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paolo brambilla etna2016Vimercate, giovedì pomeriggio. Ricapitoliamo: sacca per il cambio a quota 3000 pronta con pile, guanti e cappello; sacca per il cancello delle 5 ore a Piano Provenzano, quota 1800, pronta con maglia a maniche lunghe, antivento e scorta di gel per l’ultimo tratto di 10 km sul vulcano; sacca per la partenza pronta. Veloce check: doppia maglia per la partenza perché se non corro con due maglie mi viene lo squaraus, c’è; calzoncini corti con tasca per mettere due dei quattro gel programmati ogni otto chilometri, ci sono; porta pettorale e occhiali appena acquistati, ci sono; scarpe, ci sono; calzini corti e lunghi, ci sono; cappello con visiera, c’è; cerotto di carta per i capezzoli, c’è; pastiglie per il mal di testa e per la dissenteria, ci sono; marsupio per il telefono, fondamentale per le foto e per le emergenze, c’è! Ok, tutto in regola, aggiungo pochi vestiti, spazzolino, crema solare per le attività collaterali alla gara e la valigia si può chiudere e si chiude miracolosamente con una discreta facilità.

Sono veramente molto preoccupato, forse questa volta l’ho fatta fuori dalla tazza quando ho deciso di partecipare alla super maratona dell’Etna, 43 km con 2850 metri di dislivello. Si parte dal mare, che è estate, si passa da Piano Provenzano che è autunno per arrivare sull’Etna, all’osservatorio, che è inverno e il tutto portandomi dietro una bella tartaruga ribaltata di ben 85 kg abbondanti perché l’obbiettivo “riduzione di peso target k80” prefissato nei mesi di allenamento è miseramente fallito vinto da abbondanti piatti di pasta e pane resi ancor più appetitosi dalla fatica delle uscite costanti.

Il progetto è nato da Cristina e Maria, un anno fa, dopo aver corso la Sarnico Lovere,  quando, seduti al ristorante nel post corsa e forse sotto i fumi dell’alcol e dell’adrenalina, si erano lanciate vicendevolmente una sfida alzando di molto l’asticella: “perché non fare la supermaratona dell’Etna?” Una scintilla in un bosco secco alimentata del vento soffiato da Mario che l’aveva già fatta nel 2013 e ne aveva elogiato la bellezza e minimizzato, come suo solito fare, lo sforzo fisico necessario per affrontarla positivamente. “Un’idea un concetto un’idea, finchè resta un’idea è soltanto astrazione…”, ma una semplice idea si può trasformare in un tormentone, da tormentone a convinzione e da astrazione, grazie alla perfetta macchina organizzatrice messa in moto da Maria, Cristina e Daniela, in realtà definita in tutti i suoi più piccoli particolari.

Nonostante i buoni propositi, l’allenamento è stato costante e di discreto livello, il numero di salite e di lunghi programmati sulla carta sono rimasti per la maggior parte un’idea, un’astrazione!

I mesi sono volati e in un baleno e il gruppo dei “friends fo run”, così ci chiamiamo su WhatsApp, composto da corridori che scherzosamente si definiscono “TROP” in  assonanza ai “TOP” (“TOP run” …. sono quelli seri che vanno forte, che usano le tabelle mentre i “TROP run” sono una razza strana, scrivono tabelle che non rispetteranno mai, concepiscono diete che non seguiranno.… sono TROP e ognuno al trop ci attacca l’aggettivo che vuole, che più lo rappresenta o che preferisce Tropposimpatici-troppobelli-troppomantti), è pronto per partire.

Il gruppo in formazione sparsa vola in Sicilia, destinazione Catania: chi da Linate, chi da Orio al Serio e chi da Malpensa per poi ricompattarsi intorno ad una tavola imbandita per un pranzo fugace consono, forse, al corridore con: antipasti misti siciliani, un bis di pasta, alla norma e pesce spada, da consumarsi all’agriturismo di Fontanafredda scelto come base logistica.

La giornata pre gara passa veloce, la tensione è nei volti, non di tutti, di certo sul mio. Sveglia alle 6 dopo una notte insonne passata per buona parte sulla tazza; per fortuna le pastiglie di Dissenten, fornite dallo spacciatore di fiducia, hanno fatto il loro lavoro. Mi sento un po’ piatto e ci vorrebbe un limone, ma posso partire, anzi, devo partire con una domanda ricorrente che mi turbina nel cervello: “chissà se ce la farò?” e guardando l’Etna che si staglia solitario nel cielo azzurro “ma quanto è lontano!”. Mi sento tremendamente in colpa per aver rotto le balle per tutta notte a Maria e Massimo che mi avevano ospitato e sopportato nel loro appartamento nella stanza dei ragazzi, Alessio e Filippo, ma purtroppo non avevo alternativa perchè la stanza da bagno confinava con entrambe le stanze e, come dice il famoso detto Brianzolo “Al Cor e al Cul non si comanda”.

