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casalinga disperataForse mancava la runner alla serie delle “Casalinghe disperate” (dico “forse” perché, al pari di tutte gli altri serial da Dallas in poi, non ne ho mai visti dieci minuti di nessuno). A colmare la lacuna ha provveduto “Francy”, di cui non conosciamo l’identità ma solo quello che traspare dalle 380 pagine del suo divertente romanzo Diario (casalingo e disperato) di un’aspirante runner (online su Facebook, e pure come e-book e in cartaceo): di origine emiliana, probabilmente reggiana, sposata con un romano o dintorni a comporre una “Famiglia Addams” con tanto di “Bestie di Satana” e almeno una “Princy” come figlia, dopo alcuni anni romani bastanti a colorirle l’eloquio soprattutto di toni – diciamo così – vivaci, si è trasferita in una “Quiet City” dell’Alto Adige (facciamo Bolzano) per lavoro. Periodicamente deve rendere visita ai suoceri laziali alias Rinco-Nonni, o deve esserne visitata: il che, ai disagi inevitabili, contrappone però la possibilità di una custodia dei figli e dunque di uscita per un allenamento podistico (una volta l’uscita, non solo sportiva, si protrae fino al giorno dopo, ma a quanto pare viene assorbita senza traumi; d’altronde il marito è citato una sola volta in tutto il libro). Più piacevoli le rimpatriate in casa dei genitori, perché vi si accoppiano sempre cibi succulenti, anziché le “polpette di cane” alias canederli della terra adottiva; e la frequenza di gare podistiche a prezzi ridicoli e con ristori extralusso, sebbene dalle organizzazioni alquanto alla buona.

La Casalinga (diciamo una volta per tutte che è un personaggio, e dunque le sue vicende potrebbero non coincidere con la realtà dell’autrice, e insomma non si sa mai…) ha amici un po’ in tutti questi territori: un collega d’ufficio quasi maniaco della corsa (va sempre al Giro del Resia) e soprannominato Perdente; un romano come Big Jim, che la aiuta a coltivare la nascente passione per la corsa, nella quale si trova coinvolto anche lui, teso alla raccolta punti per l’UTMB che lo fa diventare, da p. 316 in poi, un autentico “stronzo”. 

Non mancano amiche o colleghe di lavoro, generalmente guardate con invidia, a cominciare dall’amica d’infanzia, ma ora SGSS alias Super Gnocca e Super Sportiva, a cui CasDisp è costretta a guardare dall’alto dei troppi chili accumulati: perché è forse la voglia di rimettersi i vestiti di un tempo che induce la protagonista, dopo la vana frequentazione di palestre o simili luoghi per anziane obese, a correre, più spesso sola che male accompagnata (anche se Perdente sarebbe disposto a tutto, e riesce a farla partecipare a un Run 5.30). 

E se in età giovanile aveva al massimo corso la Vivicittà (12 km ma col pettorale dei 5 non comp), adesso Cas Disp, dopo aver studiato a fondo Albanesi – del quale ha paura: “il mio obiettivo primario: perdere peso! La dietista si accontenterebbe di altri 20 kg. Albanesi ne vorrebbe almeno 25 kg (al momento non risulto compatibile neanche con lo jogging per Albanesi)” - e un po’ anche Trabucchi, si fabbrica un suo Coach Immaginario (quello che i critici letterari raffinati chiamerebbero un Doppio),  che le pone degli obiettivi, poi glieli smonta, la sprona quando lei ripete il mantra NMVDFUC (non mi va di fare un…: segue la parola più frequente del libro); ma in fondo la aiuta, come in concreto fanno Perdente e Big Jim, e persino le più o meno amiche, con le quali CasDisp si fa uno Strongman Run vicino a casa, riuscendo a concluderlo malgrado i propositi di ritiro a metà (ma lo Strongman ha un effetto solo, sicuro: “ti cambia in peggio”). 

