You are now being logged in using your Facebook credentials

rizzitelli mialnomarathon2016Ancora una volta un cambiamento di percorso alla SuisseGas Milano Marathon. Cinque le mie partecipazioni, altrettanti itinerari. E non so quante siano state le variazioni in tema nelle sedici edizioni finora disputate. Non è cambiata quasi mai la denominazione, non proprio attrattiva, ma è risaputo che la pecunia sponsorizzante non puzza di gas; poi, più che una maratona in terra italiana, dà l’impressione di disputarsi in Svizzera. Una denominazione semplice e pulita sarebbe più invitante. Cambiare percorso può essere segno di grande capacità organizzativa, in quanto in grado di offrire, ogni anno, visuali sempre diverse di una città che ha molto da mostrare. Ma sappiamo che non è proprio così! L’organizzazione è alla disperata ricerca di un tracciato che concili logistica, bellezze monumentali, insofferenze cittadine e traffico automobilistico.

In questa edizione, tutto è filato liscio e posso dire di aver partecipato ad una bella maratona. Per l’iscrizione, ho evitato il sito ufficiale rivolgendomi ad uno dei tanti promoter o mediatori o procacciatori, che affollano il mercato del circo delle maratone, cui ho dato semplicemente nome, cognome e la quota più bassa, nonostante si fosse negli ultimi giorni. Giunto in treno, la Regione Lombardia mi ha subito mostrato la sua potenza con il suo grattacielo e le architetture avveniristiche del Marathon Village. Poco distanti la partenza-arrivo della maratona e l’hotel convenzionato con late check out.

Dubito che Indro Montanelli sia stato contento nel vedere i suoi giardini profanati da tanti podisti alla ricerca di alberi e alti cespugli per sottrarsi a sguardi indiscreti. Ma, si sa, qualche guaio ecologico, le maratone, lo combinano, e la natura è il luogo ideale per ridurlo al minimo. Il caro Indro dovrà trattenere i suoi strali e rassegnarsi perché i suoi giardini sono funzionali alla zona partenza-arrivo di Corso Venezia, che pare essere la scelta definitiva.

Gradevole il percorso, reso splendente dalla bella giornata. Sembra disegnato sulla forma della nuova metropoli nata con Expo, con il contributo tecnico di Haile Gebrselassie. Sono state toccate le vie più eleganti della città, valorizzando le architetture classiche ed evidenziando le recenti opere che hanno fatto del capoluogo lombardo una metropoli europea. Esaltati i marmi della Stazione centrale, le guglie del Duomo, la neoclassica Alla Scala, il piazzale Cadorna, la City Life di piazzale Giulio Cesare e la vetta di Monte Stella, per proseguire poi verso nord a costeggiare l’Ippodromo e lo stadio San Siro; si respira aria purissima nel parco Trenno e, quando dal 38° al 40° km si attraversa il parco Sempione, si ha l’impressione di correre nel Central Park di New York.

L’organizzazione insiste nel presentare come fiore all’occhiello la velocità del percorso. I fatti dicono che non è il più veloce d’Italia. Nel 2008, Duncan Kibet Kirong ha stabilito in 2:07:53 il record della manifestazione e quest’anno Ngeno Ernest ha vinto in 2:08:15, lontani dal 2:07:17 fatto registrare da Benjamin Kiptoo Kalum nel 2009 a Roma, che non è proprio un tracciato veloce. E’ sbagliato presentare la Milano Marathon come tale, oltre ad essere riduttivo perché ha molte altre caratteristiche da propagandare per attrarre atleti.

Altro vanto dichiarato è quello di aver fatto scendere in campo ben 2261 staffette, croce e delizia della manifestazione. L’iniziativa è lodevole ed espressione di grande capacità organizzativa. La cruda verità è che esse sono un espediente per portare in strada il maggior numero possibile di podisti, al fine di racimolare più generose sponsorizzazioni. I 3719 maratoneti puri classificati quest’anno sono poca cosa rispetto alle potenzialità della città. Sono numeri vicini alle maratone di Treviso, Padova e Reggio Emilia, molto lontani da quelli di Roma, Firenze e Venezia con le quali dovrebbe confrontarsi. L’insistere sulle staffette, che prevedono uno sforzo fisico minore, rende anemica la partecipazione alla più dura 42 km. Abolendole, è ragionevole prevedere che molti staffettisti si sentiranno “costretti” ad optare per la gara più lunga.

Le staffette sono anche deliziose! Quella moltitudine intruppata a livello dei cambi ha incitato a squaciagola i maratoneti al loro passaggio, sostituendosi al latitante pubblico milanese. Marciapiedi vuoti e liberi! Io li ho usati per correre più speditamente laddove c’era da evitare il pavè o inciampare nei binari dei tram. I podisti amano la maratona di Milano, i milanesi la tollerano. Un’olandesina mi faceva notare che a Rotterdam è tutt’altra cosa: bande musicali, entusiasmo, colori, ecc. L’indomani, neppure un cenno sul Corriere della Sera. La Gazzetta dello Sport vi ha dedicato alcune pagine centrali, evidenziando l’aspetto folkloristico più che quello atletico, di costume, economico, salutistico, ecc. Mi sembrava di sfogliare uno di quei giornali popolari pieni di figure molto diffusi all’estero, e non quella testata di color rosa, oggi verde per festeggiare i 120 anni di vita, di elevato tasso culturale.

Bella e senz’anima questa 16^ SuisseGas Milano Marathon. Ma devo ammettere che, di progressi, ne ha fatti molti. Nessuno ha gridato: “Andate a lavorare!”.