
Ma cosa era avvenuto per far scandalizzare in tale maniera il più noto avvocato romano?
La notte tra il 4 e 5 dicembre del 62 A. Cr. nella casa di Cesare, quell’anno pontefice massimo e pretore, si celebravano i riti segreti dedicati alla Bona Dea, interdetti agli uomini e officiati dalle sole donne. Clodio, un giovane un po’ stravagante, s’era intrufolato con l’inganno nella casa travestito da suonatrice di flauto, non si sa bene se per curiosità o per amore di Pompea, moglie di Cesare, ma, scoperto, fu scacciato in malo modo.
Per gli antichi romani era questo un atto empio compiuto contro la natura e la religione e Clodio fu pertanto posto subito sotto processo. Nel frattempo lo scandalo aveva coinvolto anche Pompea e Cesare, indignato, la ripudiò; tuttavia, interrogato dai giudici, dichiarò d’essere certo che la moglie non c’entrava nulla e, quindi, che non si riteneva parte lesa. Quando gli fu chiesto come mai l’avesse ripudiata, se riteneva la moglie innocente, rispose: — La moglie di Cesare deve essere al di sopra di ogni sospetto.
Se si pensa a quanti signori, non solo sfiorati ma quasi travolti dagli scandali, rimangono ora in sella come se niente fosse, si può cogliere come la sensibilità umana si sia modificato nel corso del tempo. Ed è un’evoluzione etica che si può percepire anche nel nostro mondo podistico, che pure dovrebbe veicolare sentimenti di rispetto e di lealtà. Si pensi ai dopati, a chi bara in maniera più o meno smaccata, a chi sconvolge la realtà delle cose solo per avere ragione. Si badi bene, ho riguardo anche per chi sbaglia, perché nessuno è infallibile, e non mi va in nessun caso di lanciare pietre. Ma non mi piace neppure di rimanere insensibile, come se tutto rientrasse nella normalità. Se occorre poi considerare che i problemi che attanagliano le gare su strada sono certamente poca cosa in confronto a quelli che tormentano altri ambienti, non bisogna nel contempo scordarsi che chi, a qualsiasi titolo, è coinvolto in attività sportive non deve mai svilire gli aspetti di carattere etico e culturale. Fare sport deve anche voler dire fare cultura sportiva e non solo attività agonistica tendente ad un risultato per il cui conseguimento qualsiasi mezzo, purché non penalmente passibile, è legittimo. Questo vale per qualsiasi podista, organizzatore di eventi sportivi, dirigente e per qualsiasi ente che afferma di voler promuovere l’attività sportiva. E credo che più si sale in questa scala e più i valori sportivi dovrebbero essere intimamente radicati.
Ora quale valore culturale si può trarre dai fatti avvenuti nella recente maratonina di Pistoia? In quel contesto, forse per nascondere uno sbaraccamento troppo frettoloso, s’é finiti per far nascere il sospetto che le classifiche non siano del tutto “automatiche”. Ricordo che due partecipanti, il cui passaggio è stato riscontrato al quinto chilometro, spariscono nei restanti punti di controllo; all’arrivo uno dei due compare nuovamente cronometrato, l’altro invece, che pur dichiara d’essergli stato da un certo punto in poi sempre accanto, non risulta classificato. Riferisco i fatti essenziali, perché tutto il resto può facilmente ritrovarsi nell’articolo “Maratonina di Pistoia: smontato tutto... troppo presto” e nei relativi commenti. Non desidero disquisire se il sospetto sia fondato o no, né esprimere un giudizio — compito questo che dovrebbe piuttosto assumersi la UISP che prevede la manifestazione nel proprio calendario nazionale — per il semplice motivo che una classifica dovrebbe essere come la moglie di Cesare: non sfiorabile neppure dal più lontano sospetto.
Sino a prova contraria, così è.
Invece, nei loro contenuti di documenti conoscitivi o di memoria storica da consegnare al futuro, le classifiche e i dati relativi agli iscritti delle manifestazioni sono probabilmente ritenute delle zitelle inveterate, se il più delle volte c’è necessità di stendere troppi veli pietosi sulle parti che dovrebbero essere di maggior pregio. Per non farla lunga, il nocciolo del problema è l’assenza di trasparenza, anzi la ricerca indefessa della non trasparenza. In tal senso, neppure la maratona di Milano, come tante altre già manifestazioni rivisitate, fa eccezione.
