Da quando la Rai si aggiudicò le Olimpiadi di Rio (dopo aver perso, anno dopo anno, tutto il calcio salvo l’insignificante Coppa Italia, per non dire di tennis e altri sport; ma senza mettere in cassa integrazione i cronisti e gli ‘esperti’ ormai in sovrappiù), cominciò a far circolare il tormentone “Lo sport è di tutti”; sottinteso: delle reti non criptate; tutti gli italiani hanno diritto di vedere (tutto?) lo sport senza pagare altro che il modesto canone allegato alla bolletta elettrica.
Per chi come il sottoscritto ha passato vari mesi in Germania, anche durante gli ultimi mondiali di calcio, si impone il confronto con le due reti statali tedesche, che hanno trasmesso in diretta e in chiaro TUTTE le partite dei mondiali, ma senza infilarci nemmeno uno spot in mezzo. Il canone basta.
Comunque, è difficile credere allo slogan della Rai, che si è appunto aggiudicata le Olimpiadi, ma forse per compensare ha deciso di ignorare tutti gli altri eventi sportivi che si disputano in questo mese. Anzi no: è rimasta la Coppa Italia di calcio, con la diretta di eventi fondamentali come Cagliari-Spal; ed è rimasta la diretta di un simil-palio di Siena svoltosi a Fermo.
Ma chi si aspettava, almeno dai Tg, informazioni su altre manifestazioni, e magari brevi filmati in base a quello che una volta si chiamava “diritto di cronaca”, ha aspettato invano l’annuncio della disputa, per esempio, della finale di Supercoppa Europa tra Real Madrid e Siviglia (era su Canale 5, non si cita!); oppure della gara di Champions League tra Sassuolo e Stella Rossa (era su Sky, guai!). Ripeto: è ovvio che se un canale tv si aggiudica l’esclusiva di una competizione, succede un po’ come a Podisti.net quando vuol fotografare una maratona già venduta a uno dei sempre più annaspanti siti fotografici; le dirette non si fanno, sul traguardo non vai, oppure solo per una percentuale minima, e così via.
Ma quel “diritto di cronaca” che è garantito dalla Costituzione in giù (talora impropriamente chiamato “dovere di cronaca”, quando si vogliono pubblicare i contenuti osé di telefonate tra vip), normalmente viene sfruttato (ad esempio nel campionato di calcio, la Rai una ventina di minuti dopo la conclusione delle partite di A ne trasmette le sintesi). Diritto sì, dovere no. Non è doveroso informare i pagatori solo del tuo canone che tra mezz’ora ci sarà un evento di rilevanza mondiale, se questo va su un’altra rete (“a che ora è la fine del mondo, che rete è?”, chiedeva una canzonetta).
Chiudo sull’argomento e passo alla sola Olimpia di Rai 2/57/58, per notare come le odiose reti concorrenti, ignorate e boicottate, rientrino però dalla finestra, divengano dei modelli da imitare per i cronisti Rai. Chi scrive ha un’età a causa della quale ricorda le telecronache di atletica, pugilato e rugby di Paolo Rosi (cui oggi è meritatamente intitolato uno degli storici impianti sportivi d’Italia); il calcio asciutto e non urlato da Carosio e Martellini (quest’ultimo molto inferiore, ma dignitoso finché riusciva a vedere i numeri dei giocatori)o da Ameri e dintorni; il ciclismo di Dezan padre, il tennis di Bellani, l’ippica di Giubilo…
Tutto si inquinò quando arrivarono la cosiddetta riforma Rai e le tv cosiddette libere: il “golasso” di Altafini per Tele Montecarlo, le urla di Piccinini (coi suoi “numero! Brivido! Non va!”) per Mediaset; il tè caldo di Caressa e il “non è finita!” di Compagnoni per Sky. La Rai avrebbe dovuto resistere nei suoi criteri di serietà e obiettività, ma non era più la Rai di Bernabei… (se ne accorgono adesso…), era la Rai lottizzata dove ogni canale aveva il suo inviato/cronista/opinionista che puntava soprattutto a farei buchi o le scarpe al collega dell’altro canale.
E così, la ricerca dello share portò all’imitazione dei modelli (diciamo così) emozionali delle reti concorrenti (da non citare, ma da studiare e copiare). Ed eccoci a Rio, popolata da un esercito di inviati Rai, all’insegna della spending review e del neo-direttore di Raisport Gabriele Romagnoli; che spesso affianca (o controlla?), con la sua loquela a metà tra Dino Zoff e il ministro Padoan, il conduttore principale Franco Lauro (il quale lo chiama ossequiosamente “direttore”, e commenta con “assolutamente” ogni sua affermazione). Lauro fu uno dei primi imitatori dello stile d’importazione, uno che, quando commentava il basket, non vedeva stoppate e schiacciate ma solo stopponi e schiaccioni; e adesso infioretta antonomasie tipo “libellula d’oro” e “farfalla di Orzinuovi”.
