
La sua lotta contro il doping e la frode nello sport inizia nel 1987, allorché in occasione dei Mondiali di atletica a Roma smascherò il salto di Giovanni Evangelisti che fu misurato in modo scorretto. Allora terminò la sua carriera da allenatore della nazionale italiana del mezzofondo veloce. Da allora, l'oggi 65enne maestro dello sport è diventato il cacciatore numero uno in Italia nella lotta contro il doping, l'unico consulente italiano della Wada, l'agenzia mondiale antidoping. Su invito della Fidal Alto Adige, Donati ha presentato ieri sera il suo libro "Lo sport del doping. Chi lo subisce, chi lo combatte" nella sala di rappresentanza gremita del Comune di Bolzano. Tra gli ospiti diversi tecnici e dirigenti, tra i quali l'ex responsabile della nazionale di sci Sepp Messner ed atleti del calibro di Christian Obrist e Silvia Weissteiner oppure lo slalomista Riccardo Tonetti.
"Con questo invito, la Fidal Alto Adige vuole chiarire sin da subito la sua posizione nella lotta contro il doping", ha detto il presidente Bruno Cappello in apertura di serata. Ovviamente anche il caso di Alex Schwazer era all'ordine del giorno. Cappello ha chiesto di non condannare Schwazer. "Schwazer è vittima di un sistema dove contano solo le medaglie." Su questo è d'accordo anche Donati: "Conosco molti casi come quello di Schwazer. Il fattore determinante è sempre il talento che crea interesse di club, manager e sponsor. Nel caso di doping poi, il sistema prevede l'isolamento dell'atleta come unico responsabile." Donati ha criticato i controlli insufficienti: "Anche nel caso di Schwazer molti sapevano dei dati anomali nel passaporto biologico dell'atleta. Il sistema però vive coi risultati degli atleti. Nessuno fa autodenuncia, purtroppo nemmeno nei paesi democratici. Solo le magistrature hanno fatto scoppiare il caso Schwazer. E se ora la giustizia sportiva chiede quattro anni di squalifica è perché deve dimostrare di essere molto rigorosa. Sarebbe più ragionevole ricercare i burattinai".
Ieri sera Donati ha fatto nomi e cognomi nelle sue accuse in casi di doping nel ciclismo, nell'atletica e nello sci di fondo. "La nazionale di sci di fondo nel 1994 era piena di Epo. Se questi atleti poi diventano tecnici responsabili, è chiaro che anche i loro atleti assumono sostanze dopanti". Per Donati, negli sport di resistenza e potenza non è possibile arrivare ai vertici mondiali senza doping. "Gli Schwazer passano, ma gli allenatori e dirigenti disonesti rimangono”. Paura di essere querelato non ce l'ha. "Non sono mai stato denunciato. Se così fosse, completeremo il quadro".
Per migliorare la situazione nello sport, Donati propone un cambiamento radicale dell'organizzazione dello sport giovanile ed una rivoluzione dal basso. "Solo da lì nasce il cambiamento, perché il vertice è corrotto. Le persone oneste nello sport non devono mollare e devono di nuovo tornare ad avere la maggioranza". In chiusura della sua visita in Alto Adige, il professor Donati incontrerà oggi gli studenti del Liceo Torricelli di Bolzano.