Voglia di vincere
"Quanta voglia hai di vincere?"
Inizio a preoccuparmi, la gente lungo la strada mi grida campeona. Forse ho sbagliato a contare, ma non c'era niente di cui tener il conto.
Madrid, domenica mattina, poco prima delle 9. Le strade sono vuote, i letti saranno pieni. Raggiungo la zona partenza e chiedo informazioni sulla salida. Si trova lungo una strada enorme a diverse corsie. Qui le macchine non dormono.
Gli atleti iniziano a riempire i marciapiedi su entrambi i lati. Cercano soprattutto l'ombra.
Gli spagnoli sembrano non sopportare il caldo. Per le strade è facile incontrare donne con zaini pieni di bottiglie di acqua veramente fria per venderle. Li immagino in pianura padana, evaporerebbero in pochi istanti.
"Non c'è un metro di pianura!", rido in un messaggio vocale lasciato sulla app del momento, che permette di comunicare usando il wifi dell'albergo.
"E adesso son cavoli tuoi!", risponde divertito il mio allenatore. Voleva un test sui 10km, l'ho saltato in Italia per la temperatura e ora a Madrid ho trovato le montagne russe. Concludiamo che sarà un buon allenamento.
L'organizzatore fischia. Arriva la macchina della polizia apripista e, incredibilmente, in cinque minuti tutti gli atleti sono in ordine e sulla linea di partenza, ossia le striscie pedonali del semaforo. Sparo, e si parte.
Le salite le prendo con parsimonia, le discese le corro a tutta. Il giorno prima ho girato a piedi Madrid, riconosco le vie, ho studiato la piantina del percorso, so quanto manca anche senza i cartelli chilometrici.
Sono dieci giorni che mi alleno bene. Ho ripreso anche la piscina. Tutti i giorni indosso occhialini, e non si parla per un chilometro e mezzo. Ho partecipato a un campionato di staffette con delle ragazze giovani. Per non farmi trasformare da tigre a gallina buona solo per il brodo, ho dovuto darmi da fare. Inoltre, finalmente ho trovato un allenatore che crede in me e con cui posso discutere. Avevo bisogno di trovare qualcuno che condividesse il mio sogno.
"Quanta voglia hai di vincere?"
Grida campeona un senzatetto. Si è appena alzato dal suo giaciglio. Qui dormono davanti alle vetrine dei negozi di lusso senza destare scalpore o compassione. Sembra Medusa, per via dei suoi capelli rasta. I suoi occhi brillano mentre mi grida l'augurio di una vittoria che forse lui non ha mai vissuto.
L'arrivo è in salita. Non mi giro. Decido che non posso perdere ora, e quindi lascerò un polmone e lo verrò a riprendere dopo, apro le branchie e arrivo così veloce che le ragazze al traguardo non riescono ad allestire il nastro dell'arrivo. Suonano le note della canzone dei Queen, "We are the champions". Esulto.
La sera prima ero terrorizzata di non riuscirmi a svegliare per la stanchezza, dopo la precedente notte insonne, il viaggio in aereo seguito da tutta la giornata trascorsa a camminare per Madrid. Ho messo due sveglie e, non tranquilla, ho chiesto anche a un amico di chiamarmi all'alba dall'Italia.
"Quanta voglia hai di vincere?"
Le mie gambe sono state più pratiche: basta pensieri, sono passate ai fatti. Mentre aspettavo le premiazioni ballavo applaudendo chi arrivava.
La risposta era nella mia mente da tanto.