La linea ai nostri inviati, dunque (sopportando una interruzione pubblicitaria ogni dieci minuti, e facendo gli scongiuri agli annunci a tutta pagina sulla Pellegrini che domani farà stravedere), e via al “serpentone multicolore” delle urla, delle iperboli, delle metafore, dei commentatori tecnici la cui frase fondamentale resta “assolutamente sì”, e il verbo principale “leggere” (nel senso di ‘intuire’: copiato da Sky, dove l’ha introdotto Bergomi, e largamente usato dal duo Antinelli-Lucchetta nella pallavolo e nel beach volley).
Ma non di sole “letture” vivono Antinelli e soprattutto “Lucky”, che esalta la “serracinesca” del “muratore” di turno, il quale erige un “muro dolomitico”, poi, “nel proseguio dell’azione”, “scaglia una lavatrice di là, anzi una lavasciuga”, da “hashtag: ti tiro supercocco” e fa un “punto pesantissimo” (di norma i punti, i gol, i cartellini, anche la medaglia d’argento secondo Simona Rolandi sono sempre pesantissimi, mai “pesanti”); e, prosegue il crestato comentatore, “abbiamo disossato i galletti” (i francesi), anche grazie a una “mano tanto calda che asciuga il pallone”. Mentre Antinelli, cercando di portare acqua al mulino del beach volley italico, nota che il brasiliano Alison “si sdraia spesso e volentieri sul lettino dell’analista, in assenza completa”, e tira fuori l’aggettivo “fotonico”per un pallone in diagonale.
Scappano urla anche a Stefano Bizzotto, che dal calcio (dove se ne sta piuttosto contenuto e noiosetto, nella sua cadenza lombardo-nasale interrotta ogni tanto da un “cosa ha fatto!”, che equivale al “numero!” di Piccinini) è stato dirottato ai tuffi, nei quali manifesta una sorprendente competenza (forse per diritto territoriale di colleganza con Dibiasi & C.), ma quando salta la Tania Cagnotto prorompe in “siiih!” da orgasmo, ben echeggiati dal commentatore tecnico Oscar Bertone (“spettacolo! Sulla lunaaa!”); o in “nooh!” quando va male (sempre pronto comunque, in pretto stile italico, a prendersela con le giurie); e quando alla fine Tania ottiene il bronzo, chiude la trasmissione con “adesso andiamo a piangere”, pessima ripresa retorica da una frase di Adriano Dezan dopo la morte al Tour di Casartelli.
Salviamo invece, come sempre (a parte alcune distrazioni già rilevate da altri), l’altro “trentino prestato all’Italia”, Franco Bragagna, l’unico che osa dire “Cechia” anziché lo stucchevole “Repubblica Ceca” degli altri (allora, perché non “Repubblica Italiana”, “Confederazione Elvetica”, “Regno Unito d’Inghilterra e Scozia” ecc.?): poco urlatore, anche perché non ci sono italiani nell’atletica per cui eccitarsi (e ha l’onestà di ipotizzare un sabotaggio anti-Donati nella vicenda doping di Schwazer e altri), il suo massimo di spiritosaggine lo esterna aspettando il “carrello dei bolliti”, cioè gli scoppiati nei 50 km di marcia.
Piluccando qua e là per chiudere, aggiungiamo che un tiro preciso nel golf è una “palla col contagiri” secondo il redivivo Maurizio Losa (ma il contagiri è davvero così preciso?), mentre nel basket è “col goniometro” secondo Stefano Michelini . E viva l’ottimismo del ‘pallanuotista’ Dario Di Gennaro, che senza offendere nessuno potremmo definire il Renzi dei cronisti, dato che in Italia-Serbia sul parziale di 0-6 dice che ce la possiamo fare; poi sembra perdere le speranze sul 3-9 a 5 minuti dalla fine, ma si riaccende quando lo svantaggio è di soli 4 gol, a 4 minuti dal termine.
Ai coniugi fedifraghi i manuali suggeriscono di negare sempre, anche l’evidenza; ai cronisti di Rai olimpica, evidentemente, è stato suggerito di incutere sempre ottimismo (ecco perché Lollini non è a Rio). Come ha detto una medaglia d’argento italiana, “speriamo che il nostro movimento in Italia cresce”. E come sentenzia un altro Unto dal Signore, Ricardo Franco Levi ex portavoce di Prodi in Europa (“Corriere della sera” 12 agosto, p. 27), l’Olimpiade 2024 se po’ ffà da noi, mettendo però il calcio nello Juventus Stadium (tutto lì, con turni alle 3 di notte per farci stare tutte le squadre), e la scherma nella Sala dei 500 di Palazzo Vecchio a Firenze. Compresi i telecronisti, i giornalisti e gli spettatori? Bè, purché non superino il numero di 500…