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Si brinda, ma si corre anche sul serio

 

Questo tipo di maratona si apparenta alle altre francesi più celebri come il Medoc e il Beaujolais. Il sospetto che ti prende all’atto dell’iscrizione è che sia una mascherata, una delle cosiddette maratone più lunghe del mondo perché il podista ubriaco seguirebbe linee tutt’altro che rette. Alla prova dei fatti, almeno per l’Alsazia, la serietà è salva, e il maratoneta che voglia correre ha tutto l’agio di farlo. Qualche vestito stravagante (da frate, da carcerato, scarpe in forma di zoccolo olandese), ma tutti corrono, e alla fine saremo 811 classificati.

 

Semmai, gli eccessi vengono dalla mezza maratona (1485 arrivati), che interferisce con noi negli ultimi 14 km: e qui le carnevalate si sprecano, specialmente ad opera di partecipanti tedeschi, che bevono, fotografano, fanno casino di gruppo davanti ai ristori. In un paio d’occasioni ho saltato appunto il ristoro perché avrei dovuto farmi largo a spintoni: poco male, perché qui i tavolini sono all’incirca ogni 2, massimo 3 km, e anzi frequentarli tutti diventa deleterio.

 

Ristori regolarissimi quanto ai contenuti (acqua, tè, idrosalini, frutta, biscotti e altro), con l’aggiunta che di fronte a ogni ristoro normale, fin dal km 3 ce n‘era un altro, solitamente a sinistra, dove era servito il vino bianco locale, con aggiunta di altre prelibatezze. Da maratoneta ‘puro’, mi sono imposto di non guardarli neanche finché i giochi non fossero fatti; solo dal 36° in poi mi sono permesso tre bicchierini di frizzantino (temperati da cibi solidi e un bicchiere d’acqua fresca).

 

Percorso che mi ha fatto venire in mente le ecomaratone del Chianti o del Barbaresco di Alba: almeno metà su sterrato (anche fangoso, stanti le piogge dei giorni precedenti), salite e discese tra i vigneti, passaggi da borghi in festa, appollaiati in cima a dolci colline (Wangen è uno dei più belli, con in più lo spettacolo dei campi dai diversi colori che ammiri nella discesa, verso il km 30). Distanza accertata dal Gps, 42,200, cioè la misurazione più precisa dei miei ultimi cinque anni di corse; dislivello, 340 metri in su e in giù, con punte massime di 29 metri a km, intorno ai km 20 e 30, quando si raggiungono le altezze massime di 230 metri rispetto ai 160 metri s.l.m. di partenza e all’arrivo (distanti circa 10 km).

 

Per gli spettatori locali, il passaggio della maratona è una festa: sono tutti a guardarti, con punte di commozione come quando, verso il km 26, entrando in un paesone dal nome lunghissimo che finiva per Bergheim (come Bergamo!), ho visto due fratellini, forse gemellini, al massimo di due anni, che ci correvano incontro. Il papà inseguiva affannato, la mamma era seduta su una panchina. Rapido saluto, poi sento alle mie spalle il pianto di uno dei due: mi volto, era caduto. Ma subito l’altro lo tira su, e i due si avviano, mano nella mano, questa volta nel senso opposto incontro al papà, rasserenati.

In quel momento, dopo quasi 3 ore, ho pensato che mi valeva la pena di essere ancora al mondo per assistere a una scena del genere.

 

L’iscrizione costava, a seconda delle epoche, dai 45 ai 65 euro (meno per le distanze minori, inclusa una 10 competitiva da 1350 finisher, e una 10 non competitiva), e dava diritto al pasta party (molto ricco) della vigilia e dopo la gara, a una maglietta e una bottiglia di vino. Docce calde, in contrasto con lo stile francese: ma va detto che questa è una regione di confine, etnicamente tedesca (i nomi dei paesi finiscono tutti col suffisso tedesco –heim, cioè “home”, e gli abitanti si chiamano Pfister o Esser o Stoekel); le case sono quelle tipiche a graticcio, con travi diagonali sulle pareti faccia a vista.

 

Il vincitore, un locale dal tipico nome franco tedesco di Clement Guntz, 41 anni, ha vinto in 2.48, un minuto e mezzo davanti a un altro tedeschissimo francese ventottenne chiamato Johann Altmeyer; la prima donna, una quarantacinquenne tedesca di Germania, si chiama Natascha Bischoff e ha finito in 3.18.

 

Tra gli italiani, quarto assoluto Ubaldo Caldarella (residente però da quelle parti) in 2.57, sesto in 3.01 Paolo Tosetti, 36enne da Montese (Modena); e 14esimo il campione di ultramaratona Marco Bonfiglio, da Abbiategrasso (3.08) che tra l’altro sette mesi fa ha vinto la Atene-Sparta-Atene di 490 km in 78 ore, e vanta al suo attivo trionfi nella Nove Colli e nella 100 miglia di Berlino. Insomma, qui ha fatto solo riscaldamento.

 

Non so se per tedeschismo ottuso o sciovinismo francese, l’unica seccatura è venuta dalla consegna del certificato medico: non gli è bastato il nostro certificato della Medicina sportiva, con la scusa che era scritto in italiano (come se l’italiano non fosse una lingua ufficiale della UE); hanno preteso che il nostro medico di base compilasse un certificato su un loro modulo in francese, senza capire che il medico di base rilascia certificati validi solo per le non competitive. In alternativa, traduzione “giurata” in inglese: strano per dei nazionalisti come i francesi, che invece di tie-break dicono jeu décisif, e invece di deuce dicono égalité (magari anche liberté e fraternité).

 

Ma che volete farci? Sono eredi insieme di Obelix e delle Sturmtruppen, non possiamo farci niente. Però la maratona vale.