Quante cavolate, quanto astio, quanta disinformazione, quanta arroganza, quanta volgarità, tutte messe insieme in poche righe dettate dalla rabbia di un giornalista che, la domenica mattina in cui si corre a Roma la 21^ edizione della Maratona – evento internazionale – non può comodamente spostarsi in città per svolgere il suo lavoro.
Evitiamo commenti sul guadagno di “qualche euro” del suddetto giornalista, non mi interessa, mi preoccupa il fatto che spesso lo stesso giornalista stia a parlare di sport in televisione. Oddio di sport, diciamo meglio di calcio, il calcio dorato della serie A e dei campioni.
Non l’ho mai sentito lamentarsi delle città bloccate per una partita di calcio, per la violenza dei tifosi…
Tutti si risvegliano quando si corre la Maratona o un evento podistico in generale, solo allora si grida allo scandalo e si offende chi per un giorno, pagando le tasse come tutti cittadini e pagandosi l’iscrizione alla gara, il soggiorno e tutto il resto, “blocca” la città.
Pensavo ci fosse stata un’evoluzione sociale, i runner sono aumentati, ma evidentemente c’è ancora tanto pregiudizio in giro.
Mi piacerebbe invitare il giornalista a provare a correre, ma vedo troppa cattiveria nelle sue parole, un lassismo che non lo potrebbe mai portare al piacere della corsa.
E allora, usando una sua espressione, “aborro” di fronte alle sue dichiarazioni, godo nel vederlo bloccato e mi esalto ai complimenti del Papa ai tanti colleghi maratoneti che domenica hanno invaso la Capitale!
Di seguito il testo integrale della dichiarazione di Giampiero Mughini al sito “Dagospia” pubblicata domenica scorsa:
“Caro Dago, ma è immaginabile che cittadini italiani a centinaia di migliaia - e che altra colpa non hanno che di vivere a Roma - siano costretti a passare la mattina di una domenica di marzo recintati e impediti di andare da un quartiere all’altro della loro città, né più né meno dei palestinesi che vivono intorno agli insediamenti israeliani nella West Bank?
Ma è immaginabile che chi regge le sorti della città di Roma arrivi all’imbecillità e alla demagogia di voler trasformare per un giorno in parco giochi una città dove non c’è un centimetro quadro per spostare uno spillo?
Ma è immaginabile una città spaccata in due, le due metà impenetrabili l’una all’altra, dalla farsa di far trotterellare in pantaloncini corti e cappellino qualche giovanotto e qualche italiano stagionato che non vuole arrendersi, e la chiamano “maratona di Roma” a scimmiottatura di quella di New York?
Per uno come me che stamattina era uscito non per andare a mignotte per guadagnare qualche euro di che pagare le bollette, è stato un inferno. Niente bus, ci mancherebbe altro, e questo a rendere onore agli sgangherati corridori della domenica. Niente bus per chi deve andare a visitare un parente malato o comprare di cui ha urgente bisogno. Sbarramenti e vigili a tutto spiano a impedire di andare e vivere, quel che si fa ogni giorno in una grande città.
Una grande città che a differenza di New York non ha una grande rete di trasporti underground: per cui o ti muovi in superficie o muori. La città spaccata in due, l’ho detto. Già un’altra domenica (di quando avevo dieci anni in meno) per andare a prendere un treno a Termini dal quartiere di Monteverde dove abito non c’erano né taxi Né bus. Mi sono portato la valigia a mano, e ci sono andato a piedi. Io sì che correvo per arrivare in tempo a Termini. Canaglie.
Volete fare trotterellare i corridori della domenica? Benissimo, fategli fare trenta volte su e giù le collinette della bellissima villa Pamphili. Oppure mandateli allo sprofondo, dove non avranno di che paralizzare la città. Oppure fategli fare non so quante volte il giro di un qualche cortile e mentre le telecamere li riprendono, in modo che il parco giochi sia soltanto virtuale. Che è poi quello che conta ai fini dell’immagine di una amministrazione attenta ai parchi gioco. Fate pure, purché non rompiate quei nostri coglioni oltretutto divenuti ipersensibili. Ecco, questo è il punto: a voi che reggete Roma (e l’Italia), io non chiedo nulla di nulla di nulla. Solo di non rompermi i coglioni.”