Ci sono gare ancor meno serie, come la Color Run di Trento e soprattutto il giro a tappe dell’Elba, “dove i muscoli più affaticati sono le mandibole”, e sulla cui disorganizzazione sono scritte le pagine più divertenti. Ma c’è anche l’esordio in maratonina a fine agosto 2014 nella notturna di Roma, finita “un po’” sopra le 2.15, e il progetto di tante corse, alcune delle quali sfumate (le mezze di Chia e del Tartufo reggiano, la Ronda Ghibellina, la Trans d’Havet…), ma altre portate a termine, come la Mezza di Riva del Garda in 2.19, la 15 km all’interno della Garda Marathon, e quelle vicino a Reggio, come la Chocolate Run di gennaio, e la Carrretera ed Rubera che però risulta non di 11-12 km ma di 9,88.

Ormai il pensiero della maratona ha invaso la mente di CasDisp, che se al suo primo “lunghissimo”, progettato di 28-30 km, si ferma dopo 21 e torna a casa (dove Perdente le faceva da baby sitter) in autostop, però all’ultimo minuto decide di correre la maratona di Reggio, che chiude in 5h 30 nonostante un ginocchio infortunato e un ristoro al 30° di lambrusco e ciccioli (ne ho usufruito anch’io, NdR). 

Adesso tocca ai trail: gliene va discretamente uno a Celano, anche  perché trova il pacer ideale in un settantenne che va prudente. Prende le misure alla Dolomity Sky Run dal lago Braies a Belluno, dove fa da supporto a Big Jim e addirittura corre un’ora con lui. Adesso tocca di mettersi in proprio, e per giocare in casa CasDisp sceglie “l’Eco-Morte del Ventasso”, luglio 2015, 2300 D+, contro il parere del Coach immaginario, ma facendosi sistemare le giunture da un osteopata, e meditando se usare le “calze a compressione”. Con o senza, la conclude, tra mosche e tafani (in effetti, popolazione ben acclimatata là), per accorgersi alla fine che non è un trail ma una ecomaratona.

Ma c’è tutto il tempo di rimediare, previa una salutare pausa non-podistica: dopo un progetto, pure abbandonato, di raggiungere a piedi la famiglia Addams in vacanza a Malcesine, CasDisp opta per il treno+bici. La vita è lunga e varia, e così finisce il racconto: “niente che non mi impedisca di pensare a nuove forme di allenamenti. Ho imparato la lezione. Più di un pettorale può la fantasia”.

Il libro forse è un po’ lunghino, e dopo un inizio brillante diventa un tantino ripetitivo, diciamo nello stile dell’iperbole tra Fantozzi e Crozza (e se il primo a tratti mi faceva ridere, il secondo neanche un po’). Forse anche l’ispessirsi degli errori di battitura è segno di stanchezza. Ma direi che nel finale migliori, e anzi la scrittura si faccia più omogenea e ‘matura’ (merito delle maratone?).

Irresistibili sono molte pagine, che qui riporto in una rapida antologia che non pregiudica ai curiosi di leggersi l’intera opera.

 

Ecco il “Minchia trail” (autogestito) del giugno 2014: 

Riscaldamento tranquillo, morale alto, spettro dell'incombente gara a tenermi compagnia, mi faccio coraggio e decido per il lungo con salita. Arrivo al 10° km senza problemi, con il mio passo lento, ma senza fatica e senza forzare. So che mi aspettano 2 km in leggera salita. Cerco di non calare e mi dico "Recuperi in salita camminando". Non riesco a tenere il ritmo, rallento.

Ho un pessimo rapporto con le fontane e peggio ancora con i ristori: li considero un momento di socializzazione, una pausa di relax che tendo ad allungare oltre il necessario. Se per riempire la borraccia e ripartire servono 20'' io posso metterci anche un minuto. Mi fermo, faccio due chiacchiere, saluto, domando che giro fanno, infine riparto. Questa cosa si ripete a ogni fontana o ristoro. Dovrei smetterla, ma il tapascione che è in me non resiste! In più non bevo: tracanno acqua come fossi nel deserto! Bevo troppo e troppo velocemente. Poi quel liquido me lo porto appreso mentre corro. Arrivo al 12° km e inizia la salita. Mi dico: "Rilassati, il più è fatto!". Drizzo la gobba, sciolgo le spalle e infilo una serie di sorpassi ai 90enni in passeggiata con il bastone. Me li saluto tutti con passi corti ma ritmo cadenzato. Arrivo alla mia "panchina preferita" dopo 200 mt di dislivello in salita. La guardo. Mi guarda. La saluto. Mi invita. Ringrazio ma rifiuto, oggi fingo di fare sul serio, non posso fermarmi a prendere il sole e a godere del panorama sulla città. Sarà per la prossima. Inizia la discesa, riprendo a galoppare, sempre piano, senza forzare e tengo la corsa fino davanti a casa dove fermo il Garmin a 17 km. Non sono morta, non sono infortunata ma soprattutto sono abbronzata.

