Gli Dei del Podismo fanno il Maximum
Ci risiamo: ho un pettorale tra le mani e quel velo di inquietudine da preparazione imperfetta. Conto sul fatto che la Lake Garda Marathon ha una location fantastica, che i 42 km scorrono interamente vista lago, che le ottobrate sono anche gardesane, oltre che romane!
La partenza è a Malcesine e l’organizzazione predispone un traghetto da Torbole per accompagnare i podisti. Sono in anticipo come al solito, devo attendere almeno 30 minuti prima che il Titanic venga a prenderci. Intanto, come sempre in questa zona, il vento del mattino soffia da nord e se appena uscita di casa non sembrava neanche così freddo, dopo un quarto d’ora di attesa al molo me par gelido!
Mi tengo a debita distanza dalla massa di podisti, sedendomi su una panchina a 200 mt dal pontile. Iniziano ad arrivare i partecipanti in una sfilata che si sussegue: quelli muti e in coma, quelli muti e nervosi, quelli che parlano solo di corsa, quelli che parlano a vanvera per l’agitazione e quelli che parlano a vanvera di default! Non ho convinto nessuno a fare questa gara, così ho una preoccupazione in più all’orizzonte: la noia!
Mi faccio un panino. Ho dormito bene, ma se partissi da Malcesine potrei dormire 2 ore in più … ah no, ho detto che questa sarà la mia ultima partecipazione. Il percorso è bello, ma la manifestazione non mi entusiasma più: i partecipanti della maratona superano di poco le 300 persone, non c’è più l’area expo dove passarsi il tempo, il sito in lento abbandono con le date del 2016 e l’imperdonabile cambio di percorso mal comunicato!
Mi desto al ticchettio dei bastoncini che mi ricordano la gloriosa estate di trail, ma oggi sarà asfalto e fatica.
Anche lo spettrale Titanic è in anticipo, ma invece che attraccare e offrirci riparo dal vento, rimane placido e tranquillo in mezzo al lago leggermente increspato di onde. Poi finalmente attracca, possiamo salire, scelgo il piano più alto perché la sala è totalmente vuota e spero lo rimanga. Un paio di minuti e i primi podisti entrano in sala per prendere posto. Sento chiamare il mio nome “Ciao CasDisp!”.
È Maximum, un amico di Perdente. Ci eravamo sentiti qualche settimana fa e mi aveva detto che non aveva intenzione di partecipare a questa gara. Si siede al mio tavolo con i suoi amici e la giornata mi sembra già migliorata. Lo interpreto come il primo segno degli Dei del Podismo, come a dire “Dai che non ti lasciamo sola nella tua valle di chilometri asfaltati”. Infatti stiamo insieme, ci prepariamo, consegniamo le sacche e ci fiondiamo in un bar a fare colazione, aspettando il via alle 9.30. Maximum ha il pettorale della 15 km e un solo obiettivo: farsi una bella mangiata di pesce in un ristorante di Torbole. Solo uno dei suoi compagni ha il pettorale per la maratona, ma non sta bene e correrà la 15 km insieme agli altri.
Quasi quasi straccio il mio pettorale blu, mi ritiro prima ancora di partire, mi godo la gara corta con i suoi veloci e indolori chilometri per unirmi alla mangiata finale! Mentre io medito di non correre la maratona, Maximum mi parla di non aver ancora trovato il coraggio di provarla, anche se da un po’ di tempo accarezza questa idea. Usciamo a fare un po’ di riscaldamento e mentre “freno” tutto il gruppo al mio passo saltellato, Maximum mi dice: “A questo passo riuscirei anche a farla, una maratona!”. Gli chiedo di venire con me e gli giuro sul Vangelo di Albanesi che terremo esattamente quel ritmo per tutti e 42 km, che non ho nessuna intenzione di accelerare, semmai rallenterò e lui sarà comunque libero di andarsene e tagliare il traguardo. I suoi amici lo scoraggiano, gli dicono di lasciar stare. Io indago perché sarei molto felice di avere compagnia, ma vorrei anche capire se sia nelle sue possibilità finire una maratona, giusto per non mandarlo allo sbaraglio. Così chiedo qual è la distanza massima che ha corso, e quanto tempo fa: 23 e 25 chilometri, un paio di settimane fa. Dal mio punto di vista è più che abile, ma i suoi amici tentano nuovamente di dissuaderlo, forse per paura della delusione di doversi ritirare o non so. È una questione di punti di vista, devo solo girarla in modo da convincerlo che lui può finirla, certo non deve aspettarsi un tempo da maratoneta, ma se il suo obiettivo è provare a spingersi verso i 42, questa è l’occasione perfetta per lui: con una tartaruga come me correrà solo il rischio di camminare troppo! Non è del tutto convinto, mi chiede se farò altre maratone per avere più tempo e prepararsi meglio. Gli spiego che non so neanche se correrò “questa” di maratone, figurati se posso pensare alla prossima!
