Michele Debenedictis con 196 km arriva primo assoluto, Aurelia, percorrendo 160,060 km, è la vincitrice femminile della 24 ore di corsa a piedi di Lavello. Tra loro due arrivano Massimo Taliani con 182,583 km, Francesco Cannito con 178,163, Giuseppe Mangione con 170,660km, e l’uomo delle lunghe distanze Michele Spagnolo, del Team Frizzi e Lazzi walk & run, con 168,623 km.
Ecco le risposte dei due trionfatori alle mie consuete domande.
Cosa significa per te essere ultramaratoneta?
Aurelia: “Per me vuole dire essere grande, forte”.
Michele: “Una persona che punta un obiettivo, lo raggiunge e lo supera lentamente ma con saggezza”.
Sono tanti gli obiettivi superati da Michele ed Aurelia ed i sogni che trasformano in realtà.
Qual è stato il tuo percorso per diventare un ultramaratoneta?
Aurelia: “Il mio percorso è stato molto, molto duro e vedendo che posso lottare con me stessa mi dà tanta forza”.
Michele: “È stato appunto la curiosità di vedere cosa c’era oltre quel muro”.
Cosa ti motiva ad essere ultramaratoneta?
Aurelia: “La grande passione che ho per la corsa e la mia grande volontà per correre”.
Michele: “Misurarmi con me stesso”.
Cosa ti spinge a continuare con le ultra?
Aurelia: “La forza e la grande passione che ho per la corsa”.
Michele: “Il fatto di star bene con me stesso e di trasmettere positività a chi mi sta intorno”.
Quali meccanismi psicologici ritieni ti aiutino a partecipare a gare estreme?
Aurelia: “La buona preparazione psicologica e fisica”.
Michele: “Il fatto di pensare che alla fine di uno sforzo immane la soddisfazione sarà immensa mi aiuta a non mollare psicologicamente; posso dire che funziona”.
E’ vero la felicità è superare muri, crisi, ostacoli, difficoltà, superare sfide; lì scatta l’incremento di resilienza, l’essere consapevole che ce l’hai fatta, con le tue forze, con la tua volontà, con il tuo impegno, passione e determinazione. La soddisfazione ripaga di tutto e dura tantissimo a lungo. Le sensazioni sperimentate non hanno prezzo.
Quale è stata la tua gara più estrema o più difficile?
Aurelia: “La prima, il Passatore, però andata pure bene, in 12h e 22”.
Michele: “Per me non esistono gare più facili o più estreme; anche una gara di soli 10 km può essere tragica”.
Quale è una gara estrema che ritieni non poter mai riuscire a portarla a termine?
Aurelia: “Vorrei provare tutte le gare. Se ci sarà una dura che non potrò finirla per qualche motivo, riproverò, riproverò fino a che ci riuscirò perché non c’è niente più forte del mio cervello, avrò tanta pazienza per riprovare”.
Michele: “Devo essere sincero: ho un po’ di timore nell’affrontare la mitica Sparta-Atene”.
Mai dire mai, il timore è giusto che ci sia, ma non si sa mai, man mano si diventa sempre più sicuri e si vuole alzare un po’ l’asticella, si decide momento per momento, e quando arriva il momento buono si mettono in atto tutte le strategie per compiere e portare a termine la sfida. Un buon approccio è provare e se non ci riesci sorridi e riprova in modo diverso dice William Hart nel suo libro “L’arte di vivere”.
C’è una gara estrema che non faresti mai?
Aurelia: “Bisogna provarla per dirlo”.
Michele: “No, almeno ci proverei”.
Cosa ti spinge a spostare sempre più in avanti i limiti fisici?
Aurelia: “Mi spinge ad andare avanti, fuori dei miei limiti, la voglia di migliorare”.
Michele: “Il fatto stesso di scoprire il mio limite sempre con molta cautela”.
Cosa pensano famigliari ed amici della tua partecipazione a gare estreme?
Aurelia: “Sono molto contenti i miei figli di quello che faccio, e quando parto per fare una ultra gli dico sempre che correrò per loro, perché mi danno tanta forza. Amici sono quelli che condividono le grandi emozioni della corsa, perché corrono anche loro”.
Michele: “Si dividono a metà: c’è chi ti incita ad andare avanti e lo fa in modo onesto e garbato; poi c’è chi cerca di ‘tirarti i piedi’. Per quanto riguarda i miei famigliari mi sono vicini a 360°, in particolar modo mia moglie che a volte mi fa da supporto”.
Che significa per te partecipare ad una gara estrema?
Aurelia: “Partecipare a una ultra dura per me vuol dire sfidare un’altra volta me stessa”.
Michele: “Significa raggiungere il miglior risultato per poter attingere positività e orgoglio, che sono uno dei motivi per star bene con me stesso e con gli altri”.
Come è cambiata la tua vita famigliare, lavorativa?
Aurelia: “La mia vita famigliare è cambiata positivamente, al lavoro tutti hanno un grande rispetto per tutto quello che faccio, dopo un’ultra condivido le emozioni anche con le famiglie dove lavoro”.
Michele: “Andavano già a gonfie vele, ora continuano ad andare col vento in poppa.”
Usi farmaci, integratori? Per quale motivo?
Aurelia: “Uso solo barrette per darmi un po’ di energia”.
Michele: “Uso integratori quando è necessario, ma solitamente cerco di nutrirmi con cibi adeguati al mio fabbisogno”.
Cosa hai scoperto del tuo carattere nel diventare ultramaratoneta?
Aurelia: “In ogni ultra che faccio scopro una cosa nuova di me, è come se dentro di me ci fosse un’altra personalità che è ancora da scoprire”.
Michele: “Non pensavo di avere tutta questa forza fisica e mentale.”
"Da quel momento non mi sono più fermato": è quello che raccontano tanti ultramaratoneti, molti iniziano per caso e poi si innamorano della corsa, vengo rapiti, sequestrati, la corsa diventa un’addiction in genere positiva, una sorta di cura da fare sempre con attenzione, senza superare le giuste dosi.
Se vuoi raggiungere il tuo obiettivo, ORA è il momento di agire, di passare all'azione: non rimandare, segui l'esempio di campioni resilienti e determinati come Aurelia e Michele che, come hanno dimostrato alla Nove Colli Running, non temono pioggia, freddo e sonno.