You are now being logged in using your Facebook credentials

Pifferaio magico 400x268 RMNel primo dopoguerra la ritrovata libertà portò alla creazione di numerose associazioni di aggregazione con intenti sportivi e culturali. Sulle ceneri del GUF sorse il CUS per gli universitari, le ACLI fondarono una loro Unione Sportiva, i Salesiani avevano le polisportive PGS, all’interno dei centri ricreativi aziendali si formarono altre aggregazioni, che non potevano sfuggire ai fini politici dell’epoca, per cui il Fronte Popolare creò l’UISP, De Gasperi la Libertas e Almirante la Fiamma, la politica era entrata a piedi uniti nello sport, ci fu l’ENDAS che cercò di riportare lo sport al centro dell’associazionismo, ma con scarsi risultati; anche la Confindustria, preoccupata per la nuova situazione, fondò lo CSAIN nel quale sarebbero dovuti confluire tutti i dopolavoro industriali.

La situazione si fece ancor più caotica con l’avvento del Podismo e così il CONI decise nella seconda metà degli anni settanta di regolamentare la materia, legando il riconoscimento degli Enti ad alcune condizioni: Statuto in linea con le regole del CONI, minimo 1000 società affiliate, 100.000 tesserati, presenza in almeno 15 regioni, a fronte di ciò il CONI s’impegnava a dare dei contributi che tenessero conto del numero di società e tesserati e dell’attività svolta.

Oggi sono ben 15 gli Enti riconosciuti, la cui sopravvivenza è legata al numero di adepti e questa è la vera origine della disputa, più gente si tessera e più soldi s’incassano, se si fosse stabilita l’unicità del tesseramento si sarebbe fatta chiarezza e pulizia, con questo sistema il CONI rischia di pagare più volte lo stesso soggetto.

Altro errore del CONI aver affidato alla FIDAL il Podismo, decisione logica dal punto di vista formale, ma errata dal punto di vista pratico, è come affidare al sovrintendente alla Scala un concerto di Jovanotti in quanto trattasi di “musica”, la soluzione corretta sarebbe stata riconoscere la Federazione Italiana Amatori Sport Podistici.

Aggravante il ritardo con cui fu presa la decisione, ben 26 anni dopo la nascita del Podismo durante i quali si era creata una situazione di gestione spontanea nella quale accanto alla FIDAL agivano gli Enti più attivi e spregiudicati e una nebulosa di organizzatori naif difficilmente controllabile.

La FIDAL è nipote del marchese De Coubertin, che nel 1896 s’inventò le Olimpiadi moderne per mettere pace tra le Nazioni, obiettivo drammaticamente fallito, ma questa è un’altra storia, nacque così il CIO e in ogni nazione aderente un Comitato al quale fanno capo tutte le federazioni degli sport olimpici, col compito di applicare il Regolamento Tecnico Internazionale e portare la migliore formazione possibile alle Olimpiadi.

E’ evidente che gli atleti in grado di ben figurare alle Olimpiadi non hanno nulla a che vedere con la massa dei podisti e la FIDAL all’inizio prese l’incarico con scarsa attenzione privilegiando la pista e non cercando di capire l’animus del Podismo, si limitò a ricorrere al TAR del Lazio contro l’attività degli EPS ottenendo nel 2003 una sentenza favorevole  “il Decreto Legislativo n. 242/99 attribuisce alle Federazioni il controllo della pratica sportiva agonistica, affermando che qualora un Ente di Promozione Sportiva intenda svolgere questa tipologia di attività non può prescindersi dalla affiliazione alle Federazioni Sportive di pertinenza”, ma di nessun effetto pratico.

Il CONI per mettere pace puntò sulle Convenzioni tra FIDAL ed EPS, ma, come sosteneva Otto von Bismarck e insegna la storia, i trattati sono “chiffons de papier”, pezzi di carta, se non c’è la volontà di rispettarli.

La FIDAL avrebbe dovuto fin dall’inizio fare chiarezza sul fenomeno e ottenere gli interventi necessari per una gestione esclusiva del podismo, invece all’inizio lo ha snobbato e solo recentemente gli ha dedicato attenzione, più però come fonte di sostentamento che come attività fondamentale con pari dignità (e con maggiore importanza  pratica) a quella che si svolge su pista.

E’ dunque di primaria importanza per la Federazione affermare senza ombra di dubbio l’autorità e le prerogative che le competono, da un lato si riuscirà a dare ordine a TUTTA l’attività su strada e dall’altro si tenderà finalmente ad orientare l’attività degli Enti alla Promozione, con opportuni accordi nazionali e locali si potrà finalmente dare al Vivaio la cura di cui necessita.

Lo strumento  esiste, l’articolo 9 del Codice della Strada stabilisce che le gare di corsa su strada agonistiche sono vietate, per ottenere l’autorizzazione alla loro effettuazione è necessario presentare l’assicurazione RCT e danni all’arredo urbano, poiché il CONI affida solo alla FIDAL la definizione e la gestione delle manifestazioni agonistiche, oltre all’assicurazione l’organizzatore dovrebbe presentare anche un documento della FIDAL, se agonistiche l’Approvazione, se NON agonistiche il  benestare, in quanto oggi la maggior parte delle manifestazioni cosiddette NON agonistiche di fatto NON lo è, per esserlo la partenza non deve essere in linea, può avvenire in un intervallo di tempo, i partecipanti devono rispettare il Codice della Strada (obbligo di utilizzare i marciapiedi, stop ai semafori eccetera), non ci deve essere un ordine di arrivo e tanto meno una classifica e i premi relativi.