 

Perfetta la descrizione di un tipo come tutti ne conosciamo:

Trepalle

Fate sempre molta attenzione quando vi capita di avere a che fare con un esemplare di TREPALLE. Dicesi TREPALLE l'atleta di qualsivoglia sport, che tendenzialmente non si allena o non cura l'allenamento in maniera precisa, puntuale e devota, ma riesce incredibilmente, in imprese impegnative, a volte con risultati migliori di atleti che svolgono regolare allenamento.

Esempi di TREPALLE:

"Non mi alleno mai" e fanno una maratona ogni weekend.

"Non vado mai in bici" e fanno la Maratona dels Dolomites.

"Non vado in montagna da secoli" e fanno il TOR?

"Non sono in forma" e vincono una 21 km incinta al 6° mese di gravidanza.

Ogni riferimento a cose o persone è REALE e testimoniabile!

Li sento spesso giustificarsi sostenendo di "vivere di rendita" da sport di endurance praticati in gioventù, anche se ora viaggiano tra i 40 e i 55 anni. Oltre ad invidiarli dal profondo del cu ... cuore per le loro capacità fisiche di poter affrontare sforzi (per me) enormi senza una preparazione specifica, li invidio per la leggerezza "mentale" con cui affrontano sgambate in montagna, maratone, giri in MTB.

Loro non si domandano mai se ce la faranno o no. Loro fanno. Tutto. Tali soggetti non hanno due belle palle ... bensì TRE palle! Da qui il nome TREPALLE. […]

Pare che lo spilungone con la bandana e il capello lungo abbia corso dal primo all’ultimo metro, fermandosi solo davanti alla porta del rifugio. Il suo amico, più o meno la stessa cosa, solo inizialmente ha cercato di aspettare il resto della compagnia, ma poi li ha abbandonati ed è corso a riprendere lo spilungone. Quando il resto del gruppo arriva, quasi un’ora più tardi, è comodamente seduto a fumare e dichiara: “Mi sono fatto un quartino di vino, spero nessuno si offenda.”

Visualizzo chiaramente la terza palla dello spilungone.

La sera a tavola lo osservo con attenzione: è alto, magro, magrissimo. Quando lo vedo camminare per strada o sedersi sembra un cinquantenne con seri problemi alle articolazioni perché cammina tutto storto, quasi deambula. Poi sul sentiero entra in “assetto” e quello che in strada mi sembrava una camminata zoppa, di colpo diventa la perfetta postura per correre in salita. Non mangia eccessivamente ma quanto a vino e fumo non si risparmia. 

 

E come Big Jim reduce da una Trans d’Havet annullata, ne conosciamo tanti!

Finalmente posso martellare di domande Big Jim che, interessato come se parlassi di taglio e cucito, mi sbadiglia a tutto spiano. All’apice del mio entusiasmo domando:

“E il sentiero delle 52 gallerie? Ti è piaciuto? “Big Jim “Quelle cazzo de gallerie demmerda!”

“Ma come? E’ un sentiero storico di grande importanza!”

Big Jim “Embè? Sempre gallerie demmerda sono!” e mi congeda aggiungendo “Non ho ancora fatto la doccia.Torno subito.”

I soci si svegliano dal sonnellino pomeridiano e passiamo il restante pomeriggio a parlare di corsa, trail, zaini, bastoncini,scarpe … intervallati da corsa, trail, zaini, bastoncini, scarpe.

