
Fosse diversamente, i 3.393 nostri connazionali, che terminarono la maratona di New York del 2011, non sarebbero un’entità destinata con buona probabilità a rimanere irraggiungibile per il prossimo futuro, come stanno ad indicare in maniera inequivocabile gli “appena” 1.960 classificati al traguardo finale di quest’anno. È vero sì che l’anno scorso si era fatto ancor peggio (1.810) e che, quindi, c’è stato un incremento dell’8,29%, tuttavia sul dato del 2013 avevano giocato pesantemente a sfavore gli incresciosi fatti che portarono all’annullamento della gara dell’anno precedente, proprio all’ultimo momento. Si pensava così ad un recupero più sostanzioso che, invece, nella realtà non c’è stato, sintomo evidente che il podista italiano non pare più legato alla Grande mela in maniera incondizionata, come lo era una volta.
Analizzando più specificamente i valori numerici emersi in questa edizione, possiamo notare (tabella n. 1) che l’aumento nel numero dei classificati è stato molto più sostanzioso per le podiste (19,02%), il che ha fatto salire il peso del gentil sesso al 23,62% del totale, una percentuale quasi doppia rispetto a quella calcolata (12,43%) nelle maratone svolte in Italia. Come dire che a New York gareggia poco meno di una podista ogni 4 maschietti mentre nelle maratone nazionale ce n’è in genere solo una ogni 8.
Riferendoci sempre al genere, il settore maschile risulta in media rappresentato da un runner ormai vicino ai 45 anni d’età (44 anni e 11 mesi), in grado di concludere la maratona in 4:20:31, e quindi, rispetto al recente passato, invecchiato di circa due mesi e in aggiunta più lento di quasi 5 minuti. La rappresentante del gentil sesso, oltre ad essere di gran lunga più giovane (42 anni e 6 mesi) del rappresentante maschile, è pure ringiovanita di circa 8 mesi rispetto al 2013, anche se ciò non l’ha portata a migliorare la prestazione (4:52:39), anzi l’ha fatta rallentare di oltre 2 minuti.
Un simile peggioramento s’è d'altra parte avuto anche per i nostri rappresentanti di vertice sia perché l’unica carta di livello mondiale che possiamo giocarci è Valeria Straneo, sia per il fatto che chi ha un qualche spessore in ambito continentale ha ritenuto bene di tenersi lontane dalle strade newyorchesi. Di conseguenza tra i primi dieci classificati troviamo la sola Straneo — per altro nelle posizioni meno nobili, e forse alquanto sovraccaricata dai più che giustificabili tentativi di capitalizzare al meglio la medaglia mondiale conquistata — e altri soli 3 atleti tra i primi trenta (Danilo Goffi, Claudia Gelsomino e Gianluca Borghesi). Risultati pertanto deludenti, anche se confrontati con quelli d’un recente passato, figuriamoci se rapportati ai tempi d’oro dei Pizzolato, Leone, Fiacconi, Bettiol, Bordin, Marchei e via dicendo.
Un qual certo conforto possiamo invece trovare nelle prestazioni di quelli che sino all’anno scorso chiamavamo master — e di cui non siamo in possesso d’un nuovo termine che possa caratterizzarli, tranne che non si voglia in senso scherzoso (e pure ridondante) individuarli con la locuzione di senior “anziani”. Comunque sia, nelle categorie, tanto per intenderci, le cose sono andate meglio. Oltre ai campioni nazionali di maratona, Danilo Goffi e Claudia Gelsomino, vincitori rispettivamente nelle categorie SM40 e SF45, abbiamo ottenuto due ulteriori primi posti con Francesco La Regina (SM65) e Antonio Dessì (SM70). E questi ultimi due meritano che si sciupi qualche parola in più, visto che le cronache, tanto doviziose nel raccontare le gesta di Gelsomino e Goffi, sono rimaste praticamente mute per le loro imprese.
Francesco La Regina dell’A.S.D. Atletica Carmagnola (TO), già capace come M60 di tenersi ampiamente sotto le 3 ore, quest’anno ha già al suo attivo un ragguardevole 3:02:25 ottenuto alle Terre verdiane e l’anno scorso ha conseguito la migliore prestazione in Italia nella categoria M65 con un analogo crono (3:02:28). A New York s’è accontentato d’un per lui normale 3:11:22 per sbaragliare il campo dei 414 avversari di categoria e distanziare di oltre 6 minuti il norvegese Helge Johan Fuglseth, secondo classificato.
Più risicata la vittoria di Antonio Dessì della società Base Running di Torino che nella SM70 s’è imposto con il tempo di 3:29:39, scontando soprattutto nel finale l’inesperienza alla distanza. Lo svizzero Francesco Galati gli ha infatti rosicchiato ben 4 minuti nei 7 km finali, giungendo secondo al traguardo in 3:31:58. Naturalmente più distanziati gli altri 151 avversari di categoria.
A parte queste performance di rilievo, il livello qualitativo è stato nel complesso molto basso tant’è che solo il 13,41% dei classificati italiani ha fatto meglio di 3:30:00, crono che in una normale competizione nazionale raggruppa poco meno di un terzo degli arrivati; il 24,13%, quindi circa un quarto, ha invece concluso la gara oltre le 5 ore e quasi un terzo di essi (7,14%) è andato oltre le 6 ore, termine ultimo questo in genere fissato nelle manifestazioni per essere inclusi in classifica.
Per meglio caratterizzare i podisti presenti a New York, abbiamo infine analizzato la loro attività agonistica passata per scoprire così che più di un terzo di essi (36,28%) era all’esordio ed affrontava per la prima volta una maratona; che i più (51,93%) avevano già partecipato ad almeno una maratona in Italia mentre una percentuale non certo trascurabile aveva già gareggiato in precedenza solo nella stessa New York (6,53%) oppure solo all’estero (5,26%). L’ultimo dato d’un certo rilievo emerso è che, tra i non esordienti, il 25,97% ha iniziato a gareggiare nelle maratone da meno di due anni mentre il restante 37,75% calca le scene da un tempo maggiore. In definitiva il maratoneta newyorchese è per lo più poco esperto o con esperienza non troppo consolidata.
Per meglio caratterizzare i podisti presenti a New York, abbiamo infine analizzato la loro attività agonistica passata per scoprire così che più di un terzo di essi (36,28%) era all’esordio ed affrontava per la prima volta una maratona; che i più (51,93%) avevano già partecipato ad almeno una maratona in Italia mentre una percentuale non certo trascurabile aveva già gareggiato in precedenza solo nella stessa New York (6,53%) oppure solo all’estero (5,26%). L’ultimo dato d’un certo rilievo emerso è che, tra i non esordienti, il 25,97% ha iniziato a gareggiare nelle maratone da meno di due anni mentre il restante 37,75% calca le scene da un tempo maggiore. In definitiva il maratoneta newyorchese è per lo più poco esperto o con esperienza non troppo consolidata.
L’allegato statistico che segue, oltre a riassumere quanto in precedenza riportato, fornisce una rappresentazione più disaggregata dei dati, consentendo così di ricavare ulteriori precisazioni sulla presenza dei nostri connazionali in terra statunitense.Al tirar delle somme, non si può che confermare il parere sin dall’inizio manifestato, vale a dire che si rafforza sempre più l’impressione che il tempo delle mele il suo miglior futuro lo abbia ormai abbondantemente dietro le spalle.
Almeno a esaminare le recenti scelte dei nostri connazionali.
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