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Un ultratrail non “estremo”

 

90 – 60 - 30 km, la lunghezza delle tre gare disputate nello scorso fine settimana con partenza e arrivo a Courmayeur ai piedi e intorno al Monte Bianco.Dislivelli rispettivamente di 6000/ 4000/2000 D+,  sicuramente di impegno ma non estremi, vista anche la perfetta manutenzione dei sentieri in Val d’Aosta, e  il grande impegno degli organizzatori a preparare e presidiare il percorso, coi tratti innevati, lunghi e numerosi, bonificati da tanto lavoro di pale, a creare un sentiero sicuro; e i punti critici, come i due tratti attrezzati con catenenella salita e successiva discesa del Mont Chetif, controllati da personale di soccorso a consigliare sul come muoversi.

Un doveroso ringraziamento alle due carinissime ragazze che nel punto di discesa attrezzato assistevano i concorrenti, in particolar modo a quella posizionata nella parte inferiore del tratto, che si è offerta di tenermi i bastoncini permettendomi una discesa “ all’indietro”, che con due mani libere si è notevolmente semplificata. Mi auguro che una tale gentilezza non sia stata dovuta al fatto che molto probabilmente (anagraficamente parlando), avrebbe potuto essermi figlia: e,si sa, gli anziani vanno aiutati.

Parlando di numeri, si dice di  poco meno di 500 partenti suddivisi nelle tre gare, di cui 320 con partenza alle 6 del mattino per i due percorsi lunghi di 90 e 60. Nella gara regina i classificati sono stati 112 su 161 partenti, col vincitore, Gianluca Galeati,  a chiudere la sua fatica in11 ore e 47 min, seguito da una sorprendente Mimmi Kokta che dalle terre nordiche è venuta a conquistare,prima donna in assoluto, un posto sul podio assoluto del GTC . Terzo posto per Ivan Pesce e, esattamente 7 ore dopo il vincitore, a chiudere la gara Giorgio Manoni alle prime luci dell’alba.

La giornata, limpida come raramente si registra in alta quota, ha permesso a concorrenti e accompagnatori di godere di panorami a 360° su tutto il massiccio del Bianco e delle altre cime alpine, rendendo più accettabile la fatica grazie anche ad un percorso che diluisce il notevole dislivello in tante salite, a volte anche molto impegnative ma non infinite, e sempre con tratti che permettevano di prendere fiato. Il tratto più brutto è stato per me quello dopo il ristoro di Maison Vieille, con una strada polverosa come il deserto che saliva ripidissima per alcune centinaia di metri, e  che ho avuto la “fortuna” di percorrere in pieno pomeriggio con sole battente. Mentre il tratto più faticoso è stato il già citato Mont Chetif  prima di ripassare da Courmayeur: si tratta comunque di pochi km su un percorso peraltro di una bellezza unica.

Ai numerosi volontari va un doveroso ringraziamento: tutti preziosi sostenitori dei concorrenti, anche se la mente corre più facilmente a quei punti che in piena notte ci hanno accolto a 2200 e2600 mt di quota con dolci, frutta, brodo caldo e ancor più calde parole di incoraggiamento e complimenti, veri fari ad indicare la giusta rotta di ritorno a casa.

Per concludere, possiamo parlare di un ultra trail che non sconfina certo nell’estremo, pur consentendo a chi lo desiderasse di confrontarsi con una prova assai impegnativa sia dal lato atletico che da quello mentale richiedendo,per i comuni mortali, un impegno di almeno una ventina di ore in un ambiente di media e alta quota: ma sempre in sicurezza.

Siccome l’autore non ne parla, integriamo noi il resoconto informando che Massimo ha concluso la sua fatica al 77° posto in 21h 07: un  bel viatico per chi si appresta a cimenti valdostani ancor più impegnativi…

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