Tanta nebbia alla maratona di Reggio non la ricordavo: l’anno scorso c’era il sabato (tant’è vero che rinviarono la partita del Sassuolo di serie A), ma la domenica era sparita; quest’anno, invece, c’è stata sabato e domenica, con temperatura massima di 2 gradi (qualcosa in più attorno a Montecavolo, su cui è spuntato un sole da inverno padano che ha allietato i km 15-25). Ma quello del clima è un rischio che la truppa di Manelli decise di correre fin dalla prima edizione del 1996: essendo i mesi migliori del calendario già occupati, per non pestare i piedi a nessuno (a differenza di tante “major”, che si spostavano in qua e in là incuranti se la povera Piacenza o la povera Vigarano ci avrebbero rimesso), Reggio scelse una settimana di dicembre vuota. Scelta a rischio, ma premiata da Nostro Signore che nel giorno di gara non ha mai mandato la neve, quasi mai la pioggia; e soprattutto premiata dai podisti, che hanno issato questa corsa tra le Grandi d’Italia presentandosi oggi in un numero, sebbene in calo, sei volte superiore (sic) alla vicina maratona di Maranello-Carpi, seppur collocata nel meglio della stagione.
Munito di “pass” giornalistico, l’ho sfruttato non usufruendo di trasporti in auto o moto, o – peggio – ammirando la corsa dai monitor, ma, da podista come tento ancora di essere, correndo buona parte del tracciato insieme a tanti volti noti (e no: chiedo scusa ai molti che mi riconoscevano e io non ricordavo…).
Non sarà un caso che la prima persona che ho incontrato, sabato sera, sia stato il “sindaco” di Mantova Marco Simonazzi, supermaratoneta che non disdegna le gioie della Padània, e ci siamo appunto fatti compagnia agli stand del vino e del formaggio. Poi Gianni Poli, reduce dalle sgambatine in Central Park, e questa volta osservatore un po’ defilato delle evoluzioni verbali di Brighenti sul palco.
E, naturalmente, tanti locali e compagni di infinite tapasciate: il ‘goviano’ Esposito reduce dalle aste d’arte londinesi, che guardava schifato l’Intini dedito a battere il record delle 24 ore sul tapis roulant. “E quando deve fare i suoi bisogni?”, chiedeva a Gelo Giaroli; la risposta fu che alzano una paratia davanti. Tu chiamali, se vuoi, record.
Noi preferiamo respirare l’aria gelata, e un tantino di pm10, della domenica mattina, ed ecco che a San Rigo here comes the sun sulla chioma bionda della Greta Massari e sui capelli nature della Cecilia Gandolfi in italospina. Indifferente ci sorpassa Fausto Coppi col suo palloncino da pacemaker, senza però nessuno al seguito; ci eterna Morselli al suo usuale appostamento del km 14, dopo di che profitto di una prima bella occasione di riscaldamento al ristoro del km 15, la “curva sud Lambrusco – dai ch’andòm” gestito dal Taneto: una serie davvero lunga di tavoli, fornita di tutti i generi necessari, ma a me basta il superfluo, cioè il nero vino reggiano. Più sobrio, Marco Casarini, modenese alla 25° maratona, si accontenta del tè (caldo e saporito - non mi perdo nemmeno questo); idem el sior Vitòrio Bosco, supermaratoneta alla sua tredicesima Reggio consecutiva, che dal Friuli annuncia la scomparsa contemporanea della maratona del vino (che lui però ha corso ugualmente, senza classifica) e della Bavisela. Reggio, resisti!
Leggera salita, ed alle viste di Montecavolo si materializza una telecamera fissa, gestita dall’uomo in nero, Alberto Bortolotti ovvero Run 3.30. Lo apostrofo con “Hai perso di 8 punti il campionato regionale a squadre di trail, perché non mi hai ingaggiato!”. Risposta arguta: “Se ingaggiavo te, perdevo di 7 punti…”. In attesa anche Mylord Colombini da Castelnuovo Rangone: dopo aver finito tutte le più grandi maratone del mondo, oggi fa correre gli altri.
