavoro nel privato e non nel pubblico, ma vorrei tanto ipoteticamente “migrare” il dirigente Alfio Giomi in un’azienda a capitali privati anziché a “ripianamento statale” come quella in cui lui oggi lavora.

 

Ebbene Giomi è per la Fidal la massima carica, l’amministratore delegato di questa azienda, ed è colui che soltanto tre anni fa aveva presentato il suo “business plan” agli azionisti (noi elettori) indicando le azioni da intraprendere per il rilancio del movimento ed ottenendone la fiducia. Lo stesso business plan fu presentato anche al Coni, che per la Fidal funge da banca (sto semplicizzando, ovviamente) elargendo trasferimenti di fondi necessari per la realizzazione del progetto. Il Coni aveva creduto in Alfio Giomi a tal punto che per l’anno in corso aveva previsto anche un aumento di questi trasferimenti. Non contento il nostro presidente nell’ultimo anno aveva pensato bene di chiedere uno “sforzo” anche ai suoi azionisti (noi tesserati) aumentando le tasse di affiliazione delle società e degli atleti del 30% al fine di avere ulteriore liquidità da investire nel suo progetto. I soldi quindi c’erano. Forse pochi? Può darsi, ma sempre di più rispetto al passato. Ebbene, vedere il nostro amministratore delegato in conferenza stampa sottolineare che la responsabilità del fallimento fosse tutta sua e solo sua mi aveva reso fiero di lui. Il suo silenzio nei primi sette giorni della rassegna mondiale era stato per me quasi imbarazzante: l’avevo conosciuto guascone, allegro e positivo in quella fredda domenica ungherese. Vai che bello si dimette, pensavo dentro di me, fa mea culpa, capisce che il suo progetto era sbagliato, si dimette e lascia spazio ad altri. Ed invece… Ed invece ha ritenuto che questa fosse l’occasione per palesare la sua ricandidatura a Presidente per le elezioni di fine 2016. Ma come, Alfio? (ti do del tu perché in atletica siamo tutti una grande famiglia). Non ti eri mica presentato in campagna elettorale sottolineando che avresti governato per un solo mandato, giusto il tempo di dare le direttive per la ripresa, e che poi avresti lasciato spazio ai giovani? Adesso fai mea culpa, ci dici che le tue direttive erano sbagliate, e ti ricandidi? Ma con che coraggio? Ecco, questo è il mio sdegno. La non professionalità di quest’uomo è imbarazzante. Io sono un semplice appassionato di atletica, non intendo suggerire soluzioni profetiche per il rilancio di questo sport.

 

Ognuno di noi leggendo sui vari forum, sui siti di atletica, sulla carta stampata si sarà fatto una sua opinione: c’è chi sostiene che i GSM (gruppi sportivi militari) siano la rovina del nostro movimento altri invece dicono che senza di questi l’atletica professionistica non ci sarebbe; altri propongono leggi che favoriscano l’investimento di capitali privati; altri ancora dicono che bisognerebbe reintrodurre i responsabili di settore mentre altri preferirebbero gli advisor esteri; altri dicono che bisognerebbe che gli atleti si allenassero in sedute collegiali presso strutture federali, mentre altri sostengono che dovrebbero restare a casa con i loro allenatori.

Insomma, io non ho la ricetta vincente, ed è per questo che delego ad un amministratore il potere di decidere per me cosa possa esser meglio. Quello che però manca agli azionisti oggi (tutti noi) è la possibilità di sfiduciare l’amministratore Alfio Giomi, di mandarlo a casa, per lo scarso rendimento. Sarebbe bello che anche i dirigenti Fidal potessero venir “giudicati” con target/obiettivi misurabili, come avviene in tutte le aziende private. Invece oggi possono permettersi di restare in carica nonostante i danni arrecati.

Questo è quanto mi indigna. Permettetemi di fare un ultimo paragone con il mondo privato (quello dove gli azionisti se il loro amministratore delegato fa danni debbono ripianare i debiti con i propri averi).

Il nostro Giomi lo paragonerei, e me lo ricorda tanto, all’amministratore delegato in carica di Nokia ad inizio 2003 quando Apple presentava al mondo intero il primo Iphone. Ricordate le sue dichiarazioni? “Gli smartphone non prenderanno mai piede sul mercato, la gente non li comprerà mai”. Insomma, anche lui, come il nostro amministratore, non ne azzeccava una. Forse quest’ultimo, però non lavora più in Nokia da diverso tempo…