Non è una pista di atletica leggera qualsiasi, dove si passa per ben tre volte durante la maratona. Sul suo manto dal vivido color celeste si svolge il Meeting Internazionale Città di Rieti, il più longevo d’Italia, in cui i primati sono caduti a grappoli.
Anche Rieti non è una città qualsiasi. E’ l’Umbilicus Italiae, il centro geografico della Penisola italiana, come recita una targa in venti lingue nella raccolta Piazza San Rufo. Poi c’è il Terminillo dove i romani sciano, la Via Salaria che la spacca in due, le torri, i campanili, gli archi gotici e i palazzi nobiliari.
E’ il giorno dedicato all’Immacolata, e siamo schierati sul viale alberato adiacente lo stadio di atletica per recuperare la maratona del 30 ottobre, rinviata per la scossa tellurica delle ore 7:40 di magnitudo 6.1. Si corre “con Amatrice nel cuore”, sottotitolo della manifestazione. Gli spaghetti del pasta-party sono all’amatriciana e parte del ricavato sarà devoluto al suo territorio martoriato.
I 42,195 km da percorrere sono la somma di tre giri concentrici rispettivamente di 9-11-22 km. Nelle precedenti edizioni, lo scopo del primo giro era di mettere in mostra i gioielli di questa città, amata dai Papi, che ha conservato lo schema della romana Reate. In questa terza edizione, non è stato concesso l’ingresso nel centro storico con l’attraversamento di Via Roma, l’antico cardo, lungo la quale sono disposte le migliori architetture cittadine, né di Via Cintia, l’antico decumano che circonda le intatte mura medievali. La versione ufficiale parla di calcinacci che potrebbero staccarsi da qualche muro pericolante e colpire i maratoneti. La motivazione più verosimile sembra essere il disagio che la chiusura del traffico automobilistico crea agli abitanti. Certamente si è persa l’occasione per far tornare la città alla normalità e aiutare i reatini a convivere con l’ineluttabile sismicità del territorio. Come risultato, scaturisce un primo giro anomalo. Falsa partenza dal viale alberato per circa 1 km; giunti in piena campagna, il gruppo si ricompatta e i metri percorsi vengono azzerati. Si procede a nuova partenza e inizio ufficiale della corsa che si svolge su vie periferiche alla città. Quando dopo 9 km si imbocca la veloce pista di atletica, le gambe sono in piena carburazione e mi esibisco in uno scatto da quattrocentista.
Il secondo giro investe la campagna reatina. Si corre per strette vie asfaltate fra campi arati di recente, piante secche di granturco, case coloniche, mucche pascolanti e relativo olezzo. Siamo in piena Conca Reatina. I nostri piedi battono un terreno fertile, ma 2.300 anni fa, altro che corsa! Avremmo nuotato in un lago malsano, formato dalle acque del fiume Velino impantanato. Fu il console romano Curio Dentato ad aprire un varco nel calcare accumulatosi negli anni presso Marmore, permettendo al Velino di precipitare nel fiume Nera e dar luogo alla Cascata delle Marmore, la più alta d’Europa. Una unione civile fra la Maratona di Rieti e la Maratona di Terni, che ha nella cascata la maggior attrazione, s’ha da fare! In realtà, i Romani avevano un debole per Reate, avendo fornito loro donne prolifiche. A quei tempi, i futuri dominatori del mondo erano così bifolchi e imbranati che nessuna donna era disposta a sposarli. Ma Romolo, fondata Roma, ne aveva un forte bisogno per popolarla. Durante una festa, alla quale parteciparono i Sabini, rubò loro le donne, il Ratto delle Sabine. Ci fu una guerra. Le donne rapite, forse perché avevano nel frattempo conosciute le doti nascoste dei Romani, si frapposero fra i combattenti, e ci fu la pace. Tutti i romani sono figli di madri reatine! Mentre questi ricordi storici mi passano per la mente, anche i chilometri scorrono, e mi ritrovo sulla pista a concludere il secondo giro.
Inizia l’ultimo giro, il più largo. Ci si allontana dalla città, lambendo le prime pendici dei colli che fanno da corona alla Conca. Si batte, per un buon numero di chilometri, una pista ciclabile che salta sui ponti del Velino e di canali. Il cielo, privo di nubi, permette una chiara visione della conformazione della piana reatina. E’ delimitata dagli alti monti Reatini, dai quali si erge il Terminillo, dominatore assoluto del paesaggio, e dai più modesti monti Sabini. Borghi, campanili e mistici conventi occupano i rilievi più morbidi, tutti legati al passaggio di San Francesco. Lassù, quello è Greccio, dove il Santo rappresentò per la prima volta il Presepe. Ma è tutta la zona ad essere un presepe! Più in là, appare un borgo più grande, Poggio Bustone. E per l’aere risuonano le melodie di Lucio Battisti, mischiando sacro a profano. In vista del traguardo, non resisto alla tentazione di effettuare un allungo sulla pista in tartan, sede dell’arrivo.
I ristori sono al minimo, ma le premiazioni sono al massimo. Molti si portano a casa un prosciutto, pochi una spalla. Per portarsi soltanto un cesto di prodotti tipici o 2 litri di olio Dop bisogna essere proprio scarsi. 110 i classificati nella maratona, 59 nella 21 km e 38 nella 9 km. Il percorso è da record personale, ben segnalato, bucolico, mistico, rilassante, immerso in aria purissima. Poi, per quanto riguarda la data, non c’è che il problema della scelta, perché, di maratone, a Rieti, se ne organizzano a bizzeffe.