In centro di Montecavolo, spugnaggio caldo: un’invenzione reggiana di tanti anni fa, che ho l’impudenza di attribuire al Cugino Giaroli, provocando la reazione della Flora di Cavriago, che asserisce di aver avuto l’idea lei e non altri. Anche il tifo è caldino, cosa quasi incredibile di questa stagione. Ferreo il controllo del traffico: ovunque, vigili cortesi ma irremovibili sbarrano le strade. Ogni tanto, un tappeto chip (ne ho contati almeno 4). E si comincia a scendere: Ghiardello, San Bartolomeo (teoricamente in vista di Reggio, se non che la nebbia cala di nuovo); ma ormai si sente il profumo dell’erbazzone, servito al km 25 dalla società di Cavriago (primi da sinistra, la coppia natalizia ing. Giulio e prof. Brunetta, che però si beccano una sgridata per la mancanza dell’abituale malvasia).
Al termine del lungo giro vizioso, che ci riporta quasi ai confini di Montecavolo e del sole, si torna in pianura, a Ghiarda dove il ristoro è servito dal Correggio di Pederzoli, con sottofondo del Liga e la tonante voce di Rosa Alfieri al microfono (ah, ecco perché oggi la Ricci avrà vita facile…). Sto per sgridarli causa presenza del cartello “Li farrò tutti (km)”, ma mi prevengono spiegando che è un gioco di parole sull’avvocata maratoneta romana Liliana Farronato, che infatti chiuderà in 4.40.
Questo ristoro da un paio d’anni è famoso per la presenza di polenta fritta e cubetti di salume impanato: non posso farne a meno, e siccome la mia razione è ormai freddina, l’equipe me ne serve una più calda. E il vino? Mi stappano un prosecco all’istante, mentre arriva Eliano Cuoghi, pettorale 2454, “senatore” sempre presente a Reggio (che ormai è diventata la sua unica maratona dell’anno), e ingiustamente dimenticato dall’elenco dei 32 (o 33?) immarcescibili.
Dove invece è incluso Franco Venturi Degli Esposti, pettorale 934, che stento a riconoscere sia per la mancanza dei proverbiali baffoni alla Gengis Khan sia perché qui non marcia ma corre: vanta al suo attivo 780 maratone, innumerevoli maglie azzurre master nella marcia dei 3 ai 30 km, e dall’ultima esibizione (campionati mondiali in Australia) è dovuto rientrare in fretta perché i soliti ignoti gli hanno svaligiato la casa di Fossoli, portandogli via i trofei di una lunga carriera. Ma come, non dicono i politici che i reati sono in calo? Una risposta si è forse avuta domenica scorsa…
L’ultima discesa è sorvegliata dall’austriaco-reggiano Martin Schupfer e dal giudice di gara Iotti: gli chiedo se per caso Prodi è già passato… Ma forse con la nebbia non si è visto. Si vede invece Du Bien Sen, ma ai margini della strada: ha da passà a nuttata anche per lui.
I più bravi sono già arrivati da un pezzo: in mancanza del vincitore dopato dell’anno scorso, il primo posto maschile torna in Italia con Francesco Bona, stesso tempo del suo personale a Treviso cinque anni fa; e resta in Italia (ma per la precisione in Val d’Aosta) con la nostra amica pediatra Catherine Bertone reduce dalle olimpiadi. Secondo uomo è il ruandese Simukeka, secondo anche l’anno scorso (ma promosso primo?); poi, una lunga serie di colori stranieri, fino all’ottavo posto del pavullese Giacobazzi, ventenne all’esordio in maratona. Un’altra esordiente, la venticinquenne Sara Galimberti (li compie domani!), arriva seconda, distanziando alla grande la quarantenne croata Vraijc, abbonata a piazzamenti (seconda a Reggio nel 2015) e a qualche vittoria nelle maratone di serie B. Non di soli prosciuttini vive la donna (anche di euro).
E i classificati sono 2541: per dirla tutta, 460 in meno dell’anno scorso. Mancano, fatalmente, alcuni dei ‘senatori’ (tra gli amici, Angelo Sacco e Giovanni Tamburini; mentre Liccardi, Dellapiana, Simonazzi, Venturi, Cuoghi ce la fanno). Forse il calendario esteso all’inverosimile (domenica prossima in Italia quattro maratone!) attira verso esperienze nuove. Ma questa di Reggio rimane, e se continua così rimarrà per un pezzo, una delle più amate.
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