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Anch’io

come un fiore

pensavo

niente altro che un fiore coltivato

obbedisco alla necessità

che mi vuole

preso dalla lietezza

che succede

allo scoraggiamento.

 

La falciatrice annuiva con un misto di interesse e di disgusto insieme: “Tutto vero quello che mi hai raccontato, no? Sai, anch’io amo la sincerità. Altrimenti….” E il cranio si irrigidì in una smorfia. Gli si avvicinò strana. “Dammi un bacio, su!”. “Non ci penso minimamente. Niente necrofilia o cose del genere tipo le cinquanta sfumature del nero. Letteratura trash! Per riabilitarmi ti racconto un’altra storia dove la corsa supera la realtà. 1986: Mark Plaatjies era un maratoneta sudafricano che non poteva gareggiare all’estero perché le varie federazioni osteggiavano l’apartheid . Aveva corso la Maratona di Port Elizabeth in 2h08’15”. Un vero peccato….. Bene, egli stesso, in quanto meticcio, faceva una vita sofferta a Johannesburg. Non poteva salire sugli autobus normali, non poteva trovare un lavoro consono con la sua laurea. Si guadagnava da vivere con le corse su strada”. Il 1 maggio 1986 c’è la festa del lavoro a Johannesburg. In una radura alla periferia si riuniscono migliaia di lavoratori. C’è un’aria dura, da incazzati. Mandela è ancora in carcere. I capi del National African Congress discutono con la polizia in assetto antisommossa. Quand’ecco che dai campi vicino sbucano di corsa Plaatjes e un suo amico. Plaatjes, dopo avere vinto i campionati mondiali di maratona 1993, così racconta: “Ci hanno rincorso almeno duemila persone. Forse hanno interpretato la nostra corsa come una mancanza di rispetto per le loro rivendicazioni. Meno male che eravamo maratoneti e siamo riusciti a scappare. Altrimenti ci avrebbero “incollanati”; una volta catturati, avrebbero messo attorno al collo un pneumatico e ci avrebbero dato fuoco”. “Insomma, carne da macello per i giornalisti”, suggerì la morte. “Ti ricordi i giorni del G8 di Genova?”. Adesso era miss ossicino a proporre: “Beh, muore tragicamente Carlo Giuliani. Come unico commento Bruno Vespa dice a Berlusconi davanti a Palazzo Ducale: “Presidente, c’è il morto! Capito, come unico commento!Beh, la morte non dimentica…”