S’è venuto a sapere che si sono iscritti in 4.803, ma non è stato lecito conoscere chi essi siano e, dalle velate oscurità del sito che ne ospita i risultati, si può desumere che hanno concluso la maratona in 3.514 e che dal quinto chilometro in poi si sono persi (ritirati e/o squalificati) 239 podisti. Sembrerebbe pertanto che più di 1.000 iscritti (più del 20%) non si siano neppure presentati ai nastri di partenza. Se si avessero i dati, e non si dovesse combattere con il buio, si potrebbero utilizzare meno condizionali e fare, ad esempio, un’analisi statistica su come si compongono le varie entità dei classificati, degli assenti, degli squalificati, dei ritirati. Ed i risultati potrebbero essere d’interesse per tutta la comunità, organizzatori compresi.
Per gli stessi classificati non sono infine riportati mai l’identificativo e l’anno di nascita; a volte, sono omesse anche le categorie e le società di appartenenza. Un paio di partecipanti non ha neppure nome e cognome. C’è da temere, di questo passo, che le classifiche saranno redatte con i soli numeri di pettorale dei partecipanti e con i tempi realizzati. Magari i nominativi ed il resto compariranno da qualche altra parte. Così, a caso.
Non è sicuramente questo il modo di fare cultura sportiva o di dare un apporto a possibili studi sul settore. Anzi. Facciamo ancora il verso all’antica Roma. Cui prodest? A chi giova? Non agli interessi del movimento podistico, l’unica risposta certa.
Nella stessa giornata si sono svolte anche le maratone di Zurigo e di Parigi. Si veda sul sito della Datasport (http://services.datasport.com/2013/lauf/zuerich/) quale dovizia d’informazione è fornita per i risultati di Zurigo e tra qualche giorno si visiti il sito della federazione francese per vedere come sarà pubblicata la classifica di Parigi (http://www.athle.fr/ffa.performance/index.aspx). Non sarà difficile notare le differenze con le classifiche TDS, belle a vedersi ma inconsistenti nei contenuti informativi.
La maratona di Milano ha inoltre nel suo regolamento una particolarità: non sono previste classifiche per le varie categorie master, ma unicamente premi in denaro per i primi tre over 35 maschili e femminili. Pertanto, sebbene il 98% dei classificati siamo master, per cui è da presumere che senza di essi non ci sarebbe neanche la SuisseGas Milano city marathon, ciò nonostante non si concede loro neanche la soddisfazione di essere dichiarati vincitori di categoria. In pratica gli organizzatori non hanno ritenuto che la passione vada incentivata, magari credono che essa nasca e cresca spontaneamente seguendo processi endogeni al podista e che non necessiti di essere stimolata con interventi esterni. Una visione di comodo che giustifica come mai ci sia stata quest’anno una perdita secca di oltre l’11% nei classificati e del perché una sede pur prestigiosa non riesca neppure ad avvicinare le tre principali maratone tenute in Italia.
Potrebbe apparire fazioso riconoscere in una simile politica una mancanza quasi totale di considerazione per il movimento amatoriale, tuttavia le cifre parlano chiaro: valutando pari a € 52 la quota media versata da ciascun iscritto, i master hanno portato nelle casse della maratona meneghina presumibilmente sui 215.000 euro ed hanno ricevuto di ritorno, in premi, la siderale cifra di € 1.000 (neppure il 2% del montepremi totale assegnabile). Come dire che, sebbene i master siano la componente largamente maggioritaria dei partecipanti — quella che si fa peraltro carico della maggior parte delle spese — non conta in definitiva quasi nulla.
Sorgono perciò spontanei i seguenti quesiti: — La FIDAL approva i regolamenti delle maratone? Nella federazione c’è una sia pur lontana figura di Tribuno che tuteli in qualche modo gli interessi dei master, così come avveniva in antichità per la plebe romana?
Ma forse sbaglio: più che alla plebe romana, sarebbe più appropriata l’assimilazione alla servitù della gleba che, a quanto pare, non aveva nume tutelare.
Prima di riportare l’elenco dei vincitori delle categorie master, è doveroso riferire che per gli altri aspetti organizzativi pare che, quest’anno, Milano abbia ovviato a molti dei problemi riscontrati nel passato e che in definitiva abbia risposto più che positivamente alle attese. Un tale giudizio sembra emergere in modo nitido dai primi resoconti dei partecipanti. Speriamo in futuri miglioramenti anche a livello documentale e di attenzione per le fatiche agonistiche dei master. Ne trarrebbe giovamento la stessa maratona di Milano.