Mi chiedono “Ma tu corri??”

“Io no!!”

Big Jim ride “Negare, sempre negare.”

Solo dopo un paio di ore ci presentiamo per nome “Piacere”,

“Piacere mio” .

Si congedano brevemente per un cambio d’abito prima della cena. Da una parte penso “Meno male che non escono con quelle magliette del T.E.T.T.E Trail” ma dall'altra spero non si vestano troppo eleganti, visto che sono in ciabatte e bermuda. Il calendario dice pur sempre che siamo a luglio! Entrano vestiti da corsa ed escono vestiti da corsa!

Guardo Big Jim e gli domando:

“Ma non hai una maglietta normale?”

Big Jim “Perché questa non è normale?”

“Nooo! Quella è una maglietta da correre, è in tessuto tecnico!”

Big Jim “Spetta qui, ti aggiusto io a te …” e torna in camera. Esce dopo due minuti, con la maglia di non so quale Eco Maratona: un chiaro esempio di sacchettarismo alla Albanesi.

“Nooo! Una maglia n-o-r-m-a-l-e, tipo una polo o comunque una maglia dove non compaiano le parole trail-maratonamezza- 12-10-8-km-eco”.

Big Jim “Ammazza quanto rompi …” e torna in camera. Esce dopo due minuti e con grande fierezza mi mostra una sgargiante maglia Kalenji!!

 

Correre con un maschio che ti fa l’andatura può essere pericoloso…

Mancano 3 km in leggera discesa.

Big Jim “Adesso aumentiamo.”

 “No, così va benissimo.”

Big Jim “Dai vai!”

Dopo 30 secondi

Big Jim “Dai vai!!”

Dopo 30 secondi

Big Jim “Dai vai!!”

Dopo N secondi esplodo.

“Bastaaaaa!!! Se ad ogni 30 secondi mi dici “Dai vai” a una media di 8’ al chilometro, per 15 chilometri fanno 240 inutili “Dai vai”! B-A-S-T-A, lasciami tranquilla.”

Big Jim “Più tranquilla di così … stai passeggiando, non sei per niente in affanno, possiamo recuperare ancora un paio di persone.”

“Che ne sai che sto passeggiando? Sono stanca.”

Big Jim “Non sei stanca!”

“Ma che ne sai tu, se io sono stanca o meno!?”

Big Jim “Si vede! Quell’anziano di prima? Si vede da come corre che è cotto, lesso, finito. Tu no, tu devi spingere!”

E come sempre, in tutte le gare, recito la frase di rito: “Se vuoi andare, vai!”

E per la seconda volta Big Jim si incazza. Ma stavolta alza la voce. E parte un inaspettato pippone.

Big Jim “Io non ti capisco … sei qui per correre, fallo! Sei qui per gareggiare, attacca, aggredisci, supera! No, tu fai una corsa ma senza stancarti, sempre in riserva. A cosa serve correre così? Non vuoi sapere quanto veloce puoi correre? Non vuoi vedere il cronometro cosa dice? Vatti a fare una passeggiata allora.”

“E’ già un miracolo che io corra. Albanesi mi avrebbe legato al gonfiabile della partenza pur di non farmi correre e tu vorresti addirittura che io provassi il brivido della competizione?”.

 

L’apice del “livello tapascioso” si tocca al Giro a Tappe dell’Elba (vi do solo uno stralcio dalla prima tappa):

Della gara non si capisce nulla. Quando chiediamo da dove partiremo ci dicono sul lungo mare. Quando faccio presente che il lungomare è lungo, rispondono "Quando è ora lo vedi da dove si parte!". Dobbiamo occupare due ore di tempo e ho adocchiato un bar …

Finito di banchettare ci avviciniamo alla zona di partenza e capiamo (per passaparola) che la non competitiva partirà alle 21:00, mentre alle 21.30 partiranno quelli della competitiva.

Serve il riscaldamento. Ero già mentalmente preparata, vista la pochezza della tappa e il percorso pianeggiante. Iniziamo a correre e resto subito indietro rispetto ad Anonymous e Perdente. Sono tranquilla, mi domando piuttosto a che km mi si riproporranno le cozze?

