Il caso Schwazer continua a far discutere, ancor più l’alleanza con il professor Sandro Donati. In molti non perdonano e non perdoneranno mail l’uso del doping da parte del marciatore altoatesino, e non giudicano positivamente l’eventuale suo ritorno in maglia azzurra.
Tra questi, Giovanni De Benedictis, bronzo olimpico a Barcellona '92 e argento mondiale a Stoccarda '93 sulla 20 km di marcia, che ha avuto anche il dispiacere di vedersi coinvolto nella vicenda, giacché nel pool di tecnici allestito da Donati per allenare Schwazer c’è anche il fratello Mario.
Di qui la richiesta di precisazione inoltrata a La Gazzetta dello Sport, che ieri mattina, 4 aprile, ho pubblicato un pezzo a firma di Fausto Narducci: “Vedo scritto che De Benedictis sarà il nuovo allenatore o il direttore tecnico di Schwazer. Scrivetelo bene: Mario non Giovanni".
Giovanni prosegue dicendosi di non essere d'accordo con chi vuole concedere una seconda occasione a Schwazer come a nessun altro ex dopato, non considerandolo un buon esempio. E, quando il fratello Mario, il pomeriggio prima della conferenza stampa di Schwazer e Donati, si è recato a casa sua, Giovanni l’ha prima portato via per non far sentire il tutto alla sua compagna Gisella Orsini, ex marciatrice che combatte attivamente il doping, e poi gli ha comunicato il suo sdegno e la sua disapprovazione (“Attento, Alex ha tante facce"). Ma di fronte al fatto compiuto nulla ha potuto, se non ricordargli i principi seri e puri della loro famiglia.
Giovanni ha poi chiarito di avere grande stima per il fratello Mario, affermando che senza di lui avrebbe fatto ben poco nella sua carriera, ma che un “De Benedictis” non deve farsi coinvolgere in una storia di questo tipo, giacché il doping li ha penalizzati nella loro carriera (Mario era l’allenatore di Giovanni, ndr), ribadendo precedenti accuse a Maurizio Damilano, a suo dire meno forte di lui ma che si avvaleva del Centro Studi di Conconi.
Infine, il suo impegno nella lotta al doping come testimoniato dalla denuncia ad Alberigo Di Cecco e dall’aver incentivato la conseguente interrogazione parlamentare dell’onorevole Cova.