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maratonareggio2013Absit invidia verbo. Possano le mie parole non essere fraintese, così si scusava Tito Livio temendo che le sue parole potessero toccare la suscettibilità di qualcuno.

Anche se per questioni di certo più banali, le faccio mie e le utilizzo come premessa di quest’ultima parte dell’indagine in cui analizzerò le fonti informative che rappresentano un aspetto fondamentale nella realizzazione di qualsiasi indagine statistica.

Ogni analisi statistica può infatti essere condotta solo se c’è disponibilità di informazioni di base e la raffigurazione del fenomeno studiato è necessariamente condizionata dalle loro caratteristiche (attendibilità, omogeneità, livello di dettaglio, etc.). Le peculiarità delle informazioni utilizzabili sono inoltre indicative dello stato del sistema che si sta analizzando: scarsa affidabilità o, ad esempio, mancanza di dettaglio non sono mai fatti casuali ma conseguenze di fattori gestiti in maniera poco produttiva.

Passando dal generale al particolare, occorre lamentare che il quadro informativo sull’attività podistica su strada risente di non poche e gravi lacune. Senza soffermarci più del dovuto, basterà rilevare, ad esempio, che non esiste neppure una lista esaustiva delle gare autorizzate dalla federazione o la possibilità di acquisire un elenco delle società affiliate alla FIDAL con i relativi indirizzi per mettere in luce l’assenza anche delle informazioni più banali. Figuriamoci di quelle di maggior minuzia.

Almeno nelle intenzioni, l’indagine 2013 avrebbe voluto contenere delle rappresentazioni statistiche anche degli atleti che, iscrittisi alle maratone, poi rinunciano a parteciparvi, di quelli che si ritirano nel corso della gara e di chi viene squalificato. Tutto ciò non è stato reso possibile proprio a causa della mancanza dei dati di base. Tranne rare eccezioni, gli elenchi di chi s’iscrive non sono infatti resi pubblici; né vengono forniti i dettagli sui ritirati e sugli squalificati. Ed è in verità una carenza che la dice lunga sulla sensibilità per gli aspetti informativi da parte della federazione e degli organizzatori delle gare.

Resta pertanto come unica fonte possibile di un’indagine il risultato dell’evento, vale a dire le classifiche.

Come queste siano stilate desta alquanto stupore: sebbene vi siano regole puntuali e facilmente comprensibili esse sono subordinate ai voleri — a volte bizzarri — delle ditte di cronometraggio o dei comitati organizzativi, senza per altro che i delegati tecnici, i giudici e la FIDAL ritengano di dover intervenire per migliore le cose.

Esaminando gli aspetti formali, “Le norme per l’organizzazione delle manifestazioni 2014” prevedono all’art. 10.4 (nel 2013, all’art. 11.4) che “La Società organizzatrice è responsabile della corretta raccolta delle iscrizioni che devono contenere, tra l'altro, i dati personali dell'atleta, nazionalità e Società di tesseramento”. Pertanto è strettamente necessario che siano indicati i dati personali dell’atleta (e con “dati personali” la giurisprudenza ha più volte chiarito che non s’intendono solo il nome e cognome ma tutto ciò che rende possibile l’individuazione: eventuale codice, data di nascita ed altro), la nazionalità e la società di appartenenza.

Nella gran parte dei casi, invece, compaiono soltanto il nome ed il cognome, senza codifica e anno di nascita; la nazionalità è non poche volte riportata in maniera errata e la società di tesseramento il più delle volte manca oppure è indicata in modo sbagliato.

In genere gli errori possono considerarsi del tutto casuali ma, per la nazionalità, ricorrono per lo più nelle classifiche delle manifestazioni non internazionali, dove gli unici stranieri che possono partecipare sono quelli iscritti a società FIDAL (art. 9.2 delle “Norme 2014 e art. 7.3 delle “Norme 2013). In pratica, in forza di sviste di cui non si conosce la genesi, alcuni stranieri — iscritti agli EPS, a federazioni straniere o liberi — sono riportati come italiani e, conseguentemente, ammessi a gare cui altrimenti non avrebbero potuto partecipare.

Anche per le società di appartenenza gli errori possono ritenersi per lo più accidentali; talvolta però risultano affiliati podisti che non hanno neppure rinnovato l’iscrizione e che, a rigore, si sarebbero dovuti munire di tesserino giornaliero.

