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Semenya Caster 2009

 

"Io, quella che ha vinto, nemmeno la considero, per me non è una donna, e mi dispiace anche per le altre. Deve fare il test della femminilità? Era già successo con la Jelimo, ma intanto a questa gente fanno vincere medaglie. È inutile giocare con queste cose, e non è giusto". Così dichiarò, a proposito della vincitrice Caster Semenya, la nostra Elisa Cusma reduce dal sesto posto nella finale mondiale degli 800 a Berlino 2009, chiamando in causa anche la campionessa olimpica, sempre negli 800, di Pechino 2008, la keniana Pamela Jelimo. E ci fu chi tirò fuori la storia di una terza campionessa degli 800, la mozambicana Maria Mutola, olimpionica di Sidney 2000.

 

Ancora sulla Semenya, la primatista di maratona Paula Radcliffe dichiarò che in certe nazioni le condizioni di “iperandroginismo” (cioè di donne un po’ troppo… maschili) erano molto diffuse e i talent-scout sarebbero tentati di pescare in quei paraggi per vincere facile tra le donne.

 

Gli esami cui fu sottoposta la Semenya mostrarono una quantità di testosterone (l’ormone maschile che rinforza i muscoli e il sistema cardiocircolatorio) abnorme in una donna, però non provocato da doping (come invece pare fosse usuale in tante campionesse d’oltrecortina, dalle sorelle Press russe alle velociste polacche Kirszenstein e Klobukowska, alla saltatrice rumena Balas ecc., che sparirono tutte all’apparire dei primi controlli seri), ma ‘naturale’. Secondo voci mai confermate, la causa sarebbe la presenza dei testicoli (interni), che secernerebbero la sostanza; dunque Carsten sarebbe tecnicamente, e non per colpa sua, “pseudo-ermafrodita”. La Federazione internazionale la obbligò a cure per ridurre questi livelli, e poi la ammise alle olimpiadi di Londra 2012, dove nei “suoi” 800 si classificò seconda, ma dietro la russa Savineva in forte odore di doping. Dunque, virtualmente prima, e insomma campione uscente a Rio, dove – salvo imprevisti – la (la??) Semenya si presenta da favorita.

 

Nel frattempo, pare che la ragazza si sia sposata (o perlomeno fidanzata ufficialmente), con una donna, Violet Raseboya, sua compagna da tempo: bè, questo non prova niente, sennò dovremmo pensare male anche di insigni campionesse di anni passati, come Martina Navratilova, di cui si diceva che “gioca come un maschio” (come, non perché è…). E magari, visti i metodi in uso, arriveranno anche figli (ovviamente maschi), indifferentemente all’una o all’altra delle due coniugi.

 

Curioso che siano gli 800 a concentrare su di sé i sospetti di questo “genere”: a proposito, ora che le teorie sul “genere” prevalgono (ma pensare che in Italia le signore fanno talora le schifiltose quando gli spogliatoi post-maratona sono aperti ai maschi…), chissà se in un futuro più o meno lontano le gare saranno ‘open’, cioè senza distinzione tra “sessi” (come accade nelle corse dei cavalli…); oppure sarà istituita una ‘terza categoria’ diversa dalle due tradizionali. E avrà ragione Francesco De Gregori con la sua canzone del 1983, che sembra scritta apposta per una finale del salto in alto:

“Butterò questo mio enorme cuore tra le stelle - un giorno giuro che lo farò - e oltre l'azzurro della tenda nell'azzurro io volerò - quando la donna cannone d'oro e d'argento diventerà… - in faccia ai maligni e ai superbi il mio nome scintillerà - dalle porte della notte il giorno si bloccherà - un applauso del pubblico pagante lo sottolineerà…”.