Rifletto bene e mi gioco l’ultima possibilità … so che a inizio settembre ha fatto una lunga e impegnativa escursione in quota con la Vegan-Fidanzata di Perdente, e gli domando quante ore hanno camminato. Mi risponde che hanno camminato per 10 ore, e mentre gli faccio notare che se dovesse andar male dopo il 30° km, si tratterebbe nel caso peggiore di camminare un paio di ore, si è già staccato il pettorale per sostituirlo con quello del suo amico. Per tutti gli Dei del Podismo: ho un compagno di corsa!!! Grazie-grazie-grazie.
Ci posizioniamo sotto il gonfiabile tra lo sguardo incredulo e severo dei suoi amici, che Maximum saluta avvisandoli “Non aspettatemi per il pranzo, ci vediamo all’arrivo!”. Tre-due-uno-via partiamo, usciamo dal centro di Malcesine, accenno di salita per immetterci sulla Gardesana in direzione sud e da qui avanti così per 15 lunghi chilometri. Come promesso tengo il passo saltellato, se per sbaglio mi scappa di accelerare Maximum mi richiama e rientro nei ranghi. Chiacchieriamo, del sole, del lago, dei paesi che attraversiamo finché mi domanda “Quanti ne abbiamo dietro?”. Eh caro mio, questo è il problema di correre una maratona con 330 partecipanti piuttosto che con 2000: sarai ultimo e solo dall’inizio alla fine! Gli dico di non preoccuparsi, che alla fine dei 15 km dovremmo girarci e tornare indietro, quindi avrà tutto il tempo per contarli!
Arriva il momento di incrociare il primo della 30 km, che in direzione opposta sfreccia verso nord. Lo incitiamo battendo le mani e con un microscopico gesto della mano ci ringrazia, spero di non avergli fatto perdere troppe energie. Dopo poco passa anche la prima donna e la sfilata si fa sempre più vivace e movimentata. Solo dopo parecchi altri chilometri vediamo correrci incontro il primo della maratona: anche qui saluti e incitamenti per il passaggio dei primi. A ruota un manipolo di partecipanti, finché sono gli altri che battono le mani a noi … “Saremmo mica gli ultimi?” continua a domandarmi Maximum. Se quelli dietro di noi dovessero tutti ritirarsi potremmo essere gli ultimi, ma intanto gli dico di guardare in lontananza dove comprare il gonfiabile giallo e dove possiamo girarci per tornare indietro.
Il film è lo stesso dell’andata, con questa luce autunnale e radente sembra sempre mattina, invece ci avviciniamo all’ora di pranzo. La strada e i paesi sono deserti, davanti e dietro di noi nessuno, le chiacchiere vanno in calando, il mio umore è in picchiata libera! Ok, ho solo bisogno di ritrovare la concentrazione, dico a Maximum di continuare a correre, io mi prendo un attimo per camminare e lo riprendo. Come lo abbandono, i pensieri esplodono nella mia testa, ma non sono riportabili e potrei sintetizzarli con un “chi me lo ha fatto fare?”. “Non ho nessun valido motivo per fermarmi, ma nessuna vera ragione per continuare”, lo avete già letto in altri mille racconti di corsa? Peggio per voi, ve lo beccate anche questa volta! Ve lo beccate insieme a tutti gli altri pensieri del cavolo che si fanno quando ti si spegne la luce e perdi improvvisamente la voglia di correre.