Perdente ricompare poco dopo, visibilmente allarmato "C'è una mega salita!"

Penso: evviva, un'ottima notizia!

Biglie impazzite munite di pettorali grigi e rossi si aggirano per il centro storico. In tutte le direzioni, con ogni passo, con qualsiasi maglia di qualsiasi gara in ogni angolo d'Italia! Lo speaker raduna i non competitivi, ci siamo, seguiamo la massa di ... anziani. Il target medio è decisamente alto, del resto chi può permettersi una settimana di vacanza a maggio con le scuole aperte!?.

Sul lungo mare si schierano: non competitivi TUTTI, competitive donne e competitivi over 60 (gli hanno fatto una categoria a parte ....). Allo sparo prendo paura! Per fortuna si spaventa anche il Garmin che aggancia il satellite in quel momento.

Partiamo in fondo, Anonymous mi fa notare che sono quart'ultima. Mi sprona, mi dice di tenere duro per mantenere la posizione in classifica generale! Non riesco, sono troppo veloci pure gli over 60, mollo di brutto e sono ultima. So che sarò ultima per poco tempo, so che li riprenderò in salita.

Peccato che la salita è meno di un cavalcavia, il solito Perdente ansioso! Comunque inizio a superare persone, ma non so chi siano. Ci sono pettorali di tutti i colori, runner in tutte le direzioni e non capisco se sbaglio percorso io o loro. Io seguo le freccine gialle ma non c'è nessun controllo e soprattutto quelli della competitiva si stanno scaldano e si mescolano con noi che corriamo! Non capisco niente, ma corro. Le luci all'ora del tramonto regalano scorci suggestivi, le case arroccate sono incantevoli, il profumo delle siepi di gelsomino e tiglio: non c'è nulla che non vada se non tentare di intuire il percorso giusto.

Dopo vari su e giù mi ritrovo sul lungo mare, alla partenza, inizio il secondo giro sempre circondata da ogni tipo di runner. Un tizio che si scalda con delle ripetute mi supera così velocemente che mi passa la voglia di correre. Per fortuna ritrovo angoli di paese tranquilli e mi accorgo che sto bene, che posso anche cercare di aumentare un po'.

Manca davvero poco al traguardo. Dove sarà il traguardo?domanda non scontata se parti da un punto qualsiasi del lungomare. Per fortuna mi viene incontro Anonymous che a sua volta ha mancato l'arrivo finendo direttamente al ristoro dopo aver iniziato un terzo giro. Mi guida al gonfiabile del traguardo dove il volontario è incapace di distinguere chi aveva già compiuto il primo giro, chi il secondo, chi il riscaldamento.

Un bel casino come prima tappa! 

 

Per finire, a contrasto, l’arrivo a Belluno dell’Ultra delle Dolomiti: organizzatissima, ma i partecipanti??

Vado subito dal cronometrista e chiedo quanti sono arrivati:

MENO DI 20 CONCORRENTI!!

Oh mio dio! Che succede? Perché non arriva nessuno? Sono cotti lessi? Il percorso li sta uccidendo? Cerco di controllare il panico e uno stuolo di mogli, amici e accompagnatori di ogni tipo, mi consolano: sono lì anche loro ad aspettare. Questi trail runners pare usino con molta parsimonia il cellulare, infatti nessuno ha notizie e quelli che le ricevono, sono inesatte. La signora Maria che viene da Gorizia e attende il marito, mi racconta che una ragazza ha ricevuto la chiamata del fratello “Tra un’ora sono lì”. Dopo due ore non si era ancora visto nessuno, così lei ha deciso di andarle incontro lungo l’ultimo tratto del percorso. Erano passate quattro ore e non c’erano più notizie ne di lei, né di lui ... Decido di mangiare, di fare un giro e vedere se la situazione si sblocca, se magicamente i partecipanti prendono ad arrivare uno dopo l’altro. Invece niente, torno dal cronometrista e sono arrivati altri 4-5 concorrenti. Mi siedo sulle panchine insieme ad altri pazienti accompagnatori. Trilla il telefono. Un raptus collettivo di mani che frugano nelle borse o nelle tasche dei pantaloni, finché la Sig.a Maria mi dice “Guarda che è il tuo telefono!”. Il mio??? Cazzo è Big Jim! Fingo un tono pacato e tranquillo.