Evitiamo commenti sul guadagno di “qualche euro” del suddetto giornalista, non mi interessa, mi preoccupa il fatto che spesso lo stesso giornalista stia a parlare di sport in televisione. Oddio di sport, diciamo meglio di calcio, il calcio dorato della serie A e dei campioni.
Non l’ho mai sentito lamentarsi delle città bloccate per una partita di calcio, per la violenza dei tifosi…
Tutti si risvegliano quando si corre la Maratona o un evento podistico in generale, solo allora si grida allo scandalo e si offende chi per un giorno, pagando le tasse come tutti cittadini e pagandosi l’iscrizione alla gara, il soggiorno e tutto il resto, “blocca” la città.
Pensavo ci fosse stata un’evoluzione sociale, i runner sono aumentati, ma evidentemente c’è ancora tanto pregiudizio in giro.
Mi piacerebbe invitare il giornalista a provare a correre, ma vedo troppa cattiveria nelle sue parole, un lassismo che non lo potrebbe mai portare al piacere della corsa.
E allora, usando una sua espressione, “aborro” di fronte alle sue dichiarazioni, godo nel vederlo bloccato e mi esalto ai complimenti del Papa ai tanti colleghi maratoneti che domenica hanno invaso la Capitale!
Di seguito il testo integrale della dichiarazione di Giampiero Mughini al sito “Dagospia” pubblicata domenica scorsa:
“Caro Dago, ma è immaginabile che cittadini italiani a centinaia di migliaia - e che altra colpa non hanno che di vivere a Roma - siano costretti a passare la mattina di una domenica di marzo recintati e impediti di andare da un quartiere all’altro della loro città, né più né meno dei palestinesi che vivono intorno agli insediamenti israeliani nella West Bank?
Ma è immaginabile che chi regge le sorti della città di Roma arrivi all’imbecillità e alla demagogia di voler trasformare per un giorno in parco giochi una città dove non c’è un centimetro quadro per spostare uno spillo?
Ma è immaginabile una città spaccata in due, le due metà impenetrabili l’una all’altra, dalla farsa di far trotterellare in pantaloncini corti e cappellino qualche giovanotto e qualche italiano stagionato che non vuole arrendersi, e la chiamano “maratona di Roma” a scimmiottatura di quella di New York?
Per uno come me che stamattina era uscito non per andare a mignotte per guadagnare qualche euro di che pagare le bollette, è stato un inferno. Niente bus, ci mancherebbe altro, e questo a rendere onore agli sgangherati corridori della domenica. Niente bus per chi deve andare a visitare un parente malato o comprare di cui ha urgente bisogno. Sbarramenti e vigili a tutto spiano a impedire di andare e vivere, quel che si fa ogni giorno in una grande città.
Una grande città che a differenza di New York non ha una grande rete di trasporti underground: per cui o ti muovi in superficie o muori. La città spaccata in due, l’ho detto. Già un’altra domenica (di quando avevo dieci anni in meno) per andare a prendere un treno a Termini dal quartiere di Monteverde dove abito non c’erano né taxi Né bus. Mi sono portato la valigia a mano, e ci sono andato a piedi. Io sì che correvo per arrivare in tempo a Termini. Canaglie.
Volete fare trotterellare i corridori della domenica? Benissimo, fategli fare trenta volte su e giù le collinette della bellissima villa Pamphili. Oppure mandateli allo sprofondo, dove non avranno di che paralizzare la città. Oppure fategli fare non so quante volte il giro di un qualche cortile e mentre le telecamere li riprendono, in modo che il parco giochi sia soltanto virtuale. Che è poi quello che conta ai fini dell’immagine di una amministrazione attenta ai parchi gioco. Fate pure, purché non rompiate quei nostri coglioni oltretutto divenuti ipersensibili. Ecco, questo è il punto: a voi che reggete Roma (e l’Italia), io non chiedo nulla di nulla di nulla. Solo di non rompermi i coglioni.”