Eppure, a norma dell’art. 10.6 (11.6 nelle “Norme 2013), “la Società organizzatrice deve mettere a disposizione del Gruppo Giudici Gare (Delegato Tecnico e/o Direttore di Riunione della manifestazione) l'elenco dei partecipanti, almeno 24 ore prima dello svolgimento della gara, segnalando eventuali casi suscettibili di approfondimento nel rispetto delle norme federali in tema di tesseramento e partecipazione degli atleti”.

Ora, di là dal fatto che in molte delle gare cui ho partecipato ho visto fare iscrizioni sino a pochi minuti dalla partenza — per cui ho i miei dubbi che l’elenco completo degli iscritti sia già disponibile 24 ore prima — temo, in ogni caso, che le società organizzatrici e i Delegati tecnici non esaminino i dati con la dovuta attenzione. Anche quando l’errore salta in maniera evidente agli occhi.

Il che non depone a favore dei podisti che, poco sportivamente, contravvengono le regole per motivi invero futili e neppure di chi le regole dovrebbe farle rispettare.

Comunque sia, da un punto di vista statistico tutto questo comporta un non banale lavorio preliminare per correggere eventuali errori, a meno che non si abbia l’intenzione di “dare i numeri”.

Ma le inadempienze non si fermano qui e, per caratterizzarle, riavvolgerò per un attimo il nastro della mia esperienza di modesto master sino al momento in cui, folgorato sulla via per l’al di là, decisi d’inventarmi podista e maturai il frettoloso proposito che la maratona sarebbe stata la “mia” gara.

Ahimè la deformazione professionale non m’abbandona neanche nei momenti delle grandi scelte, sicché le implicazioni statistiche presero pure allora il sopravvento e mi spinsero — non appena arrivato sano e salvo al traguardo della mia prima maratona e una volta riacquistato il controllo di quasi tutte le mie funzioni — a precipitarmi (si fa per dire) per vedere quanto mi ero classificato. Ero 1.338esimo.

Con orgoglio il giorno appresso invitai la mia collega del cuore a verificare al computer quant’ero stato bravo. Ero divenuto 1.339esimo. Una settimana dopo mi telefonò il figlio: — Guarda che sei solamente 1.342esimo — mi disse compiaciuto, quasi mi avesse beccato finalmente con le mani nella marmellata.

La settimana dopo avevo riguadagnato una posizione.

Rimasi sorpreso da questa strana evoluzione. Chiesi lumi, ed un signore di una ditta di cronometraggio mi spiegò che era una cosa del tutto usuale: le classifiche subiscono modifiche anche a distanza di mesi, pure dopo che sono state dichiarate ufficiali.

Eppure la regolamentazione è del tutto precisa in merito: codifica come compilare una classifica; fissa i termini entro cui omologarla; specifica le procedure da seguire, qualora vi siano problemi di omologazione e contenziosi, e, quel che più interessa, indica l’impossibilità di modificare la classifica omologata, salvo in presenza di apposita delibera delle autorità competenti e per evidenti errori di trascrizione o accertate irregolarità. Pertanto, di norma, una volta divenuta “ufficiale” la classifica non si tocca. Come vale per qualsiasi atto ufficiale.

Oltre a questo l’ufficializzazione dei risultati, che la regolamentazione prevede avvenga entro termini tassativi (48 ore dall’evento), è di fatto rinviata sine die, a discrezione delle ditte di cronometraggio.

In pratica non c’è una sola regola in tema che sia rispettata e questo vasto campionario di evidenti violazioni scorre tra l’indifferenza di tutti, costituendone forse l’aspetto più deteriore e sorprendente.

C’è poi da temere che le squalifiche sancite dalle ditte di cronometraggio non siano neppure comunicate ai diretti interessati — negando così loro la possibilità di ricorrere — constatato che le modifiche intervenute non sono minimamente segnalate. Né, credo, che siano portate a conoscenza dei giudici e della FIDAL.

In definitiva le classifiche brillano per la loro irregolarità, opacità, incompletezza, mancanza di accuratezza e, come se non bastasse, hanno pure il dono d’essere ballerine.

Cosa si potrebbe chiedere di meglio?

L’ho ricordato spesso: in campagna elettorale il signor Giomi invocò con ragione una maggiore trasparenza ed un più puntuale rispetto delle regole. Peccato che le parole siano sinora rimaste a livello di pie intenzioni e niente più.

Ma, come s’usa dire, non è mai troppo tardi e c’è sempre tempo per tener fede alle promesse fatte.

Le precedenti puntate:

Indagine sulle maratone svolte in Italia nel 2013 (1a parte)

Indagine sulle maratone svolte in Italia nel 2013 (2a parte): le prestazioni

Indagine sulle maratone svolte in Italia nel 2013 (3a parte): i maratoneti