A colazione incrocio gli sguardi degli altri corridori e la tensione è palpabile nei nostri sguardi. Maria e Cristina hanno passato anche loro una notte un po’ insonne, Isa è tesa, Paolo, Mario, Odo e Massimo sono invece apparentemente tranquilli. I più tranquilli sono Gino e Daniela, loro correranno con noi solo i primi due chilometri e poi ci seguiranno con un gruppo di supporter fino al primo cancello, a 1800 metri, pari alla quota massima negoziata da Gino con il cardiologo; in realtà, a dirla tutta, Gino è tranquillo, ma nell’area pelvica c’è un evidente giramento perchè ci teneva all’avventura, ma il cuore, un mese fa, ha fatto il matto e questa corsa non la può proprio fare, ma sarà presente sulla linea dello start a dimostrazione di un grande cuore e tanta, tanta determinazione: sull’Etna ci saranno anche loro.

A colazione mi presento con una faccia da paura e ci incoraggiamo a vicenda. Massimo mi sprona a star tranquillo, Paolo mi assicura che starà con noi e assicura compagnia fino all’arrivo. Gino ci carica con grande simpatia, Mario minimizza la fatica spronando tutti a partire piano e risparmiare energie per il tratto sul vulcano ed anticipa a tutti che farà in volata i primi cinquecento metri per comparire sul video ufficiale della partenza. Cristina, da vera Highlander, correrà insieme a Odo mentre Maria starà con Massimo per arrivare insieme, mano nella mano, all’agognato traguardo.

Io penso nuovamente “ci vorrebbe un limone”!

Finita la colazione, allacciate le scarpe e indossato il pettorale, si parte in formazione compatta con tre auto. Ci accompagnano alla partenza anche Ilaria, Vinicio e Sabrina, per riportare alla base logistica le auto e per assistere al rituale della firma del tabellone, allo start e poter fare le foto di rito sia con la maglia bianca dei “friends for run”, disegnata da Massimo che, per questa avventura, ha anche sponsor importanti e sostiene il progetto di solidarietà, “corriamo con Pietro” “#run106pietro” dell’amico Roberto, sia con la maglia ufficiale delle proprie società, tra le quali spicca il colore verde della Polisportiva Di.Po.

Che gruppo, che organizzazione perfetta, veramente troppo, troppo TROP.

Pronti, partenza via si parte. Gruppo compatto per i primi due chilometri in compagnia di Gino e Daniela e che risate dopo cinquecento metri quando arriva Mario sudato come un cavallo, ma il viso sorridente e soddisfatto per essere partito a missile in prima fila con i campioni. Daniela incita amorevolmente Gino ad andar piano e al cartello dei due chilometri, Gino ci saluta e ci assicura supporto morale fino a Piano Provenzana.

Inizia da subito la salita e il team si sfilaccia in tre gruppi: il primo composto da me, Mario Isa e Paolo, il secondo dalla coppia Maria e Massimo e il terzo da Cristina e ODO e ognuno procede alla propria velocità. Salendo verso Linguaglossa vediamo passare l’auto guidata da Ilaria, con a bordo Rebecca, Elisa e Paolo, ci passano, suonano, incitano, scendono a far foto e poi ripartono per quota 1800, da veri cowboy affronteranno la salita del vulcano e ci aspetteranno al traguardo dopo una marcia di due ore e mezza. Lungo tutto il tragitto il secondo gruppo di supporter, capitanato da Gino e Vinicio con Sabrina, Paola, Ale, Fede, Alessio e Filippo, seguono il gruppo e Gino ci incita con il megafono. Sabrina invece scende più volte dall’auto scattando foto all’impazzata e correndo in continuazione avanti e indietro mentre Daniela tiene aggiornati i “social” per dare informazioni in tempo reale a chi è rimasto a casa. Vinicio guida cercando di non perdere Paola per strada.

