
Spesso si usa l’aggettivo “romanzesco” impropriamente, ma di certo non è il caso di Louis Silvie Zamperini, detto "Louie", scomparso lo scorso 2 luglio all'età di 97 anni a causa di una polmonite. Non stupisce il fatto che nel 2010 Laura Hillenrband ne abbia tratto un best sellers dal titolo “Sono ancora un uomo” e che a dicembre sia in uscita il film biografico “Unbroken”. La pellicola è diretta da Angelina Jolie, alla sua seconda esperienza in regia. L’attrice era diventata una cara amica di Zamperini, come dimostrato anche dai suoi affettuosi messaggi di cordoglio.
Nato il 26 gennaio 1917 a ovest di New York da immigrati veronesi, la famiglia si era poi trasferita a Torrance, nella California del Sud dove il fratello maggiore Pete lo introdusse alla corsa anche per toglierlo dalla strada e dalle angherie dei bulletti che lo prendevano in giro per il suo stentato inglese.
Louie ci prese gusto, tanto da siglare nel 1934, con 4’21”2, il miglior tempo sul miglio per le “high school” che gli aprì le porte della USC - University of Southern California. Zamperini si rivelò un talento del mezzofondo e venne soprannominato "Torrance Tornado". Con questo ateneo e con la città di Torrance in generale, Zamperini mantenne un bellissimo rapporto. Al suo “Tornado” sono infatti dedicati gli impianti dell'atletica del liceo e anche la piazzetta che a Los Angeles immette alle piste della USC. Dal canto suo Zamperini non mancò mai di indossare il cappellino della sua università durante le uscite pubbliche.
A soli diciannove anni approdò ai giochi di Berlino del 1936. In ritiro si tolse qualche soddisfazione gastronomica di troppo, mangiando pietanze che a casa non poteva permettersi. Molto ingenuo tatticamente e con qualche chilo di troppo, la finale dei 5000 dove si classificò all’ottavo posto fu un mezzo disastro, ma con un impressionante ultimo giro in 56”, fu notato da Hitler che volle incontrarlo a fine gara per stringergli la mano ed esprimere la sua ammirazione. Uscendo dalla Cancelleria nazista, rubò una bandiera con la svastica, episodio poco edificante ma che lo portò agli onori della cronaca al ritorno in patria.
L’appuntamento con le successive Olimpiadi era fissato a Tokio nel 1940, ma in Giappone Louie ci arrivò con modalità molto diverse, durante la seconda guerra mondiale. Di stanza nel Pacifico come Tenente puntatore sui bombardieri B24, Zamperini compì numerose missioni, compresa una nella quale tornò alla base malgrado i 594 fori di proiettile lasciati sulla carlinga dai caccia “Zero” e dalla contraerea nipponica, come avrà modo di raccontare nelle sue “tournee” nel dopoguerra.
Arriva poi la mattina del 27 maggio 1943. In attesa della chiamata dal comando il tenente va a correre, finendo l’allenamento con un miglio tirato. Il suo sergente prende il tempo: 4’12”. Mica male come crono, visto che ha corso sulla sabbia… Subito dopo parte per una missione di ricognizione, ma stavolta il velivolo non fece ritorno, precipitando nell’Oceano Pacifico. Fu dato ufficialmente per morto.
Zamperini e gli altri due membri dell’equipaggio restarono alla deriva su una scialuppa per 47 giorni, fino all’approdo alle isole Marshall. In due riuscirono miracolosamente a sopravvivere, catturando albatros che poi usavano come esca per pescare. Il tutto sotto il sole cocente e con qualche aereo giapponese che periodicamente li mitragliava, fino a sgonfiargli il gommone.
Persero 35 kg di peso ed appena a riva vennero catturati dai giapponesi. I prigionieri occidentali erano disprezzati in quanto nella mentalità dei soldati dell’Imperatore piuttosto che arrendersi era preferibile suicidarsi. Non esisteva quindi alcun diritto per loro e dunque invece di amorevoli cure furono sottoposti a feroci torture e persino usati come cavie per test medici. Il tutto per due lunghissimi anni, fino al termine del conflitto, ma Zamperini, che vide molti suoi compagni perire in prigionia, superò anche questa terribile prova.
Il ritorno di un reduce non è mai facile, potete immaginarvi quello di Louie, tormentato da incubi notturni in cui cercava di strangolare il suo aguzzino dagli occhi a mandorla, soprannominato “The Bird”. Una notte, durante il ricorrente brutto sogno, nel sonno Louis mise le mani alla gola di sua moglie Cynthia, incinta. La donna allora decise di coinvolgerlo negli incontri con un padre evangelista che riuscì a trasformare il suo comprensibile odio in amore e perdono.
Divenuto a sua volta un predicatore, nel 1950 incontrò ed abbracciò alcuni dei suoi carcerieri detenuti in un carcere giapponese, pregando per loro. Fu per cinque volte tedoforo olimpico e per questa ragione nel 1998 ritornò in terra nipponica per i giochi invernali di Nagano. In tale occasione Louis cercò d’incontrare un uomo che non aveva mai dimenticato, Mutsuhiro Watanabe. Era lui “The Bird”. Purtroppo l’aguzzino, peraltro scampato al giudizio per i suoi crimini di guerra, si rifiutò di vederlo.
Quest’inverno avrebbe dovuto sfilare sul red carpet alla presentazione del suo film, ma non ce l’ha fatta. Riposa in pace Louie, come in pace hai saputo vivere.
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