Con le Ride 9 andiamo in casa Saucony, probabilmente uno dei marchi sportivi che nel corso della sua storia ha prevalentemente concentrato le sue scelte ed i suoi sforzi nel running, rispetto agli altri brand presenti sul mercato. A proposito di storia: molto lunga, infatti è nata nel 1910 per iniziativa di un calzolaio russo (Abraham Hyde), che immigrò negli Stati Uniti ed aprì un negozio di scarpe. L’origine del marchio deriva dal fiume Saucony, un marchio tuttora rappresentato dall’onda presente nel simbolo.
Le campagne promozionali dei brand di settore, e tra queste certamente Saucony, sono sempre più concentrate a promettere scarpe che riescano a coniugare ammortizzamento e reattività. Viene subito da dire che, in linea di principio, una cosa esclude l’altra, quindi via alla ricerca del miglior compromesso possibile ma, comunque vada, alla fine una scarpa sarà un po’ più ammortizzante (quindi un po’ meno reattiva) oppure un po’ più reattiva (quindi un po’ meno ammortizzante). E’ importante comprendere questo passaggio, per focalizzare al meglio il prodotto di cui si parla, evitando di giungere a conclusioni inesatte.
Per quanto riguarda la descrizione dei materiali e le caratteristiche delle Ride 9 ci concentriamo soprattutto su “EVERUN” e “TRIFLEX”, dato che le altre tecnologie sono già presenti su altri prodotti della gamma Saucony.
EVERUN: è un morbido materiale termoplastico composto da tante microsfere assemblate tra loro attraverso un particolare processo chimico. E’ posizionato in quella che Saucony chiama “topsole”, ovvero sopra l’intersuola in SSL Eva e sotto la soletta. La morbidezza di questo materiale permette di disperdere maggiormente i picchi di pressione che si verificano al momento dell’impatto del piede a terra, disperdendoli su una superficie più ampia: lo shock dell’impatto risulta meno traumatico. La morbidezza di questo materiale, secondo Saucony, però non significa “collassamento” dello stesso, invece permette di restituire un‘elevata percentuale di energia impressa durante la rullata, difatti Saucony sostiene che sia pari all’83%, contro una media del 75% delle intersuole costruite interamente in EVA.
TRIFLEX: si tratta di un nuovo disegno della suola che, grazie a dei canali di flessione, estesi, larghi e sufficientemente profondi che permettono, unitamente alle caratteristiche dell’EVERUN, di assorbire e disperdere i picchi di pressione generati dall’impatto a terra del piede, aumenta in questo modo la capacità ammortizzante. Infine, con questo particolare disegno della suola, si ottiene il giusto compromesso tra flessibilità e stabilità.
Chiarita la composizione e le tecnologie utilizzate veniamo alla parte più importante, quando ci infiliamo dentro i piedi e cominciamo a correre.
Inevitabile, di tanto in tanto, il confronto con il modello Triumph, una scarpa utilizzata in precedenza e già recensita su questo sito dal collega Giambattista Rota. La calzata delle Ride 9 è subito “facile”, i piedi sono ben avvolti ma senza eccessiva compressione. Secondo la mia esperienza per i primi 30-40 chilometri è preferibile tenere i lacci meno stretti, ciò favorisce la simbiosi piede-scarpa; meglio ancora usare le scarpe normalmente per qualche ora. Inizialmente è opportuno evitare allacciature troppe strette (precauzione in realtà da prendere con tutte le scarpe).
Lo spazio in zona anteriore è il giusto compromesso tra il contenimento necessario a non far navigare le dita nel nulla e lo spazio libero utile a non generare tensioni o fastidiosi sfregamenti.
Le Ride9, secondo una classificazione sempre più superata ma ancora utilizzata per una primissima valutazione, appartengono alla categoria A3, quindi massima protezione ed ammortizzamento; in realtà è una scarpa che, pur mantenendo queste caratteristiche di base, è discretamente performante. Restando in casa Saucony, certamente è più reattiva della Triumph (ISO2), una scarpa invece più adatta ai macinatori di chilometri, e che magari si portano dietro qualche chilo in più. Queste differenze sono apprezzabili solo/soprattutto quando si svolgono determinati allenamenti, ad esempio ripetute brevi e ritmi veloci in genere. Se si corre sempre a 5’30/km e magari si pesa 80 chili e oltre, la Triumph resta la soluzione più adeguata.
Il differenziale, o drop (il dislivello tra tallone e avampiede) è un parametro ormai entrato nelle principali caratteristiche di ogni scarpa; nelle nostre Ride 9 è di 8 mm, quindi un po’ basso ma ancora nei limiti per non costringere i nostri tendini d’Achille e i tricipiti surali a lavorare troppo in estensione, in particolare nella corsa in salita.
Le Ride 9 , pur non essendo scarpe da fuori strada, si sono ben comportate anche su fondi irregolari e/o bagnati; evidentemente il battistrada possiede le scanalature adeguate, sia pure di certo non per situazioni estreme.
In conclusione: se l’obiettivo è quello di mettere ai piedi una scarpa neutra e che abbia una’elevata capacità di ammortizzare, le Ride 9 sono una buona scelta. E se capita (e si è in grado) di spingere… non vi deluderanno.