Camminata o trail? Ma va bene così
Questa domenica, il calendario del coordinamento bolognese proponeva due gare, con distanze e caratteristiche simili, cioè partenza da un paesone vallivo, poi discreta salita, e infine discesa, per un totale di una dozzina di km (ovviamente anche con possibilità di optare per distanze più brevi). A Savigno, ora parte del comune di Valsamoggia (pare che i benefit provenienti da ex provincia e regione per chi si accorpa siano molto appetibili, e a breve si vedranno qui anche con l’apertura di un casello sulla A 1 a meno di 10 km dai caselli esistenti), podisticamente già traguardo intermedio della estinta Bologna-Zocca, era proposta una “ludico-motoria non competitiva” su “nuovo percorso” quantificato in 12 ovvero 12,3 km come indicavano le segnalazioni alla partenza (il mio Gps conferma, dando 12,4, con un dislivello di 460 metri in salita e discesa). Quella che non era esattamente precisata era la quantità di strada a fondo naturale, rivelatasi di circa 10 km, dei quali almeno 4 alquanto sassosi, sul crinale di calanchi dove solo il profumo delle ginestre ammorbidiva l’asprezza del terreno; e per fortuna che il clima non era pienamente estivo (27 gradi la temperatura alle 8,45 della partenza), se no – come si dice da queste parti – ce ne sarebbe venuta una gamba.
Ai 650 metri del punto più alto, dopo 7 km e mezzo, si vedeva da vicino Montombraro, ultimo passaggio, circa al km 40, della citata Bologna-Zocca (ma la strada per salirci era rigorosamente interdetta a noi trailers forzati). Qualche protesta sentita all’arrivo: “dichiaratelo prima, che non è una ludico motoria ma un trail!”, rintuzzata da Angelo Pareschi, ex presidente del Coordinamento. “ammettetelo voi, che quello che riuscivate a fare vent’anni fa, adesso non ne siete più capaci!”.
In effetti, altrove questa corsa si sarebbe ammantata della qualifica di “trail”, che adesso va di moda per riqualificare campestri un po’ ondulate; forse sarebbe bastato indicare anche nel volantino il dislivello da superare e la quantità di km sterrati, in effetti raddoppiati rispetto alla mia precedente esperienza del 2012. Dicono che fosse meno godibile il percorso intermedio dei 6,5 km, ma non ne ho esperienza.
In ogni caso, è incredibile che sui 12 km ci fossero ben 5 ristori, due dei quali forniti, il primo di torte, gnocco fritto e altre squisitezze, e l’ultimo di formaggi, yogurt e gelato di ricotta alla marmellata di pistacchi (oltre, ovviamente, a bevande in tutti e cinque); mentre rientra nello standard centro-emiliano il corrispettivo dei 2 euro di iscrizione consistente a scelta in una confezione di piadine o di gallette aromatizzate.
Come nelle consuetudini bolognesi, i partecipanti erano equamente ripartiti tra i partenti anticipati e i rispettosi dell’orario. Sarei curioso di sapere se, mettendo l’orario di partenza alle 7,45, gli anticipatori andrebbero ugualmente via un’ora prima, per una sorta di istinto di trasgressione e anarchia. Ha da venì Baffone! dicevano negli anni Quaranta; adesso purtroppo irrompe gente anche peggio di Baffone, che ci metterà in riga tutti, ammesso che il podismo venga ancora permesso stante la scandalosa presenza di donne in succinte canotte e pantaloni corti, e uomini addirittura a torso nudo.
Fin che si può…: al traguardo ci attendeva la bancarella di Vito Melito, classe 1945, 14:49 sui 5000 metri, primatista italiano dei 50 km con 2.59, quattro volte vincitore della 100 km del Passatore (dove nel 1981 si laureò campione mondiale con 6.53: quest’anno il sommo Calcaterra ci ha messo 5 minuti in più), e da tempo gestore di un negozio di articoli sportivi, oltre che organizzatore di gare prestigiose. Espone scarpe dai 20 euro in su, e il valore aggiunto lo danno i suoi consigli: volete fare il confronto coi ragazzini che vendono nei supermercati?