CasDisp “Ciao! Come va?”

Big Jim “Una discreta merda! Sto al ponte di Costa Grande, mi mancano tipo 22 km.”

CasDisp “Ottimo!” mi viene da piangere a pensare alla seconda notte “Stai bene?”

Big Jim “Sì, sto bene ma ste cazzo de salite che avete in Dolomiti, ma quanto sono ripide? Non si corrono ne in salita, ne in discesa!”

CasDisp “Eh sì, le salite sono salite ...” mi tengo sul vago ma poi affondo il colpo “tra quanto pensi di arrivare?”Big Jim “Non so, sono 22 km FATTI TE I CONTI, io dico almeno 7-8 ore, non so, ora vado!”

Tuuu tuuuu tuuuu.

Pork! Come Cazzo faccio a farmi io i conti? Mentre impreco mi si avvicina una ragazza e mi dice “Lei è fortunata. L’ha chiamata ...”….
 Chiedo di nuovo quanti sono arrivati, ma le cifre sono sempre basse: 50 atleti.

Mi accomodo su una panchina e sonnecchio. C’è una ragazza particolarmente sulle spine: continua a fare avanti e indietro, si spinge oltre la curva dalla quale si avvistano i runners in arrivo. Fa da vedetta: appena ne scorge uno, inizia a battere la mani e a incitarlo. Sentendo il suo tifo in lontananza, si destano in cascata gli altri accompagnatori vicino alla curva, poi gli applausi riecheggiano fino ai cronometristi, che si preparano a registrare il pettorale, infine si rianimano i fotografi che chiedono un sorriso per l’ultimo scatto. Dopodiché tutti tornano a sonnecchiare, su sedie e panchine per 10-20 minuti, finché la vedetta non annuncia con il suo tifo, l’arrivo di un altro finisher. Allora di nuovo ci destiamo tutti, battiamo le mani, facciamo il tifo, ci alziamo per controllare chi sia il fortunato che potrà abbandonare la piazza e andarsene a letto!...

Sento di nuovo la vedetta battere la mani, a mia volta le batto, pigramente cerco di guardare tra le transenne il pettorale, senza bisogno di alzarmi.

Oh cazzo è lui, oh merda sta correndo e ha già passato il traguardo. Scatto dalla panchina, gli corro incontro. C a s D i s p “Aspetta, torna indietro che ti faccio la foto all’arrivo!”

Big Jim “Ehi ... ma sei qui?”

CasDisp “N’do Cazzo dovevo essere?”

Più che un abbraccio sembra mi si appoggi addosso e stavolta è veramente umidiccio e sporco.

Lo ricaccio sotto il gonfiabile per qualche foto.

Big Jim “Scusa volevo scriverti di più, mandarti dei messaggi,ma non so, il telefono era umido di sudore, il touch non funzionava. ”

CasDisp “Non preoccuparti, è andata bene così.”

Big Jim “Hai dovuto aspettare tanto ...” farfuglia frasi a caso e vaga senza sapere dove andare…

Nel pomeriggio era arrivato uno straccio di runner, lo avevano messo a riposo su una brandina, sotto il telo termico. Dopo un’ora la moglie con figlio piccolo lo incalzava perché si alzasse per tornare a casa. Ogni volta che provava ad alzarsi non trovava le forze. Finché lei le ha urlato dietro “Insomma vuoi alzarti? Guarda che io ho partorito e non ho fatto tutte queste storie!”.Per fortuna non sbrocca e sta bene. Ci ha impiegato il tempo previsto inizialmente, poco meno di 36 ore, ed è finito proprio a metà classifica, da dove avevamo preso il tempo. A mio avviso un’ottima prestazione anche considerando gli oltre 100 ritirati.

Qui siamo al realismo che più verghiano non si può… Bè, credo ne sappiate abbastanza: ora, se credete, in bocca a Francy!