Il secondo posto nella maratona ai Giochi Olimpici di Rio e soprattutto il clamoroso gesto di protesta in Mondovisione, incrociando le braccia mentre tagliava il traguardo, mimando il classico gesto delle manette: è la storia dell’etiope Feyisa Lilesa, argento in 2h09:54, che con il suo gesto ha messo in rilievo l’oppressione a cui è sottoposto il popolo Oromo, la sua gente, in Etiopia. Gesto ripetuto anche durante la conferenza stampa, dopo la premiazione.
Per i più grandi, il ricordo è andato ai pugni chiusi col guanto alzati al cielo da Tommy Smith e John Carlos alle Olimpiadi di Città del Messico 1968 per protestare contro i diritti negati ai neri negli USA.
“Il governo etiope sta uccidendo il popolo Oromo, si sta prendendo le sue terre e le sue risorse, io sono Oromo e ne porto avanti la protesta. Il governo etiope sta uccidendo la mia gente, i miei parenti sono in prigione e se parlano di diritti democratici vengono uccisi. Ho alzato le mani per supportare la protesta Oromo", la pesante denuncia del maratoneta.
Gli Oromo sono il più grande gruppo etnico dell'Etiopia con circa 40 milioni di persone. Dal novembre 2015 nella loro regione si sono svolte corpose manifestazioni contro il governo, che secondo gli attivisti hanno causato oltre 400 morti.
Ma ora Lilesa difficilmente potrà tornare il Etiopia: “Parlerò con la mia famiglia e i miei amici, se torno in Etiopia potrebbero uccidermi, se non mi uccidessero mi metterebbero in prigione. Non ho ancora deciso, ma penso che mi trasferirò in un altro Paese”.
Meno grave il problema con il CIO, che vieta manifestazione politiche di protesta: “Il Cio vieta le manifestazioni politiche? Lo so, ma era quello che sentivo di fare. C'è un grosso problema in Etiopia e lì è molto pericoloso inscenare proteste. Quindi ho scelto il palcoscenico di Rio. Questa medaglia è stata presa con una motivazione superiore".
Da segnalare, intanto, che Getachew Reda, portavoce del governo, parlando all'emittente Fana Broadcasting Corporate, ha dichiarato che Lilesa "non dovrà affrontare alcuna conseguenza per aver manifestato la sua posizione. Dopotutto è un atleta che ha assicurato una medaglia d'argento al suo Paese".
Ma sul web è stata lanciata una campagna di solidarietà per aiutare Lilesa, che ha raccolto 50.000 dollari nel giro di 24 ore, una cifra che permetterà all’atleta etiope di chiedere asilo politico negli Stati Uniti o in altro stato di suo gradimento, come il Kenya.