Mai è stato così facile rispondere alla domanda richiestami all’atto dell’iscrizione: come è venuto a conoscenza della nostra gara? Non sempre la risposta è univoca, tali e tanti essendo i canali d’informazione. Questa volta è stata perentoria: da Fabio Marri, che passa le vacanze dalle parti di San Candido e predilige frequentazioni germanofone.
La gara è aperta a tutti, in ogni senso, quasi a voler rendere questo “patrimonio naturale dell’umanità” certificato UNESCO un bene godibile da tutti e affidargli una funzione pedagogico-didascalica.
E’ per tutte le tasche la quota d’iscrizione, che va dai 29 € per i più diligenti ai 50 € dei ritardatari, molto bassa per le difficoltà e gli imprevisti che presenta una gara di alta montagna. Ha contribuito al risparmio l’assenza del chip e il non essere inserita nel calendario FIDAL e affini. Soggiornare poi a Padola costa veramente poco, e il trattamento è di buon livello. E’ l’unico modo per non essere schiacciati dalla concorrenza delle province autonome confinanti, foraggiate da privilegi anacronistici per essere il bilinguismo, in un’Europa unita, una risorsa e, laddove concessi per favorire lo sviluppo economico, l’obiettivo è stato raggiunto, attualmente collocandosi fra le zone più ricche d’Italia.
Non solo per tutte le tasche, è anche per tutte le gambe. Rimane sempre un trail impegnativo con un dislivello positivo di 2400 m, che si sviluppa dai 1215 m di Padola ai 2379 m della Sella del Quaternà e che richiede una certa preparazione, ma non ci sono salite o discese per specialisti, o tratti vertiginosi. Le vertigini ci sono, ma per la bellezza!
Sostanzialmente “lineare” il percorso, che ha indotto gli organizzatori ad essere essenziali nelle indicazioni specifiche della gara, servendosi ampiamente della segnaletica CAI. Qualche fettuccina in più avrebbe dato maggiore garanzia di stare sulla retta via in caso di dubbio.
Sette i ristori lungo il percorso, in una gara in cui il regolamento prevedeva, fra l’altro, di portare con sé mezzo litro di acqua e qualche barretta energetica.
Circa 260 i partenti, equamente distribuiti nelle due gare: TrailDoloMitica Eco-Marathon e TrailDoloMitica Eco-Trail di 24 km. Nella grafica, gli organizzatori hanno mirabilmente giocato sulla denominazione, e Mitica ci sta tutta!
A sentir lo speaker, che nomina tutti gli atleti stranieri e di fuori regione, i locali sarebbero una minoranza. Angela ed io siamo indicati come gli italiani provenienti da più lontano, 900 km. In Piazza San Luca si aggira con l’immancabile cinepresa il single Paolo Reali, l’abbronzatissima single Edi Cadorin, nonché le coppie Daniela-Fabio provenienti dalla pianura emiliana, Monica-Luciano da quella romagnola, Angela-Michele che vivono ai bordi del Tavoliere pugliese, il cui nome non deriva dall’essere piatto come un tavoliere, ma dal fatto che la zona anticamente era registrata nelle Tabulae censuriae, una specie di catasto di terreni di proprietà del fisco imperiale romano, quindi di proprietà tabulare.
Daniela e Fabio, armati di bastoncini, diventano single lungo il percorso, per poi separarsi definitivamente al bivio del Km 11°: l’una va a concludere la gara più breve, l’altro continua per la gara più lunga. Monica e Luciano, Angela e Michele rimarranno coppie indissolubili per ben 42 km.
E in coppia non si può fare che una gara slow. La salita comincia subito ed è impegnativa. Si procede in fila indiana, taciturni e ansimanti, fra sculture in legno, fienili e casolari sparsi con riserva di legna ordinatamente accatastata. Si prende fiato al primo ristoro del 7° km, dove sorge quasi isolata sopra un colle la suggestiva chiesetta di San Leonardo con il suo campanile affusolato. Si fa il pieno d’acqua e si parte all’attacco dell’alta quota immersi in un fitto bosco di conifere.
Bosco e sempre bosco. Poi gli alberi cominciano a diradarsi, ricompare il cielo azzurro sopra di noi, la foresta cede il passo al prato, il sentiero diventa corribile, e il panorama diventa immenso. Siamo al 12° km, si corre sulla Costa della Spina a quota 1967 m tra pascoli e laghetti. La visione è di superba bellezza. Padola è giù al centro di una verde conca, in cui serpeggia il torrente omonimo, delimitata da una cortina di monti dirupati con pendici boscose. Straordinaria è la varietà delle vette che assumono caratteristici aspetti a torre, a guglia, a pinnacolo, a bastione massiccio, a merlato esile. E’ una processione infinita di cattedrali gotiche elevate al cielo.
Aldo Onorati, che raggiungiamo, quassù non si è portato il cavalletto e il pennello, usuali attrezzi del suo mestiere. Armato di macchina fotografica e di tripode scatta foto in sequenza, e approfittiamo per farci immortalare con alle spalle le montagne di nuda roccia che si ergono bruscamente da piedistalli di verdi pendii.
Intanto, proseguendo lungo il sentiero in quota, siam giunti alla Sella del Quaternà, 2379 m, 17° km, il punto più alto dell’intero percorso, dove sono visibili resti di trincee della prima guerra mondiale. Approfitto del ristoro per chiedere informazioni ai volontari, che mi istruiscono: quella è la ex Vetta d’Italia, nome poi dato ad un'altra cima dopo la prima guerra mondiale, essendosi il confine spostato più in là; quell’altra è la Cima Undici (3092 m) con accanto la Croda Rossa (2965 m).
Ora mi attendono una decina di chilometri in discesa fino a Passo Monte Croce 1639 m, 27° km. Mi seggo su un sasso, mi tolgo qualche sassolino dalle scarpe e, soprattutto, stringo i lacci per ridurre al minimo il traumatismo delle dita contro il puntale e preservare le unghie. Mucche pascolano pigramente su prati interrotti da larici e abeti. Si passa e ripassa sul torrente Padola che forma anche una cascata. Una discesa rilassante e suggestiva in un’atmosfera bucolica fino al ristoro situato nei pressi di un albergo adorno di balconi fioriti e strutture in legno.
Fa caldo quando si affronta la seconda salita che ci porta fino a cima Colesei 1942 m, 30° km. Circondati da una folta vegetazione, non si riesce mai a capire dov’è la vetta. Alla vista spettacolare della cima Bagni, dei Campanili di Popera e delle Guglie, si può dire: anche questa è fatta! La discesa, che porta al rifugio Lunelli 1568 m, 34° km, è larga e corribile come un’autostrada.
La terza ed ultima salita ci porta a quota 1700 m, 37° km. Poi è tutta discesa lungo una pista da sci, e si potrebbe volare come se si avessero gli sci ai piedi, ma le unghie che fanno male agiscono da freno.
Si entra nella magnifica conca prativa ove giace Padola, e il campanile della chiesa di San Luca presso l’arrivo è talmente vicino da sembrare potersi toccare con mano, ma al traguardo non si arriva mai. Dopo aver circumnavigato tutte le strade della periferia cittadina, si giunge in Piazza. La fatica è finita! Le emozioni restano!