Per una volta partiamo dai freddi numeri: 11 le edizioni di quella che è diventata forse la più internazionale delle gare trail in Italia, eccezion fatta forse per il “re” Tor de Geants; 1600 gli atleti di ogni livello che alle 23 di venerdì 23 giugno si sono trovati sotto il campanile di Cortina per la partenza di un viaggio dalle caratteristiche assai varie sulle Dolomiti, 1065 i “ finisher” (anche se ho letto di circa 500 arrivati e di oltre 1550 finisher per la Cortina Trail), che entro le ore 05.00 di domenica mattina hanno ripercorso Corso Italia in direzione opposta per tagliare il traguardo; 119 i km e 5850 i metri di dislivello positivo, basterebbero queste cifre per dare una chiara immagine dell’impegno necessario per portare a termine questa gara.
La mia gara è quella vista dalla coda del gruppo, cioè da chi ha viaggiato sempre intorno alla millesima posizione con un occhio molto attento a non bruciare tutto nei primi 65 km, tutto sommato non così tremendi, che anzi hanno indotto molti ad andare veloci: però (top e atleti molto allenati esclusi), che si sono rivelati deleteri quando la gara si è fatta dura.
La Val Travenanzes (già il nome suscita qualche cattivo pensiero), incontrata dopo 80 km, ha tenuto fede alla sua fama, iniziata alle 15.00 con 31 gradi e finita sotto la pioggia allo scollinamento di Forcella Col de Bos, che ha causato un alto numero di abbandoni. Personalmente ho visto un concorrente in piena crisi di panico che sdraiato sul sentiero non riusciva più a muoversi e stava attendendo i soccorsi già allertati, un altro che si ritirava a Malga Travenanzes mettendo in difficoltà i volontari presenti (essendo il luogo in mezzo “al nulla” e raggiungibile solo a piedi).
A onor del vero ho ritrovato questo tratto di gara, a due anni dalla precedente partecipazione, meno angosciante, con parecchi piccoli alberi di pino cresciuti di un paio di metri sotto la cresta che si percorre in salita stemperando quindi la sensazione di vuoto e desolazione che mi aveva colpito in precedenza; inoltre, mi è sembrato che alcuni passaggi “difficili “ fossero stati sistemati e messi in sicurezza.
L’arrivo al Col Gallina rappresentava per me quasi una seconda partenza essendo il punto in cui mi ero fermato due anni fa: non posso dire di esserci arrivato fresco come un fiore, ma l’ipotesi di fermarmi questa volta non mi ha nemmeno sfiorato: aiutato dalla mia impagabile assistenza personale nella persona di Marina - che quando corro fatica forse più di me per non farmi mancare nulla - mi sono rimesso a nuovo con cibo, vestiti asciutti, caffè e birra non ufficiali bevuti al rifugio, e sono ripartito per gli ultimi 24 km: praticamente una gara di media difficoltà, se non fosse per i 95 km già fatti e le oltre 21 ore già trascorse, che l’avrebbero resa assai impegnativa.
Il rifugio Averau raggiunto quando ormai le ultime luci del giorno scemavano, mentre quelle accese al suo interno dicevano di cose buone da mangiare, brande comode sulle quali dormire e magari quattro amici per una birra insieme: è una scena che credo ricorderò per lungo tempo (Battisti e Paoli lasciano il segno…). Ad ogni buon conto ci siamo rifatti con un insipido” Hot Tiii” (the caldo), che un gentilissimo volontario mi ha offerto pensando di chissà quale nazionalità io fossi.
Da qui sembrerebbe fatta, guardando le altimetrie, ma sono pronto a sostenere che i successivi km con salita e poi discesa a Passo Giau, forcella Giau, un muro che se non ti controlli potrebbe valere qualche decennio di Purgatorio per gli improperi pensati o pronunciati, forcella Ambrizzola, piccola ma maligna, e discesa finale fatta quasi al buio con due frontali scariche e la non voglia di fermarmi a sostituire le pile che erano nello zaino…: sono pronto a sostenere, dicevo, che non si tratta certo di una passerella finale.
Ultimo tratto su strada asfaltata per rientrare a Cortina: pioggia, solitudine quasi totale, e non potrebbe essere altrimenti, a quest’ora le persone per bene sono sotto le coperte e in giro ci possono essere solo dei brutti ceffi o dei malconsigliati trailer. O forse dei “brutticeffitrailer”.
Per me all’arrivo l’abbraccio comunque più importante di Marina, che ha passato la notte in bianco per aspettarmi: il premio finisher lo merita più lei di me!
Classifica maschile: Fabien Antolinos (Francia) 12:32:34, Seth Swanson (U.S.A.) 12:34:41, Sebastian Krogvig (Norvegia) 13:09:21
Classifica femminile: Caroline Chaverot (Francia) 14:05:45, Charlotte Croft Ruth (Nuova Zelanda) 14:51:36, Lisa Borzani (Italia) 15:53:49.