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Togni Giuseppe Treviolo 2006 foto Roberto MandelliIl pensiero non poteva che andare a Beppe Togni in occasione della Brescia Art Marathon. Portata a termine la gara, con in testa il recordman italiano Vito Piero Ancora (950 maratona/ultra) e Angela Gargano (730), Caterina Lazzarotto, Maria Rita Zanaboni, Sara Jurkic, Rosa Lettieri con il marito Salvatore, Adriano Boldrin, Michele Rizzitelli, Giuseppe Panzeri e Flavio Zagallo, si sono recati nel cimitero di Mompiano, non lontano dalla zona di partenza della maratona, a rendere omaggio a colui che fino alla sua morte, 8/2/2014, con 761 gare è stato l’incontrastato primatista italiano. A far da guida la fida Giuditta, che lo assistette nella lunga malattia e tuttora ne cura il loculo, sempre adorno di fiori freschi.

 

Senza il suo contributo, difficilmente la BAM sarebbe diventata così grande. Beppe chiamava a raccolta i numerosissimi amici maratoneti, presso i quali godeva di grande stima, e li invitava a partecipare. Prendeva iscrizioni, forniva indicazioni degli alberghi e orari dei mezzi pubblici su cartoncini scritti a mano con una chiarezza che rispecchiava quella del suo animo. C’era gente che rinunciava a maratone sotto casa o si sobbarcava 1000 km di viaggio pur di esserci.

 

Modesto, riservato, generoso, nessuno è stato più amato di lui nel Club fondato a Forlì da Sergio Tampieri, che raccoglieva i soci con all’attivo almeno 100 maratone.

 

Se gli si chiedeva perché corresse, non diceva che lo faceva per spostare più in là i propri limiti o affascinato dalla sindrome di Ulisse o spinto da un moto di inquietudine interiore o assetato di conoscenza, ed altre frasi fatte o copiate che si recitano per apparire originali. Rispondeva semplicemente che lo faceva su indicazione medica per vincere le rigidità articolari da patologia artrosica.

 

Per tutte le 4:08:53 che ho impiegato per concludere la gara, il pensiero è andato a Beppe, e la fatica mi è apparsa più breve e lieve. Nella mia mente sono passati in rassegna i ricordi che mi legano a lui, più numerosi dei chilometri della maratona, alcuni dei quali indelebili. Quasi in sogno, ho rivisto la sua barbetta ispida, la sua forte dentatura e le sue gambe definite da Fabio Marri di acciaio inox.

 

Poi, mi è sembrato vederlo a una delle primissime edizioni della Maratona di Ravenna, dove lo vidi correre contro senso. Pensai: “Povero Beppe! I 77 anni cominciano a procurargli seri problemi di orientamento”. Correva e brontolava: “Ho sbagliato percorso (si badi bene, non diceva che gli avevano fatto sbagliare percorso) e devo fare 4 km per riportarmi nel punto dell’errore”.

 

A Platamona soffiavano i forti venti della Sardegna, implorati dai velisti e temuti dai maratoneti. Beppe si pose come uno scudo davanti ad Angela Gargano per proteggerla dalla loro furia. Che poi il suo gesto fosse vano, perché colei che voleva riparare lo sopravanzasse in altezza per più di due terzi, è un particolare insignificante.

 

A me piace ricordarlo come a Dubai. Appena apparve sul traguardo il suo caratteristico profilo, arti superiori aderenti al corpo con gomiti estesi e palme delle mani rivolte all’indietro, arti inferiori saltellanti come un canguro, ci fu un boato di applausi mai sentito. Lo speaker annunciò il numero delle sue maratone con il delirio con il quale i cronisti brasiliani esultano ad ogni rete della nazionale. Firmò decine di autografi; i giornalisti cercarono di carpirgli il segreto di tanta energia: se la cavò egregiamente con un po’ d’italiano, un po’ di tedesco e tanto dialetto di Lumezzane. Il giorno seguente la sua foto, a colori e gigantesca, riempiva tutti i giornali.

 

Caro Beppe, ci vediamo alla 16^ edizione della Brescia Art Marathon.