Anno del calendario gregoriano 2016, giorno di sabato 10 settembre, è la volta della maratona alpina per eccellenza: la Jungfrau Marathon, giunta alla XXIV edizione. Digitando su un qualsiasi motore di ricerca, sfido chiunque a trovare commenti negativi su questa manifestazione, valutata come la numero uno al mondo.
Si corre, ovvero, ci si arrampica verso l’ambito traguardo del passo di Kleine Scheidegg posto a quota 2050 al cospetto delle tre Stelle delle Alpi, dall’anno 1993. Desidero fare lo svizzero, ovvero il preciso. Dunque, considerato che, in occasione del decimo e il ventesimo anniversario della manifestazione, rispettivamente nell’anno 2002 e 2012, si sono corse due maratone (il sabato e la domenica con il pienone di partecipanti) di edizioni sarebbero in realtà 26. Non credo, però, che interessino a qualcuno questi dati, se non affrettarsi a febbraio a fare l’iscrizione online poter far parte della rosa dei quattromila fortunati maratoneti alpini. Risalta che la compagine italiana presente alla JM, di anno in anno, si va sempre più assottigliando, perché il prezzo d’iscrizione con il rapporto chf/euro praticamente alla pari, non è così popolare (chf 160), e un caffè espresso difficilmente lo paghi a meno di 3,50 euro. C’è da dire, tuttavia, che con la tessera di partenza puoi usufruire del biglietto a metà prezzo delle efficientissime Ferrovie federali svizzere che, comunque, anche con lo sconto, costa 73 chf per un’andata e ritorno Zurigo aeroporto – Interlaken est (via Berna di km 190); quasi come il biglietto aereo a/r Roma-Zurigo: mica poco, ma che servizio…
E’ ormai dal 1996 che frequento la regione della Jungfrau per partecipare alla mia più amata delle maratone e, dopo ventun volte, le emozioni sono sempre le stesse: di un’intensità unica. Ogni anno riesco a trascinare alla gara svizzera tedesca qualche amico stradaiolo, come in una sorta di inizializzazione nel mondo del trail. La maratona della Jungfrau, però, non è paragonabile a un trail. Di sentiero alpino, cioè di single-track si percorrono scarsi due km, da Wixi fino alla morena del ghiacciaio dell’Eiger. Però la fatica c’è: accipicchia!
Stefano Rossi, il mio amico, novizio della JM, non credeva che da Lauterbrunnen (balzata alla cronaca nazionale per lo schianto mortale del base jumper altoatesino Uli Emanuele) la gara diventasse così crudele; e beffardo era il motivo dei Pink Floyd “Another brick in the wall” che risuonava al primo chalet alle porte di Wengen. Il mio avvertimento per lui era, giocoforza, di correre i primi 26 chilometri, altrimenti gli rimaneva impossibile tagliare il traguardo nel tempo massimo. Così ha fatto, ed è andato in brodo di giuggiole: non si aspettava cotanta bellezza naturalistica e di pubblico. Andrea Celestini, si è concesso il tris con propositi di partecipazione future, insomma è rimasto infettato, come me, dal virus della JM.
In occasione dell’ormai tradizionale trasferta elvetica, ho fatto conoscenza, in quel di Interlaken, (dove parte la gara) di Dora Rodriguez, una svizzera di origine colombiane e italiana d’adozione, che di Jungfrau Marathon ne ha corse tante. Non ricordava quante, forse disconoscendo che, semplicemente girando il pettorale di gara, poteva conoscere tutte le date delle sue partecipazioni con i relativi tempi. Nessun problema: glielo ha rammentato l’organizzazione, impeccabile, con il festeggiamento a lei riservato sabato pomeriggio a Interlaken sulla Hohematte all’interno del centro Maratona “Das Zelt”(traduco: La Tenda), avendo portato a termine la gara per la decima volta, il che le dà diritto all’iscrizione a vita. Complimenti Dora, ti auguro infinite Jungfrau. E non voglio fare la cronaca della gara di cui più volte ho narrato esprimendo i miei autentici sentimenti: chi ha voglia può leggere i testi pubblicati sul sito Natipercorrere.
Da tre anni a questa parte, invece di usufruire per il rientro del celebre treno a cremagliera, ho inaugurato il supplemento a piedi Kleine Scheidegg-Grindelwald via Eiger Trail: sono circa 15 km di discesa, eccetto gli scarsi due chilometri iniziali con 350 metri di dislivello a salire. Ovviamente pochi minuti dopo aver concluso la maratona tagliando il relativo traguardo di Kleine Scheidegg. Prima del cammino mi concedo, per recuperare le forze, un breve riposo pasteggiando il tradizionale rösti in un ambiente paradisiaco, con vista sulle tre Stelle delle Alpi, e poi via prima che si scateni il classico temporale pomeridiano. Un’ implementazione della JM, diventata – per me - una pratica irrinunciabile. Andrea vista l’aria se l’è data a gambe, cioè ha dovuto fare rientro in Patria per patrocinare una nobile iniziativa pro-terremotati. Stefano, invece, è stato trascinato a “forza” sotto la parete Nord dell’Eiger che ha fatto la storia dell’alpinismo. In sincerità, pur percorrendo metà tragitto, salendo poi sul treno ad Alpiglen per scendere a Grindelwald, il suo volto più che sofferente per la fatica aveva una espressione angelica. Non so se mi ha lanciato più maledizioni che benedizioni: chiedetelo a lui.
Fine della JM, da me la più amata e desiderata.