Va bene, facciamo che mentre mi ripeto a mantra che sono un’idiota, che non voglio più correre, mai più, dica lo giuro, si lo giuro, etc., facciamo che riprendo a correre, così Maximum resta lì, poco più avanti a me, mentre decido cosa fare. Io un’idea del da farsi me la sono già fatta: mi ritiro! Fine! Non mi diverto? Allora mi ritiro! Come per un libro che non mi piace esercito il mio diritto di non finirlo, oggi, qui, in data 15 ottobre la scrivente si ritira per la prima volta in vita sua. Tanto prima o poi doveva capitare … capita a tutti, è cosa fatta. Arrivo a Malcesine e prendo il mio bel traghetto!
Rinfrancata da questi pensieri continuo ad alternare corsa e camminata ad minchiam, Maximum sempre a vista, Malcesine molto meno, ma il Garmin dice che in un paio di chilometri dovrei arrivare. Alle mie spalle sento trotterellare qualcuno. È una donna, ha un bel passo saltellato tipo il mio e quando mi saluta mi aggancio in scia tipo ciclista ciuccia-ruota. Poi attacco bottone, le chiedo in inglese da dove viene: Ungheria. Bene, non conosco niente dell’Ungheria, non abbiamo niente da dirci, addio, è stato bello, mi rimetto a camminare. Come mollo, mi si attacca al braccio per invitarmi a proseguire ed esclama “Beautifullll Italy! Io amo Italia!”.
Ok, ho capito: mi rimetto a correre, le rispondo con il mio inglese sgangherato “Yes, It's your first time in Italy?” ma non capisce e mi guarda scuotendo la testa senza rispondere. Vabbè, non capisce l’inglese, non c’è modo di conversare, mi rimetto a camminare ma di nuovo, appena mollo, mi prende il braccio ed esclama a un volume ancora più alto “Beautifullll mountains”, indicando il Baldo che non ci regala ombra. Ritento “Do you love mountains?” ma sgrana gli occhi, scuote la testa “hiking?”, niente, questa non capisce niente, sa solo dire “beautiful-qualcosa” appena smetto di correre, cosa che capita nuovamente, e infatti mi trascina verso il ristoro con l’ennesimo “Beautifullll Garda”.
Direi il mio ultimo ristoro. Non ho trovato uno straccio di coca-cola in nessun ristoro, solo acqua e inquietanti sali verdi. “Appena mi ritiro mi compro una coca-cola!”. L’ungherese mi mette in mano un pastiglione gigante “Salt, for you”. Ma sì, prendiamo pasticche dagli sconosciuti, tra un paio di chilometri sarà tutto finito, butto giù una enorme pillola e mi dice di bere due bicchieri di water. E io bevo due bicchieri di acqua, sono anche felice che qualcuno si preoccupi per me. Un po’ meno felice che quel qualcuno mi metta in mano frutta secca e mi trascini via dal ristoro per riprendere a correre.
La pillola non mi ha ucciso, ma non mi ha neanche resuscitato, quindi resto dell’idea di ritirarmi, solo che Maximum è parecchio distante e dovrò chiamarlo al telefono per dirgli che mi ritiro. Bella amica che sono, prima lo tiro dentro a improvvisare maratone, poi mi ritiro e lo mollo da solo dopo il 30° chilometro … mi spiace, ma oggi proprio non è giornata. A dimostrazione che oggi non è giornata riprendo a camminare, ma il solito braccio mi invita a procedere “What's your name?”. Casalinga Disperata - Desperate Housewife, ma tu l’inglese lo capisci o no? E tu come ti chiami? Un nome impronunciabile, quindi facciamo che ti chiamo Katharina. Cara Katharina, adesso tu vai pure, è la tua prima maratona, sei bravissima, di questo passo arrivi tranquilla sotto le 5 ore, grazie di tutto, è stato un piacere, io cammino e mi ritiro.