La strada è una salita continua e il caldo, nella prima parte della corsa, è ben pressante. Io come sempre sudo copiosamente, ma l’esperienza della Monza Resegone è stata preziosa e mi idrato in continuazione, mangio a tutti i ristori, prendo il primo gel a Linguaglossa e, poi, con regolarità ogni otto chilometri.  Fino al venticinquesimo chilometro riesco a correre in formazione compatta con Mario e Paolo e Isa subito alle spalle. Poi i tornanti si fanno impegnativi e per correre non ce n'è più, il passo è sostenuto, ma non riesco a tenere il ritmo degli altri due che seguo a distanza con Isa sempre alle spalle. Passiamo tutti e tre il cancello a distanza di pochi minuti l’uno dall’altro e poco dopo Odo che, per metà gara, ha fatto compagnia a Cristina, Massimo e Maria.

Qualche imbecille nella notte si era divertito a spostare i cartelli chilometrici per cui segnavano una distanza, ben lontana da quella reale, di oltre un chilometro in meno e Cristina, purtroppo forviata dalla segnaletica, passato il trentesimo, che nella realtà era già ben oltre il trentunesimo, visto il cronometro ha deciso di mollare: se ci fosse stata la segnalazione giusta, ne sono certo, avrebbe sputato sangue, ma il cancello lo avrebbe sicuramente passato entro le cinque ore. Partita per lei sospesa con un conto aperto da saldare.

A Piano Provenzana mi fermo qualche minuto per massaggiarmi i polpacci che iniziano a dar segno di  crampi, non ho fretta, ho a disposizione tre ore per arrivare al traguardo entro il tempo massimo: mi cambio, mangio, bevo, mi prendo un gel e poi lascio il sacco a Daniela che lo porterà alla base e mi incammino a buon passo per gli ultimi dieci chilometri. Dopo il primo tornante sulla lava nera, in un contesto da fantascienza, vedo sventolare uno striscione tenuto da Gino e i ragazzi “ Yes, you can friends, you’ll never run alone”, bello! Foto e il primo chilometro sulla lava vola via pensando allo striscione.

Raggiungo Isa, che nel frattempo mi aveva superato: due veloci battute, gli passo un po’ di acqua e poi mi incammino al mio ritmo. Poco dopo Odo, con un passo decisamente più veloce del mio, mi supera e mi saluta aggiornandomi che anche Massimo e Maria sono in gara, Cristina è in forse, Mario e Paolo invece sono già passati e sono davanti.

I cartelli segnano chilometri che paiono infiniti, bisogna tenere duro e cerco di distrarmi guardando i panorami lunari dell’Etna facendo finta di non notare gli omini colorati che arrancano davanti a me lungo la pista sterrata che pare infinita.

L’aria si fa fresca, il vento asciuga e io, che sudo come un cinghiale in calore, ho la maglia asciutta. Seguendo i consigli e l’esperienza continuo a mangiare a tutti i ristori e a idratarmi con regolarità. Finalmente, dopo un ultima salita, il miraggio e nel nero luccica il cartello dell’ultimo chilometro: sono arrivato al 42! Mi fermo a fare una foto e mi accorgo che sotto la cenere c’è la neve! Stupendo! Mi ricordo che siamo quasi a quota tremila ….   Ultimo sforzo, c’è da scollinare l’ultima duna di lava e cenere e all’orizzonte finalmente si vede l’osservatorio e il portale arancione dell’arrivo arroccato sopra una ripida salita preceduta da un tratto di alcune centinaia di metri in piano e lieve discesa.

Nella presentazione della gara l’organizzatore aveva parlato di un arrivo in piano! L’orgoglio mi dice che bisogna arrivare correndo e il tratto in piano aiuta, ma poi c’è la salita … il cuore chiama, se corsa deve essere, corsa sarà! Raccolgo le ultime energie e inizio una timida corsa verso il traguardo ormai vicino.

Vedo il traguardo, sento le voci amiche di Mario, Paolo, Odo, Ilaria e i ragazzi che mi incitano … passo il traguardo e una gioia immensa mi invade, mi viene da piangere, gli occhiali da sole nascondono la pupilla lucida e quella lacrima solitaria che, nonostante gli sforzi, non sono riuscito a trattenere. Abbraccio tutti e poi mi allontano un attimo in solitudine per una sensazione di assoluto Floww. Mi asciugo anche se il vento lo ha già fatto per me, mi vesto pesante con gli indumenti della sacca per proteggermi dal freddo e dal vento pungente e con orgoglio recupero la mia maglia da Finisher e attendo i compagni.

In sequenza arriva Isa che nel passare il traguardo ha la faccia sorridente e commossa: abbraccio collettivo e restiamo sulla linea del traguardo ad attendere gli altri. Da lontano si vedono arrivare, mano nella mano, Maria e Massimo, grandissimi! Passato il traguardo incrocio gli occhi lucidi di Massimo e quelli ancor più lucidi di Maria. Grandi tutti! È fatta! Nulla sarà più come prima!