Ci vogliono muscoli forti, tendini elastici e polmoni di acciaio per spingere le gambe per 50 km sulla sabbia di San Benedetto del Tronto. E chi poteva far meglio di “Spintatotale”? A disagio nelle scivolose discese dei trail adatte agli stambecchi, le sue qualità si esaltano sui percorsi stradali lunghi e duri, e tutti devono inchinarsi al suo strapotere. Marco Bonfiglio ha dominato, dunque, la gara regina della 14^ edizione della Maratona sulla sabbia concludendola in 3:36:45; Paola Giuliani l’ha fatta sua in 4:28:31.
Erano cinquanta i chilometri? I rilevamenti personali hanno registrato i risultati più disparati, tutti concordi, però, nel ritenerli di più. Né poteva essere altrimenti! C’era da scegliere tra il più breve tragitto rettilineo sulle “sabbie mobili” e quello più lungo sulla sabbia compatta della battigia. Quasi tutti hanno optato per quest’ultimo rischiando di scontrarsi, nel va e vieni dei sette giri previsti, nel tentativo di conquistare l’appoggio più adatto alla corsa, soprattutto nella prima parte della gara quando il traffico era più caotico di quello di una grande metropoli per via della presenza in pista della 7 km (1 giro), 21 km (3 giri), maratona e maratona a staffetta (6 giri).
Eccoli, tutti concentrati a calpestare le linee curve che le onde del mare disegnavano nel rotolarsi sulla sabbia. Sommando gli infiniti archi tracciati dalle infinite onde, ciascun concorrente può ottenere il numero dei chilometri effettivamente percorsi. Una varietà imponente di misure, tante quanti i partecipanti! Anche perché, nelle otto ore di tempo massimo concesso, il mare allungandosi e retraendosi per la marea, ha scolpito archi ora piccoli ora grandi, rendendo disuguale la corsa fra il primo e l’ultimo arrivato.
E’ stata la corsa caratterizzata dagli archi: quello gommoso piantato dagli umani in zona partenza-arrivo, quegli innumerevoli creati dai giochi dell’acqua marina e quello unico, immenso, colorato, apparso nel cielo nel momento in cui alla pioggia è seguito il sole.
Lo scroscio di pioggia ha creato qualche problema soltanto ai podisti che si sono cimentati nel salto in lungo. Li vedevi, sicuri, scavalcare con ampia falcata il rigagnolo che interrompeva la continuità del litorale, mentre gli altri ripiegavano su quelle improvvisate quattro tavole di legno poste a ponte dall’organizzazione. Quando la pioggia lo ha trasformato in un fiumicello, a qualcuno il guizzo non riusciva e cascava in acqua, mentre altri, presi dal panico, si bloccavano sulla sponda e ripiegavano mestamente sul provvidenziale ponte.
Tutti ad imprecare contro il forte vento che rallentava la marcia nel procedere verso sud. Dopo il giro di boa il ritmo diventava più veloce, ovviamente tutto per merito personale e non perché spirava prospero alle spalle.
In corsa, non si sono registrati problemi di tipo ortopedico agli arti inferiori, nonostante il piano inclinato del bagnasciuga sottoponesse ad abnormi sollecitazioni in varo-valgo le strutture capsulo-legamentose della caviglia e del ginocchio, nonché a traumatismi il bacino e il tratto lombare. Tutto merito delle molte maratone presenti nel curriculum dei partecipanti che le hanno rafforzate, tenendo presente che la prognosi definitiva può essere sciolta soltanto qualche giorno dopo la gara.
La fortuna della Maratona sulla sabbia è tutta dovuta alla locazione che evoca, in chi non può permetterselo, il surrogato di una vacanza al mare dei tropici in pieno inverno. Tutto merito di Francesco Capecci che ha realizzato questa idea originale che fa sognare molti. Chi vi partecipa, però, deve accontentarsi di questo contorno e sorvolare sull’approssimatività dell’organizzazione, proprio come avviene in quei ristoranti che ti saziano con la vista su un paesaggio spettacolare e ti servono un menù casereccio.
Per metà gara, nulla da eccepire sul ristoro, anche se qualcuno ha fatto notare che l’aranciata rossa era scaduta da tre mesi. Ne hanno tratto beneficio soltanto i partecipanti delle gare brevi e i più veloci della maratona. Tutti gli altri hanno continuato a girare, ma dei ristori neppure l’ombra, compreso quello finale per chi tagliava il traguardo. C’era acqua nel mare, cadeva acqua dal cielo, ma quella indispensabile dei ristori latitava, complicando la vita ai più lenti e bisognosi.
A gara terminata, Mario Liccardi ha spifferato ai quattro venti via etere che finanche il flemmatico Paolo Gilardi, anglosassone per formazione e contiguità familiare, sia andato in escandescenze per la disidratazione mentale, nonostante l’effetto lenitivo dell’ossigeno iodato dell’aria di mare. Poi, il cronista è venuto meno all’obiettività del ruolo, si è rimangiato tutto e si è chiuso in un silenzio omertoso imposto dall’alto. La frittata era ormai fatta e aveva fatto il giro del mondo.
Eppure preparare l’unico ristoro di una gara a circuito non dovrebbe essere complicato. Lo diventa quando tutto il peso organizzativo è sopportato da Capecci e consorte che, sebbene si dannino l’anima, non possono riuscire a gestire da soli una manifestazione che prevede cinque gare. Aumentano gli iscritti, aumenta l’incasso, i guai pure.
E’ vero che a caval donato non si guarda in bocca, ma se si offre un capo di vestiario come pacco gara, è ragionevole che debba essere di una qualche utilità, e non tanto per darlo, ricorrendo ad avanzi di magazzino. Nel pantaloncino di taglia L capitatomi entra a malapena il mio polpaccio, pur pesando 67 kg e soltanto quando avevo i capelli sfiorassi m 1,70.
All’arrivo, tutto a fiducia: “Ho completato 6 giri”. “Bravo! Eccoti la medaglia della maratona”. “Ho completato 7 giri”. “Bravissimo! Eccoti la medaglia dell’ultramaratona”.
Le classifiche finali e la relativa premiazione del primo di categoria, chi le ha viste?
Quelle ufficiali pubblicate il giorno dopo non riportano il numero e il tempo dei giri dei concorrenti.
In 62 hanno concluso la 50 km. Gli iscritti erano di più, ma, come capita nelle gare a circuito, alcuni hanno rinunciato a correre l’ultimo giro fermandosi alla maratona.
In 115 hanno concluso la maratona, vinta da Andrea Lazzarotti (2:58:35) e Paola Grilli (4:52:20).
In 90 hanno concluso la 21 km vinta da Alberto Marrangioni (1:23:23) e Valeria Empoli (1:44:12).