Arriva dagli Stati Uniti questo rilevatore …. di tante cose, tra queste anche quelle principalmente care a noi runner come distanza, ritmo e frequenza cardiaca. Arrivato sul mercato nell’aprile 2015 con le versioni Charge, ma soprattutto Surge, si propone con una certa ambizione di acquisire importanti quote di mercato anche nel running. In effetti, guardando la vasta gamma di prodotti Fitbit, la maggior parte di essi, se non tutti, sembrano proprio dedicati ad altri tipi di utilizzatori, più o meno sportivi.
La prova e la seguente recensione si basano sul modello Surge, l’unico a mio avviso più idoneo per competere con chi sul mercato c’è da tempo e, con buona approssimazione, risponde alle specifiche esigenze di chi corre.
Prima di descrivere il prodotto e le impressioni ricavate è opportuno evidenziare alcuni passaggi relativi a questi sistemi di rilevazione, così come dell’utilizzo che se ne fa.
Talvolta si pretendono precisioni che il sistema, per la sua stessa natura, non può dare. Un errore variabile dall’1 al 2% è assolutamente normale. A parte le limitazioni di carattere costruttivo, questo è determinato dal modo di correre dei runner, raramente mantengono una linea diretta, sia per loro impostazione, sia perché le circostanze di una gara impediscono la migliore traiettoria.
Inoltre, la verifica talvolta nevrotica della velocità istantanea, oltre ad essere imprecisa (anche perché il ritmo di molti runner non è costante), induce un’andatura poco lineare.
Tutti questi elementi portano a correre e rilevare distanze più lunghe. Ecco che, ad esempio, una mezza maratona, quindi 21,097 km, risulta più lunga di almeno 200-300 metri. Infine, è opportuno sapere che molte delle misurazioni ufficiali sono molto precise e vengono effettuate in condizioni di traffico molto limitato (ad esempio alle 4 del mattino) e seguendo la traiettoria ideale, cosa concettualmente impossibile nel corso di una gara.
Veniamo al prodotto, il nostro Fitbit Surge. Il packaging è molto carino, direi “stiloso” e ciò denota una certa cura dei particolari da parte del produttore, elemento che si ritrova in altri aspetti. Come per altri marchi manca il manuale di istruzioni, almeno una versione “short” sarebbe utile per le principali funzioni.
Al primo impatto non è molto "user friendly" in relazione a utilizzatori con conoscenze medie, può diventare complicato per chi non ha precedenti esperienze.
La penna USB (piccola e facile da perdersi) è un qualcosa di cui si potrebbe fare a meno, meglio se il tutto fosse integrato nel cavo del carica batterie.
Dal punto di vista estetico è molto gradevole e, a differenza di molti GPS sul mercato, dopo averlo usato per lo sport non si fa certo brutta figura a indossarlo per una serata o comunque nel tempo libero, anzi, nella mente del produttore dovrebbe essere utilizzato per rilevare molte attività extra running (monitoraggio qualità del sonno, sveglia, passi, calorie consumate etc etc).
Il cinturino è molto morbido e fasciante, difficile non trovare il corretto posizionamento sul polso (peraltro importante per la rilevazione del battito). La sensazione tattile è molto gradevole ed è adatto anche alle "women runner" dai polsi più sottili.
Lo schermo è leggermente inclinato per favorire la lettura, poco significativo dal punto di vista pratico tuttavia rileva l’attenzione ai particolari a cui mi riferivo prima.
Il touchscreen può non piacere ma dimostra un’interessante evoluzione rispetto alla media, da verificare la praticità nell’utilizzo durante la corsa secondo le proprie preferenze. La sensibilità è molto buona, si tratta di far scorrere un dito piuttosto che premere un pulsante ed è un gesto al quale ormai siamo tutti abituati, non fosse altro per l’utilizzo degli smartphone.
Può apparire in contraddizione, invece, la visualizzazione in bianco e nero, dato che il prodotto pare molto evoluto dal punto di vista tecnologico per molti funzioni e caratteristiche.
Le definizioni utilizzate sono poco comuni, “corsa sul giro, aria aperta, tapis roulant”, quando di norma si usa dire indoor/outdoor e lap. Però credo che sia solo questione di abitudine.
La precisione nel rilevamento delle distanze è sufficientemente buona, per dire questo lo abbiamo portato in pista, dove 400 metri sono 400 metri (ho misurato uno scarto medio di 3 metri, quindi inferiore all’1%). Le prove effettuate, in varie condizioni, hanno addirittura rilevato misurazioni lievemente inferiori, cosa poco comune per i sistemi GPS che, invece, tendono quasi sempre a regalare qualcosa. Ovviamente, come tutti i sistemi analoghi, risente di vento, pioggia, vicinanza aeroporti e altri condizioni che incidono sul rilevamento del segnale.
Stesso discorso per la rilevazione del battito, a riposo o in fase aerobica pare preciso, ad alte frequenze sembra perdere qualche colpo; da verificare meglio, tuttavia se così fosse sarebbe simile ad altri sistemi che rilevano dal polso. Ciò in parte può essere dovuto ad un posizionamento non perfetto al polso (ma il FitBit aderisce bene, se correttamente indossato) e in parte ad un sistema di rilevazione che difficilmente può essere molto preciso in determinate condizioni,ad esempio durante la corsa causa il maggiore scuotimento delle braccia ad elevate velocità.
In conclusione: benvenuto Fitbit, benvenuti i nuovi prodotti che aprono il mercato e stimolano i concorrenti a fare ancora meglio, a beneficio dei clienti. Fitbit fa diverse cose bene ed è in costante evoluzione, la versione di lancio del 2015 appare sensibilmente migliorata. Un prodotto che “parla” un linguaggio non comunissimo alla maggior parte dei runner che invece chiede semplicità e facilità di utilizzo, una precisione “compatibile” ed un'interpretazioni dei dati facile ed immediata. Tutto ciò che succede dopo, sincronizzazione dei dati, elaborazione ed estrapolazione, archiviazione ….non è ancora entrato nel modo di ragionare di buona parte dei runner. Per non parlare dei consumi calorici, quanti gradini si salgono e scendono nel corso della giornata, la qualità del sonno. Sono tutte caratteristiche che molti produttori stanno introducendo sui propri prodotti ma che, in genere, non sono adeguatamente considerate dal prototipo del runner medio, generalmente non più giovanissimo e mediamente poco avvezzo alle new technology.