Nella Miagenda 2016/2017 è riportato un breve racconto di Eduardo Galeano (1940-2015), scrittore sudamericano: “Da bambino, orgoglioso figlio di emigranti veronesi, al quartiere Cambuci di San Paolo del Brasile, giocavo a calcio con i miei coetanei, mulatti, ebrei, giapponesi, polacchi. E quella palla di stracci e speranza rappresentava la nostra lingua in comune, Il nostro modo per stare insieme, per sognare, per capire e farci capire”.
Lo sport è essenzialmente un'attività divertente. Un allenatore si occupa di persone, del loro rendimento sportivo come singoli e come squadra, è deputato all’educazione innanzitutto, ad un corretto stile di vita che è quello sportivo. Deve ottenere una condivisione di obiettivi personali e di squadra, identificare le motivazioni, saper gestire lo stress in allenamento ed in competizione, modulare i carichi di lavoro, comunicare feedback con i propri atleti o squadra, essere disponibile ad accogliere domande, dare spiegazioni su particolari esercizi, tecniche, modalità di lavoro.
L’ex bomber del Torino Paolo Pulici, 62 anni, allena i bambini della scuola calcio Tritium ed in un intervista sulla Gazzetta dello sport del 3 ottobre 2012 afferma: “I calciatori di oggi giocano per i soldi, io invece gli insegno solo a divertirsi”, ed ancora: “I bambini escono da scuola e corrono qui al campo, senza nemmeno fare merenda a casa. Queste oggi sono le mie gioie…”. In queste poche parole viene fuori l’importanza della motivazione intrinseca nello sport, che per i bambini è e dovrebbe essere il gioco, il divertirsi, e nel caso dell’ex campione ora la motivazione è fare qualcosa di positivo per gli altri; l’altro aspetto che viene fuori riguarda gli obiettivi nello sport che devono sempre essere messi in discussione, riprogrammati, e così se alcuni anni fa l’obiettivo di Paolo era divertirsi lavorando, allenarsi, vincere, ora non può più essere questo.
Ancora dice Pulici: “Appena si iscrivono dico subito loro che il calcio è un gioco, è giusto di imparare cose nuove con i compagni, rispettando le regole ed è divertimento, a qualsiasi livello: se entri in campo allegro, fai divertire tutti, se entri arrabbiato, fai arrabbiare tutti”. Con queste parole ancora l’ex bomber ricorda che soprattutto per i più piccoli, ma anche per i grandi, lo sport dovrebbe essere un’opportunità per stare assieme, per apprendere, per fare squadra, per confrontarsi, per divertirsi, per mettersi alla prova; ed è importante per gli allenatori fare attenzione a queste dinamiche, favorire uno spirito di squadra all’insegna della partecipazione, senza escludere, senza penalizzare, valutando le risorse, facendo apprezzamenti, dando feedback significativi che aiutino a crescere con sani valori, giuste regole.
A proposito dello spirito di squadra, ecco cosa ne pensa Andrea Di Somma, presidente dell’Atletica La Sbarra: “Lo spirito di squadra non è certamente un fattore semplice da gestire, non tutti hanno lo stesso livello di appartenenza e attaccamento al team e non tutti sono disposti a sacrificarsi in gare di squadra rinunciando ad altre competizioni dove individualmente hanno delle possibilità e magari potenzialità superiori. Lo spirito di squadra va costruito nel tempo e non sempre ha un percorso lineare e senza ostacoli. Da responsabile del team ho cercato di costruire lo spirito di squadra in funzione della finalità dell’evento stesso: importanza per le prestazioni sportive individuali, ma in secondo piano, rispetto all’armonia tra tutti i partecipanti, al divertimento nel correre e nel passare un bel pomeriggio di sport tutti insieme.”