L’etiope Gemenchu Worku Biru, terzo l’anno scorso, ha prevalso nella categoria assoluta maschile in 2:09:25, mentre in quella femminile s’è imposta la keniana Monica Jepkoech con un modesto 2:32:54.
Nella categoria MM35 Vasco Tantardini ha messo tutti d’accordo con il discreto tempo di 2:35:04, record personale, e Noemy Gizzi ha superato le coetanee delle MF35 con un per lei scadente 3:05:33.
Di appena sufficiente livello le prestazioni delle categorie MF40 e MM40 che hanno visto prevalere rispettivamente la greca Philippa Poulidou (2:59:06) e Francesco Bassano (2:39:21). Sufficiente la prestazione di Giovanni Pistis che ha avuto la meglio nella categoria MM45; di buon rilievo invece la prestazione di Simona Giuliani che ha dovuto superarsi in 3:04:51 per riuscire a sconfiggere le avversarie della MF45.
Di ottima fattura il risultato di Angelo Cavalleretti (MM50) che ha ottenuto il suo personale con il tempo di 2:45:36; è invece stato sufficiente a Patrizia Razza un normale 3:28:44 per mettere d’accordo le pari età della MF50. Di normale amministrazione anche i tempi con cui il francese Michael Bouchemit, 2:51:31, e la tedesca Uschi Bergler, 3:25:13, hanno vinto rispettivamente nelle categorie MM55 e MF55.
Decisamente buona la prestazione di Angelo Facoetti che ha dominato nella MM60 con il tempo di 3:02:01 mentre Marilena Cenedella non è dovuta andare oltre un dozzinale 3:58:55 per affermarsi nella MF60. Di buona fattura il crono di 3:16:48 con cui Roberto Curletto ha maramaldeggiato nella MM65 e ancor migliore quello della slovacca Eva Seidlova che ha ottenuto in 3:46:23 la migliore prestazione annuale conseguita in Italia dalle MF65.
Anche Camillo Casella ha compiuto la medesima impresa nella categoria MM70, che ha controllato senza problemi con un ottimo 3:29:02, mentre nella categoria MM75 s’è imposto il bravo Giuseppe Degrassi in 4:56:18.
Nelle categorie TF e TM hanno infine conseguito la vittoria Mia Dellocca (3:20:26) ed il britannico Ed Barnett, capace d’un pregevole 2:28:50.
Ed ecco in conclusione la tabella riepilogativa dei “vincitori” della maratona di Milano.
Categoria |
Cognome |
Nome |
Anno |
Società |
Tempo reale |
Assoluti M |
Biru |
Gemenku Worku |
1985 |
Etiopia |
02:09:25 |
Assoluti F |
Jepkoech |
Monica |
1983 |
Kenia |
02:32:54 |
MM35 |
Tantardini |
Vasco |
1974 |
Pol. Pagnona |
02:35:04 |
MF35 |
Gizzi |
Noemy |
1975 |
Team Cellfood |
03:05:33 |
MM40 |
Bassano |
Francesco |
1972 |
S. Giov. a Piro Policastro |
02:39:21 |
MF40 |
Poulidou |
Philippa |
1969 |
Grecia |
02:59:06 |
MM45 |
Pistis |
Giovanni |
1966 |
Runners Bergamo |
02:44:28 |
MF45 |
Giuliani |
Simona |
1965 |
Azzurra Garbagnate |
03:04:51 |
MM50 |
Cavalleretti |
Angelo |
1963 |
Daini Carate Brianza |
02:45:36 |
MF50 |
Razza |
Patrizia |
1961 |
Road Runners Milano |
03:28:44 |
MM55 |
Bouchemit |
Michael |
1958 |
Francia |
02:51:31 |
MF55 |
Bergler |
Uschi |
1958 |
LG Welfen - GER |
03:25:13 |
MM60 |
Facoetti |
Angelo |
1953 |
Atl. Presezzo |
03:02:01 |
MF60 |
Cenedella |
Marilena |
1949 |
Atl. Ambrosiana |
03:58:55 |
MM65 |
Curletto |
Roberto |
1947 |
Atl. Miotti Arcisate |
03:17:48 |
MF65 |
Seidlova |
Eva |
1948 |
SVK |
03:46:23 |
MM70 |
Casella |
Camillo |
1943 |
Maratoneti Genovesi |
03:29:02 |
MM75 |
Degrassi |
Giuseppe |
1937 |
Road Runners Milano |
04:56:18 |
TM |
Barnett |
Ed |
1979 |
GBR |
02:28:50 |
TF |
Dellocca |
Mia |
1982 |
|
03:20:26 |