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Il percorso della maratona di Trieste rispecchia la morfologia della città. Allungata com’è sul mare e schiacciata dal confine sloveno, la gara trova collocazione in uno stretto corridoio serpeggiante lungo la costa da ripetere sostanzialmente due volte. La differenza sta nel fatto che mentre la città ha cercato spazio, libertà e ricchezza nel mare (… e levan l’ancora i grossi piroscafi nostri verso Salonicco e Bombay… - Scipio Slataper), la maratona si espande e si esalta nell’arrivo di Piazza Unità d’Italia, che quando l’amministrazione austriaca decise di costruire questi 16.000 metri quadrati di spazio pubblico non poteva certo prevedere che sarebbero diventati la scenografia ideale di tutte le manifestazioni celebranti l’annessione della città all’Italia. Anche il castello di Miramare, romantico e tragico luogo scelto per la partenza delle tre gare in programma, è un lascito asburgico. E Miramare è il nome del nuovo progetto che nasce sulle ceneri del marchio storico, Bavisela, naufragato nella furia di una bufera fiscale.

La bianca sagoma del castello a picco sul mare del golfo di Trieste, in parte nascosta dal fitto bosco, è alle spalle dei concorrenti al momento del via. Percorso mezzo chilometro sul piatto viale del parco, si imbocca la strada costiera SR 14 in direzione sud, occupandone la metà addossata alla parete rocciosa, avendo da una parte il blu dell’Adriatico, dall’altra l’altopiano del Carso con il confine sloveno ad un tiro di sasso. Sempre costeggiando il mare, si sale dolcemente per 10 km corribilissimi, fino a portarsi sul gradone carsico. A livello di Duino-Aurisina, nel punto più stretto del territorio italiano, si perde di vista il mare per essere catapultati in pieno paesaggio carsico, che una folta vegetazione occulta la sua natura pietrosa. L’altitudine massima viene raggiunta a San Pelagio, 270 m, 17° km, vicinissimo al confine, dove mi colpiscono le numerose bandiere rosse esposte. Nel frattempo, mi affianca un concorrente che, notata la mia maglietta della Barletta Sportiva, mi dice: “ Sono leccese di Surbo; siamo 27.000 pugliesi a Trieste”. Approfitto per chiedergli il perché di tante bandiere rosse: “Sono degli sloveni, che vengono trattati meglio degli italiani”, è la risposta. “Ma la bandiera slovena non è rossa!”, gli ribatto. “Sono un residuo della festa del 1° maggio”. Mentre affronto gli ultimi saliscendi concludo che i guai creati dal comunismo non sono serviti da lezione!

Intorno al 24° km le irregolarità del tracciato finiscono, si rivede il mare e comincia la discesa. La mia maglietta colpisce anche un poliziotto che con una moto di grossa cilindrata controlla la corsa. E’ un altro dei 27.000 pugliesi, che non vede l’ora di attaccare discorso con me. Mi si avvicina: “Ho fatto molte gare del Corripuglia, e conosco bene questo percorso. Affronta la discesa con tranquillità, non strafare, altrimenti, quando finisce, al 37° km nei pressi del castello di Miramare, avrai le gambe legnose”. Ascolto il consiglio con il rispetto e l’attenzione di un principiante.

La metà stradale riservata ai maratoneti è ora quella del lato mare. Il sole è alto, i colori splendenti, e il capoluogo giuliano appare salire dal mare al cielo terso, con l’altopiano a farle da cornice. Le gambe scivolano veloci, non sono per niente affaticato, anzi in discesa mi sto riposando dalla stanchezza accumulata nel lungo fine settimana. Tutti quei paesi disposti sul gradone carsico, che vedo dal basso, li ho visitati in questi giorni. A quel santuario dedicato a Maria Madre e Regina posto sui 330 m del monte Grisa, fortemente voluto dall’arcivescovo di Trieste e Capodistria, Antonio Santin, che fino alle ultime ore della sua vita prese le difese dei suoi istriani, sono salito a piedi. L’intera strada napoleonica, che dall’obelisco di Villa Opicina, passando per la Vedetta d’Italia, raggiunge Prosecco fra falesie e verdi boschi, l’ho percorsa parimenti a piedi. Ora che scendo con ampie falcate lungo la strada costiera, il colpo d’occhio è spettacolare, ma quello ammirato dal ciglione carsico era insuperabile.

Negli ultimi chilometri attraversanti il tracciato geometrico del borgo teresiano, le gambe vanno a forza d’inerzia, spinte dall’energia cinetica accumulata nella lunga discesa. In Piazza Unità d’Italia giungono felici 399 finisher della maratona, 1301 della mezza maratona, 109 della Costiera Run di 29 km e un alto numero della Miramar Family. Soddisfatti sono gli organizzatori, che hanno salvato per il collo una manifestazione che stava per affogare. Gli unici cui pare non interessi proprio niente sono i triestini.

Appena cambiati, Angela ed io siamo saltati sulla macchina di Caterina e Adriano, diretti alla Risiera di San Sabba, tristemente famosa come campo di sterminio nazista. A fine visita, Adriano mi indica lo stadio Nereo Rocco situato nelle vicinanze, quasi a rimembrare i bei tempi andati, quando il suo sport preferito era il calcio.

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