Ogni volta che rallento, Katharina mi aspetta, mi domanda qualcosa di totalmente inutile e banale, mi tira-trascina, adesso che sa il mio nome lo urla in mezzo alla strada “CasaDisp tu arrivi??? Come on!”. Così quei paesi deserti che stiamo attraversiamo si destano, qualche abitante si affaccia alla finestra e dopo essersi tranquillizzato ci incita con un “forza” o “brave”.
Basta Katharina, stavolta dico sul serio, lasciami camminare in pace, “You are young!”, ti ringrazio veramente tanto… e mi tira avanti un altro tocco.
Sempre attaccata al mio braccio “You are very strong”, sei davvero tanto tanto cara, ma le palle me lo posso rompere anche se sono strong e comunque a Malcesine … fermi tutti: dov’è Malcesine? Dov’è diavolo è Malcesine?
Si volta e mi indica con il dito “Back!”. Come back? L’unico punto in tutta la gara in cui potevo ritirarmi l’ho passato? Maledetto il giorno che t’ho incontrato Katharina! Katharina … dove sei? Katharina non mi tira più per il braccio, ha ripreso a correre e da lontano mi urla che sono rimasti solo 10 km, che dobbiamo raggiungere il mio amico Maximum che nel frattempo è ricomparso all’orizzonte e sta camminando. Can dal pork, mi tocca finirla!
Trotterelliamo placide fino a raggiungere Maximum, chiedo come va, gli dico di seguirci e ripartiamo tutti e tre fino all’ennesimo ristoro. Mamma Katharina mi dice cosa bere e cosa mangiare. Oggi è così: mi faccio tirare da una sconosciuta alla sua prima maratona, mi ricorda di bere e mangiare e in più ho un mega inspiegabile sfregamento sotto un braccio, più due vesciche sui piedi. Praticamente, una principiante!
Katharina scompare all’orizzonte trotterellando, lasciandomi sola e ricongiunta a Maximum. Gli Dei del Podismo hanno colpito! Mi hanno confuso e raggirata i chilometri necessari a passare Malcesine, affinché non potessi ritirarmi. E ormai che indietro non si torna tanto vale darci dentro e portare the buttocks a casa. Cerco un po’ distrazione chiacchierando nuovamente di cose inutili con Maximum, facciamo un po’ di elastico raggiungendo e seminando una signora tedesca che, oltre a parlare inglese, lo capisce anche! Giungiamo al cartello del 40° chilometro, l’umore è di nuovo alto, Maximum fa un po’ di show e riprendiamo una giovane tedesca in preda ai crampi. Ci incitiamo a vicenda, tra ultimi, e come sempre succede quando non ti passa un caxxo per tutta la gara, poi d’un tratto ti spiace che finisca! Appena entriamo a Torbole un gruppo di runners già medagliati ci incita a più non posso, aumentiamo leggermente il passo e da lontano vedo la Princy pronta con la sua bicicletta per tagliare con me il traguardo. La chiamo, le dico di seguirmi e lei mi urla “Mammaaaa aspettamiiiii”. Figlia mia più piano di così!?!? Eccola che pedala e si mette vicino a noi “Mamma però non voglio passare sotto il traguardo”; le domandò perché non vuole “Perché ho paura, perché questo, perché quello …”. È stata una mia idea chiederle di seguirmi in bici? Sì! Ok, lo metterò tra le cose da non fare mai più: niente familiari all’arrivo.
Ultima curva, il gonfiabile, il fotografo, il momento in cui di solito abbasso la testa e non faccio un caxxo per pudore transitando mestamente. Invece Maximum è felice, molto felice, mi prende la mano e la solleva al cielo in segno di vittoria. Sarà l’unica gara in cui do segni di vita all’arrivo! Sostiamo a lungo sotto il gonfiabile, gli dico “Adesso sei un maratoneta” e ci abbracciamo mentre mi ringrazia. Ma sono io che devo ringraziare lui e gli Dei del Podismo, perché tutto è girato in un modo strano, in un modo che … anche oggi mi ritiro domani!